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Cara Varese

IL RAID CEMENTIZIO

PIERFAUSTO VEDANI - 14/03/2014

Ti sembra di esserci stato l’altro ieri, poi ti convinci che di tempo ne deve essere passato moltissimo perché l’ambiente è certamente modificato. Te ne accorgi non ritrovando angoli, scorci, strade, addirittura quartieri che nel tuo ricordo erano fatti di bellezza, silenzio, atmosfere, degni di essere vissuti e amati.

Ti capita allora di rammaricarti di avere conoscenze approfondite di siti e città assai ben più lontani e perciò di avere tolto spazio nel tuo cuore a frammenti della tua terra, della tua vita. E per di più ti domandi se si sarebbe potuto fare qualcosa per evitare quello che oggi si presenta come stravolgimento del territorio, di luoghi amati.

I pensieri neri mi sono venuti in una domenica vitalizzata da un sole splendido. Prelevato a forza dal mio letargo invernale sono stato portato a fare un “giretto”: fa tanto bene ai vecchietti, mi hanno assicurato. La buona compagnia ha attutito lo shock, ma ci sono stati momenti di sconforto constatando la dimensione della colata di cemento, necessaria per nuove strade e l’ampliamento di luoghi abitati, che ha investito la grande distesa verde che ricordavo del nostro Nord Ovest da Varese sino al Verbano. Guardando allibito tanto cemento era inevitabile che individuassi le cause dello scempio nelle esigenze del progresso che richiede infrastrutture e nuova viabilità, come è avvenuto in altre zone di diversa vocazione della nostra provincia.

Trovandomi di fronte a una realtà inattesa mi si è pure presentato lo spettro del raddoppio dell’abitato di Varese, oggetto di discussioni accese nell’ambito dello specifico piano varato a Palazzo Estense.

Ho forse esagerato vedendo nella Città Giardino del 2100 un quartiere periferico di Milano, ma non ho sbagliato riflettendo su quanto ci abbiamo messo del nostro nelle sciagure del grande raid cementizio promosso dalle Brigate Grigie di Lombardia.

Partendo dall’ultimo Dopoguerra siamo cresciuti di corsa, senza riflettere, come altre città italiane senza rigorose linee guida, cioè nel segno dell’assenza di una cultura urbanistica, del rispetto delle vicende delle comunità. Guai grossi ci siamo procurati pur avendo avuto in città architetti come Vermi e Brunella e disponendo di un centro storico e di altri edifici di una certa dignità nonostante la loro matrice imperialistica tipica del regime fascista che aveva voluto modficare, anzi sconvolgere l’esisente. Valutazioni queste che fece un giovane studente, oggi docente al Politecnico e negli Anni 70 rivoluzionario lontano alla violenza.

Alla grave crisi attuale seguiranno tempi migliori, la nuova situazione economica richiederà molti passi in avanti in termini che potrebbero seguire una pessima tradizione che comunque non è una prerogativa varesina. La via Emilia collega Rimini a Milano: negli anni 50, tra le numerose importanti città che si trovano lungo il suo tracciato c’erano spazi verdi di 30- 40 chilometri, oggi la storica arteria è una lunga linea grigia senza soluzione di continuità. Proprio alla via Emilia ho pensato osservando lo sviluppo edilizio lungo le direttrici Laveno –Varese o la triste teoria di capannoni vuoti di Mesenzana.

Non sono un esperto in materia, oggi poi sarebbe folle negare opportunità di crescita, ma mi piacerebbe sapere in quali condizioni sarà il nostro territorio tra qualche decennio dopo l’adozione dei vari piani di sviluppo. Da Sud continua incessante la saldatura tra i centri abitati che sorgono lungo le strade statali e ferrate, Malpensa è una gigantesca calamita anche per la Svizzera, mentre Varese e Como rimpiangono la soppressione della ferrovia:un’ora di auto per fare i 30 chilometri che le dividono, ma tra qualche mese con la Pedemontana si arriverà in minor tempo, sia pure con un percorso allungato.

 Come area di grande respiro, con la sua natura e la sua storia il nostro Nord Ovest ha una attrattività degna di un presente e di un futuro nel segno della massima attenzione quando si programma la crescita e il destino di un territorio.

Varese e il suo territorio sono già il riferimento di questo Nord Ovest: non lo si snaturi ulteriormente, conservi almeno la attuale dimensione, sia aiutato nella vocazione che solo in parte l’ha caratterizzato: quella turistica e ambientale, che già oggi, pur non adeguatamente sviluppata, è un patrimonio che tutte le comunità vorrebbero avere.

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