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Politica

BETULLA, OLIVO

EDOARDO ZIN - 04/03/2022

europaPutin ha invaso l’Ucraina. La storia si ripete: capitò nel 1914 quando l’Austria–Ungheria inaugurò la stagione dei massacri. Alla fine dell’orribile guerra, l’Europa ebbe un nuovo volto: tre imperi crollarono e si disegnò una nuova carta geografica. L’Europa si curò le ferite per venti, trenta anni, non ebbe nemmeno il tempo per tirare il fiato che la febbre del dominio riprese e gli uomini, ebbri, ripresero le risse, le intimidazioni, i pugni e le facce spaccate, si uccise tutto ciò che sapeva di democrazia e di intelligenza. Si fecero roghi con i libri perché la cultura insegna a ragionare con la propria testa, mentre il Capo voleva tutti gli uomini con il braccio teso, sottomessi alla sua volontà. La guerra cominciò con le grandi folle riunite che accettavano di non pensare più.

Hitler invase nel ’39 la Polonia. L’Europa diventò nuovamente teatro di guerra perché la storia non aspetta mai che tutto sia pronto. Non si scavarono più trincee, ma la guerra prese possesso del cielo. Il Capo aveva un sogno: un continente a lui sottomesso. Le madri d’Europa ripresero a chiedersi che cosa le avesse portate a tale strazio; i loro figli erano in terre lontane: molti non sarebbero ritornati a casa e l’Europa diventò una terra di soldati sconosciuti. Le città erano ammassi di calcinacci, case crollate e bruciate, cattedrali a brandelli, ossa sui campi infangati, varchi, sbarramenti, fili spinati, nell’aria si sentiva l’odore acre di zolfo e di odio.

Là dov’è il pericolo, cresce anche ciò che salva” – canta un poeta tedesco. Tutti volevano la pace. Un giorno, un gruppo ristretto di uomini inventò un nuovo modo di attuarla. Non occorreva umiliare il vinto, bisognava allearsi con lui. La guerra si era nutrita di carbone e di acciaio: bisognava cominciare da lì. Dopo il furore della guerra, ci voleva la discussione condivisa. Nacque il germe dell’Europa unita senza che i popoli scendessero in piazza, senza l’infatuazione che aveva portato alla guerra, senza suffragio popolare, ma con la passione, con il coraggio, con la determinazione di quegli uomini quasi tutti cattolici. L’Europa nacque come reazione a ciò che i nazionalismi avevano prodotto. Francia e Germania si conciliarono. La pianta attecchì, si ingrandì, portò fiori e poi frutti in abbondanza.

Ma restavano i popoli dell’est. La nuova Europa era divisa da essi da una cortina di ferro. Solidarnosc si dà da fare. I portuali di Danzica e gli studenti della Primavera di Praga sfidano il potere. Il 9 novembre 1989 tutto crolla e tutto viene rovesciato. I giovani si mettono a cavalcione sul muro che fino al giorno prima incuteva paura. La Germania si riconcilia con la Polonia. L’Europa della betulla con quella dell’olivo. Dalle grigie terre del Nord al biancore soleggiato del Mediterraneo. Scoppia un altro conflitto: Srebrenica muore. Sarajevo muore e l’Europa è indifferente. Rifugiati muoiono nel Mediterraneo.

In Europa si spegnevano lentamente i grandi sogni dei padri, lontani dalla loro linfa vitale: un’amministrazione castrante uniformava economie, governi nazionalistici strappavano i trattati, laidi politici diffondevano discordia e dissidi. L’Europa vivacchiava su un liberalismo e un consumismo sfrenati. Ritrovò la solidarietà ai tempi della pandemia. Quello che avevano ereditato dai padri, gli europei lo riguadagnavano per possederlo per sempre.

Non fu così. Una nazione si preparava a dominare l’Europa, succhiando popoli e ricchezze. Ai confini orientali d’Europa accrescevano i pericoli. Si risvegliavano vecchie contese di frontiera. Intere regioni contese furono annesse. Kiev finì sotto assedio. Il patriottismo inclusivo si trasformò ancora una volta in mostruoso nazionalismo. Che fare? Alla coscienza della barbarie, l’Europa dovrà continuare il suo progetto come entità politica e non geografica, delimitare i suoi confini in seguito al buon esito dei negoziati con i candidati all’adesione, non sulla base di dichiarazioni di principio sulla sacralizzazione delle frontiere, ma adottando una politica per dissolvere contese radicate.

Settanta anni fa, uomini illuminati e popoli desiderosi di pace ritrovarono energia vitale, impegno e sacrificio per costruire la pace. Oggi, valorizzando le proprie peculiarità nazionali e operando per l’integrazione, i popoli europei possono ritrovare la strada della concordia: “Dov’ è il rischio, cresce anche ciò che dà salvezza”

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