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Attualità

LA BAMBINA CHE SARÀ SANTA

MARIA ADELE SOLTOGGIO - 15/02/2013

Erano duecentosessanta, all’oratorio di Masnago, le persone presenti al recital che un gruppo di giovani del novarese sta portando nei teatri della Lombardia. Vogliono far conoscere Daniela Zanetta, giovane nata a Borgomanero nel 1962, di cui si è aperto nel 2004 il processo di beatificazione per iniziativa del vescovo di Novara monsignor Renato Corti.

Il recital del 9 febbraio scorso si inserisce, a Varese, nell’ambito di un lavoro di équipe di diverse realtà ecclesiali, coordinato dal Movimento per la Vita, che ha visto incastonarsi nel “Mese per la Vita” numerose iniziative. Mi piace ricordare in proposito un input di Daniela, una lettera pubblicata da Famiglia Cristiana dove, quale risposta al dibattito sull’eutanasia, grida con accenti accorati la sacralità e la bellezza della vita, lei che era nata con una malattia molto rara e devastante, di cui parla con dovizia di particolari nelle sue lettere quotidiane a Gesù. Il diario, poi pubblicato per i tipi di Città Nuova “I segreti del cuore”, è un documento prezioso perché vi troviamo un’alternanza di abissi – l’umanità in tutte le sue sfumature – e di vette, in quel continuo riprendersi e stanziarsi in Dio, in un amore per Lui che si affina con il passare degli anni. Un brano del diario, di notevole spessore spirituale, è intitolato “E io ti ho detto di sì”. Da qui il titolo del recital.

A Varese, ha osservato Lucia, mamma di Daniela, la partecipazione dei giovani è stata davvero notevole. Certo i genitori di Daniela, che vivono a Maggiora, sarebbero le persone più idonee a parlare di lei. L’anno scorso i gruppi di cresima di una Comunità pastorale vicina a Varese hanno fatto un percorso incentrato sulla vita di Daniela, con una capatina a casa di Lucia e Carlo Zanetta: un’esperienza che non dimenticheranno facilmente. Mi limito qui a raccontare un episodio dell’infanzia di Daniela che ci può illuminare sul ruolo avuto dai genitori, in questo caso la madre, nell’indirizzare la bambina al cammino di santità che avrebbe poi intrapreso. Si trovavano ai giardinetti. Un’altra mamma, come la vide, ebbe una reazione pesante: allontanò il suo bambino, nel timore venisse contagiato. Si può immaginare l’intensità della sofferenza che deve aver provato Lucia. Ma non nascose a Daniela che questa per lei sarebbe stata la normalità, e le propose un ‘salto’: accettare insieme questo dolore, e puntare su un altro tipo di bellezza, quella interiore.

Sarà poi il carisma di Chiara Lubich, a partire da una fede incrollabile in Dio-Amore, a permettere a Daniela e alla sua famiglia una crescente unità con Dio e i fratelli. In quella lettera inviata a Famiglia Cristiana Daniela infatti affermava: …Non è la pazzia che mi fa ritenere la sofferenza un dono prezioso di Dio, ma l’esperienza diretta, vissuta e spesso bagnata di lacrime perché ho la certezza che tutto è frutto della volontà e dell’amore divino.

È uscita recentemente una Via Crucis tratta dai suoi scritti, con prefazione di Mons. Corti. Mi pare sia stata adottata, in vista della Quaresima, da più parrocchie della nostra città.

Così Piero Damosso e Francesca Giordano, autori di “Salto verso l’alto – Ritratto di Daniela Zanetta”, ed. Città Nuova, colgono il disegno di Dio in lei: Daniela scopre e ci fa scoprire che si può amare nonostante l’imperfezione, la disabilità, la sofferenza morale e il dolore fisico, anche quando non è alleviabile. Questa scoperta è carica di conseguenze. Il dolore, immerso nell’amore, quasi riparato dai suoi quotidiani atti d’amore, le si rivela come la chiave di una felicità possibile. Un paradosso? O una prospettiva sensata anche per noi?

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