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Attualità

MEDICI CORAGGIOSI

EDOARDO ZIN - 20/01/2023

medicoViviamo un lungo inverno. Non quello meteorologico, ma quello che i catastrofisti descrivono tra guerre, crisi energetiche, economiche, demografiche, climatiche, educative ed altre. In questa freddezza dell’umano non sappiamo cogliere l’eccesso di bene distribuito nel quotidiano da donne e da uomini che operano con gratuità, andando oltre a ciò che è richiesto, travalicando la pura contrattualità e facendo ciò che va al di là del loro dovere.

Vorrei parlare dei medici. Tra i rari casi di coloro che hanno tradito il giuramento d’Ippocrate per abbracciare l’idolo della copiosa fortuna economica, ci sono donne e uomini coraggiosi, generosi che hanno abbracciato la professione come una vera e propria missione, che hanno dimostrato, come nella recente pandemia, di mettere a rischio la propria vita, continuando a visitare i malati anche a domicilio, pur essendo privi di camici monouso, di tute, di mascherine.

I politici e i burocrati li hanno ridotti ormai da tempo a impiegati che devono compilare carte, inviare comunicazioni via mail, li hanno umiliati, li hanno fatti sentire inutili e molti hanno ceduto alla frustrazione e alla rabbia, agli interessi di bottega e si sono abbandonati alla sciatteria, all’incuria, al disimpegno tipico dei classici impiegati. La massima parte dei nostri medici ospedalieri e di base sono stati definiti “eroi”, ma nessuno di essi ha scelto la lunga strada che arriva alla laurea per essere “eroi”, ma per prendersi cura del malato, per risanare sofferenze, insicurezze e angosce soprattutto dei più fragili, agli anziani.

Il patrimonio della buona sanità della Lombardia si è dissipato per finanziare la sanità privata, si è dissolta sotto i colpi inferti dalle ruberie, sotto gli interessi privati dei farisei che, mentre pontificavano sul valore della vita, mettevano il profitto davanti alla vita stessa, la difesa dei beni davanti a quello delle persone. Troppe volte il denaro e la “produzione” sono stati considerati più delle persone.

Che cosa ci aspetta il futuro? Vorremmo che quello che si scrive e si dice da anni diventasse realtà: al centro la persona integrale e cioè al centro la cura, la prevenzione, il rapporto col territorio, la tutela dei soggetti fragili. Vorremmo che l’efficienza delle cure venisse prima dell’efficacia amministrativa, che non si facesse del malato uno “spezzatino” tra il tecnico e l’umano. Oggi l’atto medico si va frantumando per la moltiplicazione degli specialisti e la frammentazione del corpo: dapprima il radiologo, poi il gastroenterologo, poi l’oncologo, poi, l’ematologo e infine il medico di base che dovrebbe giungere a conclusioni per diagnosticare la malattia in base a protocolli dettati da medici che neanche conoscono il malato. “Le tecniche funzionano sul principio della generalizzazione, per utilizzare lo stesso processo su corpi e malati diversi, mentre l’umano funziona sul principio della personalizzazione” – ha recentemente detto il nostro arcivescovo ai medici cattolici. Vorremmo infine che il paziente che si rivolge ad un ambulatorio specialistico trovasse sempre lo stesso medico che lo ha in cura e non il collega di turno.

Vorremmo soprattutto che le “aziende” ospedaliere ritornassero ad essere luoghi del silenzio, in cui si sente solo lo sciamare dei camici dei medici e degli operatori sanitari. Sì, perché l’ospedale (da hospes = ospite) era il luogo in cui dapprima i benedettini, successivamente i vari ordini religiosi che si dedicano alla cura dei malati – e oggi il sanitario ospedaliero – davano (danno) sollievo non solo alla malattia, ma sana le ferite dell’animo che spesso sono la causa della malattia. Il rapporto medico-malato si presenta come una “promozione complessiva dell’umanesimo della cura” e la malattia come un evento che richiede di farsi carico della persona nella sua interezza ed irrepetibilità.

Anche i pazienti devono comprendere che il medico cura la malattia e non possono pretendere da lui “la cultura del benessere”, devono chiedergli ciò che gli è permesso di fare: il medico è un grande maestro del dolore e non un garante del falso.

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