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Storia

ACCANTO AL CARDINALE SCRITTORE

FERNANDO COVA - 27/09/2013

Gerolamo Alfieri

Giuseppe Alfieri, nato a Varese il 12 marzo 1592, é ricordato quale munifico benefattore dell’Ospedale di Varese. Terzogenito di Leonardo, dottore in entrambe le leggi, fu canonico prima in san Vittore e successivamente in santo Stefano in Brolo a Milano. Al consistente patrimonio trasmessogli dai genitori poté aggiungere l’eredità lasciatagli dai fratelli. Ultimo superstite della famiglia, legò tutto il patrimonio all’Ospedale; i beni consistevano nella casa paterna con giardino in Pozzovaghetto (via Volta e dintorni), in case rustiche, campi, vigne, prati e boschi ubicati a Bosto e Giubiano e nei comuni di Barasso, Casciago, Groppello, Luvinate e Velate per una estensione totale di circa cinquecentotrentun pertiche (circa 35 ettari) oltre che importanti crediti e somme in denaro. Con tale atto dettava anche le condizioni ed i modi di impiego delle rendite di detti possedimenti. Morì il 28 marzo 1669 e fu sepolto nella chiesa di santo Stefano a Milano, pur avendo la famiglia il sepolcro all’Annunciata sin dal 1596.

Vorrei ricordare un altro fratello, semisconosciuto, Gerolamo, che raggiunse alte cariche ecclesiastiche a Milano e fu intrinseco familiare (di Federico Borromeo ), ed in materia di studio più che verun’altro da lui udito.

Gerolamo Alfieri nacque a Varese nel 1582 e fu battezzato il 30 ottobre.

La guida della sua precoce vocazione religiosa fu affidata prima a canonici di san Vittore, in seguito la sua formazione si completò presso il seminario arcivescovile di Milano. Qui incontrò Federico Borromeo ed entrò nel gruppo di circa cento collaboratori che costituivano una vera e propria “famiglia”, assolvendo diversi incarichi di fiducia quali, ad esempio, agire da procuratore per l’acquisto dei terreni destinati all’ampliamento della Biblioteca Ambrosiana.

Dopo gli studi lo troviamo a Ferrara e Roma col cardinale, fu successivamente nominato canonico di santa Maria alla Scala a Milano. Fu poi canonico in santo Stefano e successivamente nella chiesa di san Nazaro in brolo, sempre a Milano.

Nel 1625 fu costituito il Collegio degli Alunni che, con il Collegio Trilingue, integrava l’attività scientifica del Collegio dei Dottori dell’Ambrosiana e preparava i frequentatori all’apprendimento delle lingue orientali, della filosofia, della teologia e della logica.

Alfieri fu nominato prefetto e fu affiancato da altri nove ecclesiastici legati alle chiese cittadine.

Durante la peste del 1630 si trasferì con il Rivola, autore del volume sulla vita di Federico, nella sua casa di Rampegana a Casciago; anche qui proseguirono il loro lavoro secondo le direttive del cardinale che comunque li “teneva sotto pressione” scrivendo: et io non stando ozioso non voglio , che né voi, né lui ( il Rivola ) state ozioso. Non vi venga mai tentazione di partirvi di cotesto luogo, ove vi ritrovate e dite al Rivola che desidero sapere che cosa fa.

Presumendo che i due continuassero a curare la stampa dei volumi del cardinale, nacque la “leggenda ” di una tipografia sita a Casciago.

Ritornato a Milano, Alfieri venne eletto rettore del Collegio dei Nobili e confessore del cardinale oltre che Conservatore della Biblioteca Ambrosiana, incarico che tenne fino alla morte avvenuta il 22 agosto 1636. Per i bibliofili Alfieri occupa un posto particolare perché incaricato dal Borromeo di curare la stampa delle sue opere.

Il cardinale scrittore si occupò di ascetica, spiritualità, esegesi della Bibbia, sacra dottrina, oratoria, educazione pastorale, pedagogia, morale, arte, scienze naturali, filologia e lingue, diritto canonico e politica. Le prime edizioni, stampate in solo quattro copie, vivente ancora l’autore, sono settantaquattro. Solo alla morte del cardinale si iniziò una stampa delle opere per essere diffuse; per sua disposizione testamentaria lasciò i fondi per questa impresa e l’indicazione che et quando il suddetto canonico Alfiere non potesse o volesse accettare li detti carichi, substituiamo in suo loco il reverendo canonico Gioseffo Alfiere suo fratello, con la medesima facoltà e legati.

Maggiori informazioni si possono trovare nel volume di Marina Bonomelli, “Cartai, tipografi e incisori delle opere di Federico Borromeo, Bulzoni editore, 2004.

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