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Società

GLI ONORI AL DALAI LAMA

LUISA OPRANDI - 07/12/2012

Una Varese globale: così è apparso il capoluogo in occasione dell’ultimo consiglio comunale.

A partire da una mozione presentata dal capogruppo della Lega Nord, è stata infatti deliberata, all’unanimità dei presenti, l’attribuzione della cittadinanza onoraria al Dalai Lama. La difesa dei diritti umani, il pacifismo, la tolleranza religiosa si sono quindi manifestati come valori indiscutibilmente condivisi da tutti gli schieramenti politici, riunendo maggioranza e opposizione in una decisione che non ha avuto tentennamento alcuno nell’essere condivisa.

La proposta di conferimento della onorificenza al leader religioso e politico del Tibet, attualmente in esilio nell’India settentrionale, era stata presentata dal capogruppo dello schieramento padano sin dallo scorso mese di giugno e, in quell’occasione, la mozione era parsa in via prioritaria una forma di antagonismo politico al rifiuto che, all’epoca, il sindaco Pisapia aveva espresso rispetto alla assegnazione della cittadinanza milanese alla guida spirituale e politica ricoperta dall’attuale Dalai Lama, al secolo Tenzin Gyatso. Egli, dopo l’occupazione militare del Tibet da parte della Cina oltre cinquant’anni fa e la conseguente revoca dell’autonomia di cui il Tibet usufruiva per statuto, è infatti il maggiore difensore e garante della sopravvivenza del Buddismo e della cultura e civiltà tibetane, tanto da essere insignito del Nobel per la pace nel 1989, in modo peculiare per la grande azione di difesa dei rifugiati che sfuggono alla dittatura messa in atto dal governo cinese.

Milano, nel consiglio del 21 giugno di quest’anno, aveva assolutamente riconosciuto il valore che il Dalai Lama ricopre nella difesa dei diritti umani ma, allo scopo di “non compromettere i rapporti economici col popolo cinese e per non impedirne l’eventuale presenza in occasione di Expo 2015” aveva privilegiato la forma più soft del rispetto e dell’accoglienza del leader tibetano a Palazzo Marino, subordinando quindi l’ assegnazione della cittadinanza solo alla effettiva unanimità in consiglio comunale. Che a Milano, appunto, non c’è stata.

Invece Varese con voce unanime ha scelto di designare “cittadino onorario” la guida spirituale del Tibet e, con questo gesto, ha riconosciuto, nell’Amministrazione della città e nei suoi rappresentanti, l’espressione istituzionale del rifiuto di ogni forma di dittatura e di governo totalitario. È questo un passo significativo che, se da un lato rimarca il valore politico della autodeterminazione dei popoli, tanto caro allo spirito indipendentista della Lega, dall’altro definisce il superamento di tutte quelle visioni parziali che limitano il diritto alla libera espressione culturale, religiosa, politica e istituzionale di popoli e cittadini.

Che poi questo sia avvenuto nella città culla della lega Nord, acquisisce ancora maggiore rilievo.

Il capogruppo leghista aveva, come detto, presentato la mozione alcuni mesi fa. Quando poteva ancora avere l’odore stantio della semplice schermaglia partitica. Messa all’ordine del giorno lo scorso 29 novembre ed approvata all’unanimità la richiesta ha però perso i connotati di “contrapposizione politica” per acquisire sempre più i tratti e la fisionomia di una vera e propria dichiarazione d’intenti: infatti sia il centrosinistra, sia le forze politiche di maggioranza hanno espresso il compiacimento per questa scelta che consentiva alla città di Varese di porsi come espressione della democrazia in forma ancor più autorevole dello stesso capoluogo regionale.

Una dichiarazione di tolleranza, di apertura, di rispetto della diversità di culture e appartenenze che nasce proprio dalla Lega Nord. Tutti i partiti hanno quindi approvato senza batter ciglio, in nome dei valori che ciascuno di essi rappresenta e di quella cultura della integrazione e del valore della diversità che, fino ad ora, forse solo la Lega aveva in effetti osteggiato. Sono questi i segni inequivocabili di un modo nuovo di guardare alla realtà: un segnale netto e rimarcato che tutte le forze politiche hanno apprezzato. Un messaggio rimasto inascoltato solo da alcuni esponenti del PDL che, in concomitanza della votazione, sono usciti dall’aula forse per prendere una boccata d’aria. Ma forse la “boccata d’aria” più salubre a Varese l’hanno finalmente respirata coloro che in aula sono rimasti e che hanno espresso unanimemente il proprio si. Il Dalai Lama è quindi cittadino di Varese.

L’augurio è che, a cascata, visto l’unanime consenso, possa diventarlo di ogni Comune del nostro territorio provinciale. Significherebbe garantire alla provincia varesina un biglietto da visita assolutamente innovativo rispetto a quello cui siamo stati condizionatamente sottomessi per quasi vent’anni.

L’Amministrazione di Varese ha segnato la strada e di questo siamo, come cittadini, orgogliosi.

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