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Cara Varese

ATTORNO AL CAMINETTO

PIERFAUSTO VEDANI - 19/12/2013

Nei miei anni di liceo, vale a dire quando non erano ancora nati molti dei genitori dei ragazzi che oggi frequentano le medie superiori, non immaginavo quanto sarebbe stata utile la conoscenza delle vicende umane che risalivano a tempi lontanissimi. Né facevo tesoro delle esperienze di vita e degli insegnamenti dei miei genitori e dei miei docenti. Per la verità non ero il solo giovane a tenere questi comportamenti: credevamo di avere il mondo in tasca, di avere solo dei diritti dopo che i “vecchi” aderendo all’avventura totalitaria ci avevano in qualche modo negato libertà e una più ampia conoscenza.

Ritrovandomi oggi ancora più vecchio di coloro che allora ritenevo ormai fuori competizione solo perché avevano i capelli spruzzati di grigio, potrei giocare ai paragoni (Ai miei tempi…) e magari spacciarmi per saggio, invece ritengo di avere vissuto e di vivere semplicemente età e situazioni ripetitive nell’arco dell’esistenza di tutte le generazioni. Certamente la scena della recita cambia spesso perché, anche se costellato di incredibili ripetizioni di errori, il percorso umano è una rincorsa al progresso, sia pure non sempre nel segno della condivisione e della generosità.

Per questi motivi non ho mai fatto prediche ai giovani, né mi sono iscritto al clan dei saccenti limitandomi solo a qualche consiglio. E proprio Natale e Capodanno mi spingono a sottolineare l’importanza dei legami affettivi che ne sono l’essenza, a suggerire la riscoperta, almeno per qualche giorno, dell’importanza dei valori dell’unione familiare, di un caminetto dei sentimenti riacceso, ritrovato per qualche giorno e destinato a essere ricordato, sentito, rivissuto come pagine che il vento della vita non ha portato via con sé.

Sul piano individuale si può dare anche questo senso alle festività natalizie, invece come collettività le riflessioni non possono non essere contaminate dai veleni di una crisi economica e sociale che non ha confini e che vede il nostro Paese in serie difficoltà nel rimontare la situazione. Stiamo perdendo una terza guerra mondiale combattuta sui fronti dell’economia e non più a cannonate, abbiamo smarrito, ma forse non l’avevamo mai avuto, l’orgoglio dell’unità nazionale, per anni e anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità e il conto che oggi ci viene presentato è pesantissimo. Ecco, davanti allo sfascio di istituzioni e mondi che hanno tradito la nostra fiducia, forse un pensiero e un ricordo li possiamo avere per l’età dell’oro della nostra repubblica: quelli della nascita dello stato democratico, della ricostruzione di un’Italia devastata dalla folle guerra voluta dal fascismo. Non siamo poi riusciti a replicare nel tempo insegnamenti e scelte di civiltà, a creare continuità di orgoglio e cultura sociale e politica.

Affacciarsi al 2014, centenario del primo conflitto mondiale, con una Varese lontanissima dai traguardi dei suoi ruggenti Anni Sessanta, mette malinconia, ma non deve indurci a una resa che avrebbe conseguenze drammatiche.

Ci si potrebbe aiutare come nel tempo della ricostruzione: anche allora c’erano forti divisioni politiche, ma l’idealità era grande. E oggi pure i partiti non sono più una famiglia.

Auguri cari ai miei pazienti lettori.

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