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Società

GAUDIUM ET SPES

EDOARDO ZIN - 14/10/2022

concilioVorrei ripercorrere i folti sentieri della memoria evocando i momenti di quella bella mattinata romana di sessanta anni fa e di quella splendida luna attorno a cui il mondo girava e di cui una minima parte era assiepata in piazza san Pietro. Vedo con gli occhi della reminiscenza le vecchie imposte di quella finestra all’ultimo piano del palazzo apostolico che si spalancano e papa Giovanni XXIII si affaccia per benedire la folla.

Era l’11 ottobre 1962 e iniziava il Concilio Vaticano II. I momenti di quel giorno restano indelebili. Più di quei momenti, vorrei chiedermi che cosa è rimasto di quelle speranze suscitate nella Chiesa e nel mondo, quali conferme e contraddizioni di quella trepidante attesa sono rimaste, perché la gioia di quei giorni è stata spesso disattesa e contraddetta nelle sue aspirazioni.

Con il Concilio la Chiesa ha abbracciato tradizione e rinnovamento. Ha segnato la fine di una posizione difensiva, smettendo di essere una cittadella arroccata e di vedere il mondo come un suo insidioso nemico. I cristiani erano chiamati a vivere in compagnia con gli altri uomini diversi per cultura, fede, appartenenza etnica, lingua e anche codice morale. Ma dovevano essere autentici e maturi, capaci di dedicarsi al bene comune, rendere abitabile la madre terra, pronti a contrapporre all’odio incombente la giustizia, la solidarietà, il perdono e la pace. Che cosa è rimasto di queste enunciazioni conciliari esposte nella Gaudium et Spes, la costituzione pastorale pubblicata per ultima, il 7 dicembre 1965? Che cosa hanno fatto i laici cristiani per aggiornare il Vangelo alla luce del nostro tempo?

E la Chiesa? Per molti è ancora oggi una piramide gerarchica, mentre il Concilio ha proclamato che è “popolo di Dio” costituito da Cristo, figlio di Dio come il Padre, nato in Israele con cui lui aveva stabilito un’alleanza: così proclama la costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium. Essa è quindi comunione, diaconia, servizio, agape, convivialità. Papa Francesco, attuando il Concilio, ha ribaltato la piramide mettendo al vertice il popolo di Dio e più in basso i vescovi uniti nella collegialità con i presbiteri delle chiese particolari. La Chiesa non è opera di singoli o di guide carismatiche o di preti “faccio-tutto-io”, ma è un camminare assieme nella storia verso il Regno. Riuscirà il “cammino sinodale” a far capire a tutto il popolo di Dio che le decisioni vanno prese tutti insieme e che i presbiteri devono affidare ai laici il compito di portare a termine delle responsabilità a loro proprie, quando essi sono in grado di assumerle?

Con la riscoperta della Parola, Dio invisibile parla agli uomini come amici e si intrattiene con essi. I cristiani hanno imparato ad ascoltare la Parola nelle omelie domenicali, negli incontri della lectio divina o nella Scuola della Parola. Non basta ascoltare: occorre coniugare la lettura di un testo o di un versetto e confrontarla con l’esperienza personale e la quotidianità, fuggendo da derive disincarnate e fondamentaliste. È questa, in estrema sintesi, ciò che dice la Dei Verbum, la costituzione dogmatica sulla divina rivelazione.

Compendio, “fonte e culmine” (Sacrosanctum Concilium) è la costituzione sulla sacra liturgia. Chi ha i capelli bianchi ricorda come la Messa prima del Concilio fosse sacralizzata, sterilizzata, depurata dal mondo, mentre oggi nelle Eucarestie domenicali entrano, con gli uomini, tutto l’universo, la vita di ogni giorno della comunità. Il pane e il vino, prima di essere il simbolo della presenza di Dio, sono il simbolo e la sintesi dell’intero creato. Nella Messa pre-conciliare era il sacerdote centro della celebrazione, oggi è tutto il popolo di Dio che è attore dell’Eucarestia e il sacerdote presiede l’assemblea. Si andava a Messa per “fare” la comunione, oggi si va per partecipare alle due tavole: quella della Parola e quella dell’Eucarestia, che viene distribuita per cementare i presenti nella carità e perché sia inizio della solidarietà che porta a condividere il pane quotidiano a chi non ne ha. Perché non offrire ai fedeli una liturgia viva, significante, umanizzata che non li allontani, ma li accattivi e li educhi alla fede?

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