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Politica

FIDARSI?

EDOARDO ZIN - 09/09/2022

nato“La credibilità interna di un Paese deve andare di pari passo con quella internazionale”: così il presidente Draghi al meeting di Rimini.

Infatti, il quadro della collocazione della politica estera di un governo è il tratto più significativo della sua politica. La crisi del governo Draghi è giunta allo scoppio della sanguinosa guerra provocata dall’espansionismo russo verso l’Ucraina, dagli spostamenti avvenuti in Francia a seguito delle ultime elezioni legislative, dalla permanente fluidità della politica interna tedesca, dal siluramento di Boris Johnson e dalla diffusione del sovranismo del modello ungherese.

In questo inquietante scenario geo-politico europeo come si collocherà il futuro governo italiano? Le simpatie pro-Putin della Lega sono ben conosciute. Forza Italia, seppur indebolita da importanti defezioni, non può fare a meno di manifestare l’amicizia con Putin espressa da anni dal suo mentore ed amico Berlusconi. Fino a quando l’atlantismo di Giorgia Meloni saprà resistere alle più o meno sotterranee pulsioni della Lega per un riavvicinamento a Mosca? Il quesito è legittimo anche perché conosciamo l’insidiosa capacità di pressione del Cremlino.

Un altro criterio fondamentale su cui i cittadini dovranno determinare il loro voto è l’autentica vocazione europeista dei partiti. Non mi fido di coloro che fino a ieri volevano uscire dalla moneta unica, ma di coloro che da sempre guardano all’Unione Europea come ad un processo incompiuto che va verso una federazione di stati.

Lo vediamo in questi giorni: è possibile oggi una politica energetica nazionale? La storia ci dimostra che la ricostruzione post – bellica dell’Europa fu dovuta dalla “messa in comune” del carbone come fonte essenziale di energia; successivamente, con la creazione dell’Euratom, si puntò sull’energia nucleare, rimpiazzata dalle grandi quantità di petrolio proveniente dai paesi arabi, ma nel 1973 ci fu un forte aumento del prezzo del greggio. Da allora ogni Paese procede separatamente per provvedere all’approvvigionamento delle fonti di energia, anche se l’Unione ha intrapreso, seppur in forma ancora incerta, a fornire risorse per le energie rinnovabili.

È vero che l’Unione Europea poteva fare di più in campo energetico, ma occorre ricordare (soprattutto all’on. Meloni che ha dimostrato di non avere idee chiare in questo campo!) che l’energia non è materia di competenza esclusiva dell’Unione (come la politica doganale, ad esempio!), ma è materia concorrente che l’UE gestisce in collaborazione con gli Stati membri (cioè dal Consiglio dei Ministri).

C’è pure il sospetto che alla borsa di Amsterdam, dove viene quotato il prezzo del gas e del petrolio, ci sia l’ombra di manipolazioni che non riflettono l’equilibrio tra domanda e offerta dell’economia reale. La prova? Basta un annuncio di Draghi, che chiede di fissare un tetto unico per l’acquisto del gas per tutta l’Unione, che il prezzo diminuisce! Si riuscirà a convincere tutti i governi dell’Unione che solo una coesione in campo energetico potrà assicurare a famiglie e imprese le fonti di energia per il fabbisogno nazionale?

Ci sono buone premesse perché l’Unione possa garantire di poter affrontare tutti assieme la crisi energetica se i Capi di Governo condivideranno a favore di tutta l’Europa, rinunciando ad una miope politica nazionalista, una comune politica energetica.

Siamo alle solite: credono i nostri politici nazionali ad una comunità che sappia riconoscere, passo dopo passo, il destino comune dell’Europa?

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