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Chiesa

IL LASCITO DI RATZINGER

LIVIO GHIRINGHELLI - 03/05/2013

Benedetto XVI ci ha lasciato con le sue dimissioni una preziosa testimonianza di umiltà e di sincerità specchiata; ma non meno rilevante è la sua eredità in termini speculativi, a partire dalle riflessioni di matrice agostiniana sul rapporto tra ragione e fede nell’uomo e dall’influenza su di lui esercitata da John Henry Newman in merito al significato, primato e importanza della coscienza. La ragione è il luogo di riconoscimento di una relazione sostanziale dell’uomo a Dio, nella fede l’uomo accede alla rivelazione di verità, che la sua ragione, anziché contrastare, deve riconoscere.

Non è lo stesso ruolo che la modernità attribuisce alla ragione in termini di creatività con una sostanziale presa in carico del destino dell’uomo. In Newman si afferma il valore dell’autonomia morale e della coscienzialità come criterio che informa la visione antropologica. Subito dopo il Concilio Ratzinger, commentando il n. 16 della Gaudium et Spes, poneva il primato della coscienza anche al di sopra dell’autorità papale. Illuminano al proposito le sue parole nel momento dell’addio: dopo avere ripetutamente esaminato la mia coscienza.

Altro tema vitale per lui la teologia della storia (a questa è dedicata la tesi di libera docenza su San Bonaventura). Qui l’impianto sistematico e teoretico, astratto, metafisico, disincarnato, ha il sopravvento sulla lettura della realtà; non risulta così al centro la concretezza della conditio humana, il taglio fenomenologico è un po’ sacrificato. Piuttosto severo risulta il giudizio di Ratzinger nei confronti della teologia politica, della teologia della liberazione.

Nell’ordine filosofico rispetto all’idea di Dio concepita dalla metafisica classica (Dio rapportato solo a se stesso) Ratzinger inquadra il Dio della fede nella categoria della relazione. Dio è comunicazione, sovrabbondante ed eccedente relazione d’amore. Egli sceglie di farsi definire dal singolare e dal particolare assumendo la natura umana. E così l’uomo diventa partner di un’alleanza eterna (onde anche l’imperativo per lui di rinnegare l’autosufficienza, ripiegandosi sterilmente su se stesso), “Dio non è un’ipotesi lontana sull’origine del mondo, non è un’intelligenza matematica molto lontana da noi, è entrato personalmente nella realtà della nostra storia, si è autocomunicato fino ad incarnarsi”.

“Nella croce si manifesta l’eros di Dio per noi” (Quaresima del 2007). L’eterno è divenuto storia. Di Ratzinger è la concentrazione cristologica dell’idea di Dio . Viene posta un’identità perfetta tra il Gesù storico e il Cristo della fede. Ed essendosi fatto definire da ciò che è piccolo e umile è Verbum abbreviatum.

Quanto all’ecclesiologia con il gesuita francese Henri de Lubac Ratzinger fonda l’unità della Chiesa sulla caritas (dono che si riceve nell’Eucaristia). “La comunità fraterna cristiana non è contro, ma per il tutto”. Consigliere dell’arcivescovo di Colonia, cardinale Frings, all’epoca del Concilio dedica energie e speranze al testo della Lumen gentium (Costituzione della Chiesa). Nella visione ecumenica difende strenuamente la posizione originale della Chiesa cattolica. E persegue l’equilibrio tra principio sinodale e principio primaziale. Il mondo ha soprattutto bisogno di una Chiesa che parli di Dio.

Purtroppo non gli è stato concesso uno spazio sufficiente per le riforme istituzionali, per la riforma della Curia, per il rafforzamento effettivo del potere delle Conferenze episcopali, per favorire la partecipazione più larga dei laici (specialmente delle donne) alle strutture di decisione. La speranza nell’avvenire è in crisi nei Paesi occidentali (non ci si può accontentare di rammentare divieti, generare paure e sensi di colpa).

Questioni cruciali come il controllo delle nascite, l’inizio e fine vita, le varie forme di vita coniugale vanno affrontate in spirito di carità e fermezza al contempo. Al di là di ogni resistenza interna la trasparenza decisionale di Ratzinger in materia di pedofilia è stata chiara ed indubbia.

Certo rimangono due date nella memoria: il 24 aprile 2005 nel discorso di insediamento dichiara che “la tela della Chiesa è strappata”; il 13 febbraio 2013 che il suo volto “è deturpato da individualismo e rivalità, dalle colpe contro l’unità, dalle divisioni nel corpo ecclesiale”. Ha scelto di ritirarsi in un monastero chi dal padre del monachesimo ha assunto il nome augurale. Quaerere Deum la sua vocazione. Ci lascia 285 titoli di libri, cui altre meditazioni si aggiungeranno, libero com’è da impegni pastorali e di governo.

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