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Storia

PIO IV, IL PAPA DELL’EPIFANIA

SERGIO REDAELLI - 04/01/2013

 

Accadde giusto 453 anni fa. Gian Angelo Medici, milanese, zio di Carlo Borromeo, fu eletto papa la sera di Natale del 1559 dopo un interminabile conclave durato tre mesi e mezzo e prese il nome di Pio IV. Fu incoronato il 6 gennaio 1560, giorno dell’Epifania. Aveva chiesto che la pompa fosse modesta e che il sopravanzo di denaro fosse dato ai poveri ma il destino, beffardo, dispose diversamente. Una pioggerella sottile e insistente cadeva da ore su Roma rendendo scivolosi i gradini di marmo di San Pietro. Quando il nuovo pontefice arrivò i dignitari gettarono, come d’uso, manciate di monete alla folla. C’era una ressa incredibile. Alla vista del denaro, la gente si fece largo a spintoni per raccoglierlo. Qualcuno scivolò, cadde a terra e finì calpestato da chi sopraggiungeva. Alla fine si contarono i morti, diciotto e oltre quaranta feriti.

Pio IV fu papa dal 1559 al 1560 ed è una delle figure più importanti del Rinascimento, ingiustamente trascurata in quasi mezzo millennio di storiografia. Sotto il suo pontificato si concluse nel 1563 il Concilio di Trento che, se non centrò l’obiettivo di mettere d’accordo i cattolici con i luterani, fissò la dottrina e pose le regole disciplinari per la vita di Santa Romana Chiesa nei secoli a venire. Fece scudo al cattolicesimo contro Lutero e Calvino, finanziò la difesa dell’isola di Malta assediata dalla Mezzaluna, scoprì il talento e agevolò la carriera del nipote Carlo Borromeo chiamandolo in Vaticano come segretario di Stato, lo nominò cardinale e arcivescovo di Milano. Nei quasi sei anni che la provvidenza gli mise a disposizione, protesse le arti e le scienze e fondò l’archivio segreto, un grandioso progetto poi continuato dai successori Pio V, Gregorio XIII, Sisto V e Clemente VIII.

Il nuovo papa aveva già varcato la sessantina. Era robusto e vigoroso. Nel volto incorniciato da una barba brizzolata e corta da filosofo, aveva un’espressione benigna. Gli occhi turchini e vivaci esprimevano intelligenza, lo sguardo arguto, penetrante. Un tipico lombardo pragmatico e senza fronzoli. Lo era anche nella vita privata, a tavola e nel tempo libero. Non nutriva alcuna simpatia per il cerimoniale di corte. Gli piaceva il contatto diretto con la gente e prese l’abitudine di avventurarsi senza seguito nelle strade di Roma. Cavalcava e camminava volentieri, senza paura di fare brutti incontri. “Voglio che le mie giornate siano piene di cose da fare”, diceva ai collaboratori. La mattina si alzava presto e usciva per fare esercizio fisico. Al ritorno s’intratteneva un paio d’ore con il segretario e riceveva gli ambasciatori. Saliva spesso sul tamburo della cupola di San Pietro, in costruzione, per controllare i lavori, seguito da un codazzo di cardinali ansimanti.

Era laureato in diritto civile e canonico, un fine umanista, cultore e protettore delle arti, tollerante e di larghe vedute. Non amava i roghi degli eretici e, se possibile, preferiva commutare le condanne a morte in pesanti sanzioni pecuniarie. Ciò gli consentiva di far quadrare i conti perennemente in rosso dello Stato. Un papa pragmatico, liberale e accomodante ma vendicativo. Mandò a morte, dopo un processo sommario, i nipoti del predecessore Paolo IV, Gian Pietro Carafa, che avevano spinto l’augusto parente a una disastrosa guerra contro la Spagna. Favorì lo sviluppo delle università di Milano, Roma, Bologna e Urbino, bonificò terre e paludi in Umbria, commissionò monumenti e opere d’arte in Lombardia, finanziò opere sociali, enti benefici, ordini religiosi, concesse privilegi al santuario di Loreto e fece costruire torri e fortificazioni a difesa dalle incursioni turche.

Aperto ed eclettico, mise il sigillo alla riforma della musica sacra cogliendo in Giovanni Pierluigi da Palestrina l’intuizione di ripulirla delle frivolezze e riportarla alla capacità di suscitare la pietà dei fedeli. Fece restaurare acquedotti e costruire strade. Commissionò a Michelangelo alcune delle più belle porte e chiese di Roma, come la basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri che il geniale aretino ricavò dai ruderi delle Terme di Diocleziano e dove lo stesso papa è sepolto. Per ironia della sorte, toccò proprio a lui, grande ammiratore e amico personale, censurare i nudi del Giudizio Universale nella Cappella Sistina ordinando a Daniele da Volterra di ricoprirli con panni leggeri. Fu il prezzo da pagare alla Controriforma e al clima moralistico che spirava da Trento dopo la conclusione del Concilio che lo stesso pontefice aveva promosso con il decisivo sostegno di Carlo Borromeo.

Lo zio di San Carlo ha lasciato tracce anche a Varese, dove aveva molti interessi. Ereditò dal fratello Gian Giacomo, il condottiero Medeghino, il feudo di Marchirolo, Bosco, Grantola, Dumenza e Voldomino e fu commendatario della badia di Ganna, attraverso la quale s’impossessò del castello di Frascarolo a Induno con terre e vigneti, dove tuttora vivono i discendenti di un ramo della famiglia, quello del fratello Agostino.

Pio IV è ricordato anche nel santuario di Santa Maria del Monte dalla lapide di marmo, scritta in latino, posta quasi ad altezza d’uomo nella navata destra, verso l’altare. La fece mettere nel 1582 il conte Gian Pietro Biumi, figlio di Gian Battista Biumi, “filosofo di sommo ingegno e di profondo sapere” che fu medico privato del papa e, da buon varesino, acuto consulente finanziario.

Anticipando di un secolo Gian Lorenzo Bernini, Pio IV intuì la soluzione del colonnato davanti all’ingresso della basilica di San Pietro: “La piazza – lasciò scritto – deve essere ampliata, abbellita e circondata di portichi…”. Sul letto di morte fu assistito da Carlo Borromeo insieme a un’altra eminente personalità dell’epoca, Filippo Neri, anch’egli destinato alla santità. Ma fu anche un pontefice mondano e ambizioso e forse per questo quasi dimenticato. Da giovane fu il “diplomatico” del fratello fuorilegge sul lago di Como. Poi fu eletto al soglio di Pietro, già padre di tre figli, al termine di un conclave in odore di compravendita di voti. “Le pecche del papato riflettono i difetti comuni nelle varie epoche”, ha scritto lo storico cattolico Ludwig Von Pastor, autore di una monumentale storia dei pontefici in venti volumi. E la vita di Pio IV dimostra le contraddizioni di un secolo pieno di ombre e di luci, di miseria e di grandezza.

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