Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

SEGUIAMOLI

EDOARDO ZIN - 23/12/2021

pastoreUn presepio senza uomini è quello che abbiamo allestito in casa quest’anno. Il Bambino è adagiato sulla mangiatoia ricoperta di vera paglia, sorride e allunga le manine. È solo, anche se è nato da donna come tutte le creature. A me piace contemplarlo come se lo attendessi per la sua seconda venuta. Non è quello di cartapesta che mi salvò la vita – così si diceva in casa e attestavano gli abitanti della contrada – nel bombardamento del Natale 1943, ma vedo nella nuova statuina intagliata nel legno la manifestazione del Dio che entra nella storia per salvare tutti gli uomini anche non permettendo che il mio nome fosse scritto tra i morti nella lapide murata nella chiesa parrocchiale a ricordo del tragico bombardamento.

Ero a casa della zia Ida quando uno stormo di aerei alleati sputò decine di bombe con l’intento di colpire il vicino campo d’aviazione. Il soffitto della casa che mi ospitava crollò e i calcinacci coprirono la stanza dove giocavo con una bimba sfollata da Cassino. La zia ebbe il tempo di darmi in mano il Bambino del presepe e di mettermi al riparo sotto un tavolo, da dove mi estrassero vivo. Si gridò al prodigio e per molti anni venni indicato come “el fiolo miracolà del dì de Nadal”.

Da allora, i Natali divennero sempre più grandi, sempre più buoni. E la speranza entrò continuamente nel mondo perché a Natale l’uomo trova ospitalità perenne nel cuore di Dio e il divino prende su di sé in modo duraturo l’umano. Anche oggi la presenza di Dio è testimoniata nel mondo dagli uomini che, anche nelle tenebre, vivono la luce dell’amore per Lui e per il prossimo.

Nel presepio avrei dovuto collocare i pastori, i poveri che nella notte santa si affrettano a portare al Bambino i loro doni e che seguono gli angeli, guardando in alto. Dovrei costruire una grotta o una stalla con i ciocchi di legna. Dovrei mettere le statuine della lavandaia, dell’arrotino, del caldarrostaio, del mugnaio per descrivere il mondo frenetico in mezzo al quale Dio si fa carne. Eccetera. No, non ci sto. Non ho voglia d’immaginarmi un Natale fiabesco. Quello lo lascio fare al più piccolo dei miei nipoti. Preferisco riflettere sui tanti Natali che accadono nel mondo. Sono i Natali dei poveri e degli umili che attendono la benevolenza di Dio.

Quanti bambini nascono oggi sui barconi che attraversano il Mediterraneo in cerca di speranza e muoiono in fondo al mare? E quanti nascono nei tuguri delle nostre periferie o negli scantinati del centro o tra i cartoni ammucchiati negli atri delle stazioni? Quanti nascono – e muoiono per il freddo – ai confini di paesi che vantano radici cristiane, ma che oggi mostrano disumanità e mancanza di pietà? Quanti bimbi nascono sotto i bombardamenti in una guerra che dura da dieci anni? Lì vorrei fare il presepio, lì inginocchiarmi, lì cantare la ninnananna. Sembra sia arrivata la decadenza dell’uomo che nasconde l’impronta di Dio. Ecco perché non ci sono uomini nel mio presepio.

I veri uomini, premessa per essere cristiani, abbandonano le sicurezze e le certezze del passato per vivere l’oggi come una grande sfida per creare un mondo migliore. Sono coloro che non si lasciano ammaliare dal fascino delle parole e dalle certezze di un tempo, bensì dal dirompente sorriso di un bambino o dallo sguardo di un amico che muore, dall’aiuto offerto al licenziato dalla multinazionale e che ha la rata del mutuo da pagare, dalla generosità del nipote che abbandona il pranzo natalizio per andare a sostituire la badante che cura la nonna inferma, dalla suora che lascia il suo convento per offrire una parola buona alla donna schiava, dal prete che rientra in casa dopo aver celebrato l’Eucarestia e si lascia sopraffare dallo sconforto per non essere stato capace di scuotere il duro cuore dei suoi parrocchiani.

Se vogliamo salvare il Natale seguiamo il pastore del presepio che si fa strada con la lanterna per giungere alla greppia allora il Natale diventerà realtà. Il pastore guarda in alto per seguire l’angelo. Forse l’uomo d’oggi ha dimenticato di guardare in Alto, verso le notti stellate dove brilla l’infinito mistero di bontà che eleva ogni fatica e santifica ogni lacrima. Se guarderemo in Alto il nostro Natale sarà povero di trepidazione e ricco di speranza.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login