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Lettera da Roma

BERGOGLIO CHE SBAGLIA INDIRIZZO

PAOLO CREMONESI - 20/09/2013

La lettera di Papa Francesco ad Eugenio Scalfari rischiava di andare smarrita. Me lo racconta tra il divertito e il preoccupato un collega di Repubblica. La missiva, che reca infatti il timbro postale di agosto, era stata spedita da Bergoglio a un vecchio indirizzo. Una casa romana dove il fondatore del quotidiano non abita da tempo. La domestica, incaricata di passare di lì ogni tanto, si è accorta di quella busta con uno stemma così particolare ed ha pensato bene di spedirla a sua volta a Repubblica.

Scene da sei mesi di nuovo stile vaticano. Informale, diretto e appunto come in questo caso anche un po’ approssimativo. D’altro canto non sono le stesse telefonate del Pontefice diventate un caso mediatico? L’elenco si allunga di giorno in giorno: dalla coppia Turnati di Alessandria a cui Papa Francesco ha telefonato per i quarant’anni di matrimonio, a Michel, quindici anni di Pinerolo, affetto da distrofia muscolare, ad Anna Romeo trentacinque anni, di Roma, incinta e abbandonata dal compagno, allo studente veneto Stefano Cabizza di diciannove, a Rosalba Ferri, madre di Andrea Ferri imprenditore assassinato a Pesaro e pochi giorni prima al fratello dello stesso, Michele, costretto su una sedia a rotelle dopo un incidente, ad Alejandra, argentina vittima di uno stupro da parte di un poliziotto. E l’elenco potrebbe continuare perché, è il Papa stesso ad averlo confessato a Monsignor Viganò, “…in Vaticano non sanno quante ne faccio!”.

La lettera del Papa a Scalfari e le telefonate a chi gli scrive si inseriscono in uno stile diretto che è una caratteristica del cuore di Bergoglio. La risposta che questa colloquialità immediata che ha molto della cultura argentina, sta incontrando rivela quanto fosse desiderata e attesa.

“Ancora una volta la Chiesa – mi dice Salvatore Abruzzese, sociologo, che lunedì prossimo presenterà a Roma insieme al cardinal Ouellet e al direttore di ‘Repubblica’ Mauro la nuova biografia di Don Luigi Giussani scritta da Alberto Savorana – stupisce per la sua straordinaria vivacità. Dinanzi ad un mondo dove la secolarizzazione sembra procedere a tappe forzate, il Papa non cessa di allietarci con la sua instancabile giovinezza, propria di quella compagnia che è nei fatti: sorprendendo tutti e trascinandoci in un’eterna e instancabile prima volta”.

Bergoglio non si chiede ‘in primis’ se il suo interlocutore sia cristiano, mussulmano, credente, agnostico, etero, omo. Ma sa che è una persona e in questo sta la sua grandezza. Una posizione umana la sua che arriva da lontano. Nel bel libro intervista con Sergio Rubin e Francesca Ambrosetti “Papa Francesco”, edizioni Salani, racconta lui stesso questo episodio: “Un giorno stavo uscendo in fretta dalla Cattedrale. Dovevo prendere un treno. Mi si avvicina un giovane e mi chiede di confessarsi. Avrà avuto ventotto anni, parlava come fosse ubriaco, ma probabilmente era sotto psicofarmaci. Allora io ‘testimone del Vangelo, impegnato nell’apostolato’ gli dissi: aspetta qui che adesso arriva un sacerdote, io ho da fare. Man mano che me ne andavo sentivo una vergogna tremenda. Tornato indietro gli dico: l’altro prete è in ritardo, ti confesso io. Uscito da lì andai a mia volta a cercare un confessore. Fu un segno del Signore che mi diceva: “guarda che la storia la faccio io”. Ma non è d’altronde questo abbraccio ciò che ciascuno di noi cerca dal profondo del suo cuore?

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