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Politica

SPECCHIO

EDOARDO ZIN - 16/12/2022

declino“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico e determinare la politica nazionale”: così prescrive l’articolo 49 della nostra Costituzione. I partiti sono l’ossatura della nostra democrazia parlamentare. È attraverso di essi che il cittadino si sente sovrano. Eppure constatiamo con ricrescimento che i cittadini non partecipano alla vita dei partiti. Perché? Principalmente perché in essi trovano o l’eccessivo accentramento di un capo o la sfrenata parcellizzazione delle correnti all’interno di uno stesso partito. Nel primo caso domina l’autoritarismo di un uomo o donna seducente che tende ad accentrare in sé programmi, nomine, si attornia di yesman; nel secondo l’insolenza di piccoli capi-correnti, chiusi nel loro narcisismo, arriva al punto di sbattere le porte e andarsene per fondare un nuovo partito. E nei cittadini si potenzia l’indifferenza, il disimpegno che concorrono alla non partecipazione della vita democratica.

Il PD, che è l’unico partito apparentemente fondato sulla partecipazione degli iscritti e che elegge i suoi dirigenti tramite un voto, si sta preparando al congresso. Dal 2007 (anno in cui il PD nacque dalla fusione dei DS e de “La Margherita”) ad oggi si sono succeduti alla guida del partito nove segretari; ha subito due scissioni; la partecipazione alle primarie è passata da 2 milioni e mezzo di votanti del 2007 fino a perdere un milione di elettori nel 2017. Nel 2012, Bersani ha raccolto il 60.1% dei votanti alle primarie contro il giovane sfidante Renzi, ma nel 2013 nelle elezioni politiche è sceso al 25,4% quasi pareggiando il nuovo “fenomeno” dei M5S; nelle elezioni europee del 2015, il PD (segretario Renzi) ha conquistato un successo travolgente, ma subito dopo è iniziata la parabola discendente.

Come mai questi risultati altalenanti? Le cause sono molteplici, ma desidero evidenziarne una che reputo fondamentale.

Il PD era nato come espressione della sinistra riformista, progressista, innovativa. La cosiddetta crisi delle ideologie ha portato il PD a compiere sterzate sempre più a destra. È vero che il comunismo storico è fallito, ma la sfida che esso ha lanciato è rimasta: la lotta alle diseguaglianze. Questa identità tipica della “sinistra” è stata sostituita dalla parola “crescita” che dovrebbe consentire a tutti i cittadini di beneficiare dei frutti del lavoro che gli imprenditori, nuovi benefattori dell’umanità, creano. Teoricamente, è vero: più lavoro consente di creare più ricchezza. Ma questa ricchezza viene equamente redistribuita? Dai dati sembra di no perché la forbice tra ricchi e poveri sta ovunque crescendo.

Mentre la destra si presenta come prassi senza dottrina e unita solo per procacciarsi voti, la sinistra propone il valore dell’uguaglianza, che è, insieme a quello della libertà, della pace e della sfida ecologica, il fine ultimo che dovrebbe proporsi di raggiungere. Poiché la destra, richiamandosi a politiche impossibili a realizzarsi, riesce a conquistare la bassa percentuale degli elettori che votano per essa, il PD frequentemente ha inseguito posizioni moderate e si è allineato alle posizioni della destra, pur contrapponendosi all’avversario, tralasciando di costruire proposte proprie in merito alla lotta alla povertà, alla scuola, alla sanità, al consumo del suolo e alla sua posizione all’interno dell’Europa.

Ci sembra che tali peculiari valori della sinistra siano stati ultimamente subordinati agli interessi dettati dal potere. Abbandonando la passione e gli ideali per impadronirsi degli strumenti del comando, il PD non è stato capace, attraverso un’attenta analisi dei valori a cui si ispira e all’interesse generale, di mediare con altre forze a esso vicine, realizzando così un ragionevole incontro per soddisfare il bene comune.

Auguriamo agli iscritti al PD un fruttuoso, sereno dibattito congressuale che non induca sulla scelta di questo o di quel candidato alla segreteria, ma sui valori e sui mezzi concreti che questi incarna. Se così non fosse, verrebbe il dubbio che anche il PD non è altro che lo specchio del polo che esso contrasta.

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