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Il letto di Procuste

UN LIMITE ALL’INFINITÀ

LUIGI FASOLINO - 05/07/2013

Mentre in Cina continuano imperterriti – anche se un po’ di nascosto – a mangiare carne di cane, una società con sede a Tokyo ha deciso di fornire ai giapponesi qualcosa di diverso come pappa per i loro amatissimi quattrozampe e ha messo in commercio pet food “a basso contenuto calorico, scarso contenuto di grassi e ricco di proteine”. Il prodotto, venduto in confezioni da 60 o 500 grammi – rispettivamente a 609 e 3780 yen, circa 4,50 e 28,80 euro – è a base di carne di balenottera islandese. In questo mondo bizzarro, cani e balenottere condividono lo stesso destino aleatorio.

***

“Perché è così difficile capire come stanno veramente le cose?”.

 Lui posa la tazzina e mi rivolge uno sguardo incuriosito, quasi non si aspettasse tanta ingenuità. “Non è difficile”, risponde. “E’ impossibile”.

 “Perché?”.

 “Qual è secondo te il prodotto più razionale della mente umana?”.

 “Non lo so”.

 “Be’, è il numero. Parte tutto da lì. Inventando il numero l’uomo mette un limite all’infinità. L’illimitatezza è qualcosa che non possiamo misurare e quindi ci fa paura. Con il numero, diciamo pure con il pensiero matematico, possiamo definire l’infinità, evitando di impazzire. In questo c’è qualcosa di terapeutico, perché riduce un po’ lo smarrimento. Ma non è la vera risposta”.

Andrea V., docente di filosofia della scienza, parla con rilassante levità, trasferisce le parole senza enfasi, senza forzature nel tono e nell’inflessione, consegnandole in modo diretto, garbatamente impersonale. È come ascoltare se stessi quando si legge qualcosa di avvincente.

“Non lo è perché mettere un limite all’infinità produce altri limiti. Ad esempio, tornando alla tua domanda, rende impossibile sapere come stanno veramente le cose”. Fa una pausa per finire il doppio espresso senza zucchero, poi riprende: “La mente umana è un pantano di strategie febbrili. Da quando veniamo al mondo, attimo dopo attimo, consuma il tempo che ha a disposizione elaborando concetti e ipotizzando soluzioni. Sarebbe serena e pacificata se non fosse prigioniera della propria attività. Insomma, la capacità di pensare, di immaginare, di porsi quesiti, fa dell’essere umano una specie di paradosso”. Andrea sorride. “Sempre meglio che un pipistrello, o una carota”.

“E allora che si fa?”.

“Forse dovremmo imparare a usare le risorse del pensiero in modo diverso. Mettiamoci alla prova. Troviamo il coraggio di spostare la mente su un’altra rotta, di dirigerla dove non è mai stata e vediamo cosa succede”.

“E cosa può succedere?”, chiedo con un colpevole senso di inadeguatezza.

“Potremmo avere delle sorprese. Come, per esempio, scoprire che il rifugio che cerchiamo, il luogo dell’armonia, non può essere costruito perché esiste già”.

***

“Tu un chirurgo? Chi t’ha insegnato medicina, Frankenstein?” – (Tony Robert a Woody Allen, Stardust memories, USA 1980).

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