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Attualità

PAZIENZA

EDOARDO ZIN - 31/03/2023

pazienza«Sembra che pensino più al futuro che all’avvenire – mi dice un longevo deputato democratico-cristiano e continua – Non ti sorprendere. Il futuro è una successione di anni per i quali valgono le promesse, mentre l’avvenire è in attesa di qualcosa che deve venire, che si deve avverare. Per saper attendere non servono le promesse, ma le certezze. Non vedi che l’attuale maggioranza naviga a vista? È conquistata dall’attrattiva di lanciare, come se fossero motti d’ordine, gli obiettivi della sua ideologia: il presidenzialismo, il regionalismo differenziato, il Ponte sullo Stretto, il blocco navale per fermare l’immigrazione, la flat tax: propone sogni che svaniranno perché non sono sostenuti né dagli stessi partiti, i cui dirigenti non sono eletti da un congresso, né da una programmazione che preveda dove attingere le risorse, il rispetto delle norme di controllo, i tempi. In un momento tormentato come il nostro e, quindi, fatalmente politico, mancano i politici, cioè persone che pensano politicamente prima di agire. Ci sono donne e uomini che progettano, che, con le loro esteriorità inaridiscono i cuori, tolgono i sentimenti di partecipazione ai cittadini, e soprattutto ai più deboli, l’umanità che è stata tolta loro. Il futuro che indicano non risponde alle attese concrete di giustizia e non preparano a ciò che si deve adempiere con animo pronto e sereno».

Molti politici d’oggi sono sempre più inquieti, impazienti, esasperati, sempre in posizione di offesa. Hanno fretta di apparire, di mandare messaggi. Non vogliono capire la complessità perché forse non amano questo tempo, non vogliono fare la fatica di comprenderlo, per loro il futuro è l’immediato, la cronaca di ogni giorno ed esauriscono la storia in quella studiata sui manuali scolastici.

Non hanno tempo per sedersi attorno ad un tavolo per rintracciare la strada della pazienza, che è la sorella della saggezza, che sa distinguere tra ciò che si può fare e ciò che non si può fare, che sa vincere lo sfogo passionale incapace non solo di risolvere ma sensibile di peggiorare le situazioni. Per assicurare un domani certo occorre capire, pensare, riflettere, non fermarsi alle promesse elettorali, ma penetrare le ragioni e il significato profondo di ogni atto politico. È la prudenza che occorre per evitare al mondo rovine maggiori di quelle già esperimentate.

Si pensi alla politica per l’immigrazione. Si può invocare il blocco navale, si può costringere le imbarcazioni delle ONG a compiere lunghe rotte per far sbarcare donne e uomini alla ricerca della speranza, si possono erigere muri e innalzare barriere di filo spinato, si può incriminare l’Europa, criminalizzare gli scafisti, cercare accordi con i Paesi di provenienza non per “impedire, ma per ”consentire” la partenza, ma finché tutta l’Unione Europea non determinerà lo Stato membro competente ad esaminare una domanda di asilo o il rinnovo dello status di rifugiato, per poi essere ricollocato in un Paese dove sarà integrato o si ricongiungerà con parenti, avremo sempre una politica dell’immigrazione “parcellizzata” fatta di controlli, di ordine pubblico, di respingimenti, anziché una politica immigratoria globale che incomincia nel Paese d’origine, viene proseguita nel Paese d’arrivo dove il richiedente asilo viene collocato per poi essere inviato in uno dei Paesi membri, dove potrà integrarsi e vivere degnamente.

Si dice che il Mediterraneo sia il confine sud dell’Europa: sì, ma solo geografico, non politico perché l’Europa politica non esiste ancora. È sempre in divenire: sia perché il regolamento di Dublino determina lo Stato membro competente ad esaminare una domanda d’asilo nel Paese di primo approdo, sia perché gli Stati membri non hanno ancora costituito un’area con un livello omogeneo di protezione. L’urgenza frettolosa del “fermiamoli!” non può trascurare la complessità di questo ed altri problemi perché “il clandestino” è sempre tale in quanto lascia il suo Paese quando può e con i mezzi che può senza attendere permessi, ma paradossalmente non è mai “clandestino” perché ha il diritto di varcare ogni confine ed essere accolto.

Chi è chiamato a governare deve andare incontro alle svolte della storia non con la tracotanza di chi intende costruire il futuro del proprio Paese travolgendo gli ostacoli con la forza, ma con il coraggio della pazienza, con il rispetto della dignità di ogni uomo e donna che permetta a tutti di creare spazi aperti, non di costruire muri, nei quali si possa dialogare e sentirsi partecipi di questo mondo. Questo è l’avvenire che occorre costruire.

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