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Società

CRISI D’IDENTITÀ

EDOARDO ZIN - 24/03/2023

ombraÈ una mattina di marzo che già si stempera nella dolcezza dell’aria. Dalla finestra del mio studiolo noto i germogli delle piante che si ravvivano tenere, pallide di verde. Il cielo è terso. Dovrei avere in cuore la gioia che proviene da questo eterno risvegliarsi della natura. Invece mi sento smarrito, solo, malinconico.

Stanotte, nel dormiveglia, pensavo al terrore seminato lungo le strade della nostre città, all’iperattivismo dei giorni nostri, alla “guerra mondiale a pezzi” che ci tiene sospesi a un conflitto che potrebbe diventare nucleare, alla violenza che inonda perfino gli stadi, alle miserie dell’umanità angosciata che cerca rifugio da noi e finisce inghiottita dal mare, alla corruzione che ha intaccato perfino la cattedra di Pietro, all’odio che serpeggia nelle classi sociali, alla lotta disperata di chi cerca di sopravvivere, all’insipienza e all’inefficienza dei politici eletti da noi e mi chiedevo: «Che cosa è successo? Perché ci siamo ridotti a rendere il male così banale al punto di uccidere la madre o la sposa o l’amico di scuola? Perché, perché?». E più meditavo sulla vita di questi giorni, più trovavo che molte delle azioni umane sono al di sotto dell’uomo.

Ora, contemplando la natura che si risveglia, penso che la vita, nonostante tutto, nasconda la bellezza e il bene, celati in un fondo impenetrabile, ma che di tanto in tanto affiorano vincendo il dolore. La nostra è una crisi d’identità. Non di quella fatta di orgoglio, di arroganza, di riti pagani, di richiami storici che nulla hanno a che fare la vita d’oggi. No, l’identità del nostro Paese si identifica con la sua cultura e la sua storia umanistica che esalta il valore e la dignità di ogni essere umano, chiunque egli sia, rispetta i diritti delle donne, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, la democrazia, la solidarietà: tutti valori che sono di natura essenzialmente evangelica.

Un tempo il nostro Paese aveva le sue tavole di salvataggio: la Torre di Pisa, Venezia, le cattedrali romaniche, Dante, il fascio e la- falce-e-martello. Adesso sappiamo quello che valgono e pretendiamo di salvarci dal naufragio con la sola politica: un regalino a chi vuole abbassare le tasse togliendo a chi ha meno e contemporaneamente, con le casse vuote, costruire opere faraoniche, mentre ferrovie, strade, ponti sono arcaici. Dicono che vogliono aiutare le classi più povere, ma respingono il salario minimo; avevano promesso sicurezza e le città sono dissestate dai violenti che mettono tutto a soqquadro; garantivano la lotta all’immigrazione clandestina dapprima con il blocco navale, poi costringendo le ONG a far sbarcare i “carichi residuali” in porti lontani e ora contiamo i morti.

No, la politica non basta e lo dimostra l’ampio astensionismo riscontrato nelle ultime elezioni regionali. Occorre recuperare la cultura che è alla base della nostra politica perché la storia ci insegna che il crollo di una cultura è sempre il risultato di una decadenza, di un’interiore stanchezza, di una mancanza di pensiero.

In mezzo alle posizioni di difesa dei propri privilegi e di offesa verso chi non la pensa come noi, c’è chi ama questo tempo e vuole faticare per capirlo. In mezzo alla tempesta dovuta alla crisi d’identità, ci sono donne e uomini che si adoperano per placare l’odio e la violenza e far riemergere i valori tipici della nostra civiltà, primo tra questi la pietas della nostra gente che, accogliendo i profughi dell’Ucraina o dei corridori umanitari o prestando i primi soccorsi ai naufraghi, dimostrano di non infierire contro il diverso e non ignorano l’appello all’accoglienza tipica della nostra tradizione tramandataci dai padri.

Purtroppo, ci sono uomini e donne che non offrono testimonianza e esempio alle nuove generazioni, ma seminano indifferenza morale, scetticismo, volgarità, sfiducia. E sono soprattutto i politici, che non praticano un altro valore della nostra identità, la gravitas, cioè la severità dei costumi, le virtù. Come si fa a festeggiare, la sera, un compleanno fra canti, danze, vino e piatti prelibati, quando al mattino ci si è recati a rendere omaggio, in modo molto istituzionale e protocollare, ai morti e ai superstiti di un naufragio?

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