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Spettacoli

GIGANTI DELLA CANZONE

MANIGLIO BOTTI - 23/05/2014

Il Disco per l’Estate del 1966 – giunto alla sua terza edizione e, per quanto ci riguarda, anche a una sua “maturità” se pur breve di manifestazione musicale – fu vinto da Fred Bongusto con la canzone “Prima c’eri tu”. Fu, dopo il successo di “Una rotonda sul mare”, una specie di consacrazione per il cantante confidenziale di Campobasso che, allora, aveva da poco compiuto i trentun anni. Il brano vincente tra l’altro avrebbe “sponsorizzato” l’edizione successiva, quella del ’67, facendo da sigla alle trasmissioni radio dedicate alla grande kermesse canzonettistica, la più importante dell’anno dopo il Festival di Sanremo, che venivano passate quasi ogni giorno: una bella pubblicità, un grande rilancio.

Bongusto, dunque, vinse e secondo nella serata finale di Saint Vincent arrivò Tony Del Monaco con la prorompente “Se la vita è così”. Ma furono i terzi classificati, il gruppo tutto italiano dei Giganti, a segnare il punto decisivo a loro favore, e tale si sarebbe confermato con le vendite dei dischi nell’incipiente epoca del beat condizionatissima dalle mode anglosassoni. La canzone dei Giganti si intitolava “Tema” (sarebbe rimasta in classifica per diciannove settimane, toccando anche il primo posto), quasi un richiamo alle composizioni scolastiche da scuola media inferiore che però molto bene colpiva l’immaginario di una giovane generazione di utenti.

Il gruppo dei Giganti era di Milano e veniva da… lontano, nel senso che le origini, la formazione dei suoi componenti – soprattutto quelle del batterista Enrico Maria Papes, il leader – stavano tutte nel rock, per noi il rock ancora pionieristico della fine degli anni Cinquanta e inizi dei Sessanta, da Clem Sacco (Spacca rompi spingi, Voglio l’uovo alla cock) e da Guidone (Coccinella non far più la barboncella).

Nella formazione che si presentò a Saint Vincent i Giganti schieravano, appunto, Papes alla batteria, Giacomo Di Martino detto Mino alla chitarra, suo fratello Sergio al basso e Francesco Marsella detto Checco alle tastiere. Enrico Maria Papes – una voce calda e profonda che richiamava quella del grande Herb Reed dei Platters (Sixteen tons…) – introduceva e faceva da cornice: “Tema: un giorno qualcuno ti chiederà: / ‘Cosa pensi dell’amor?’ / Apre il tema Sergio…”. Lo stesso Papes concludeva: “Credo nell’amor, in ciò che sente il nostro cuor, / so di non sbagliar se dico che l’amicizia lo può dar. / L’arte è nel cuor e la famiglia è calor, / poi una donna c’è per completare questo nostro amor…”. Siamo all’italianità più smaccata, forse anche un po’ retorica. Ma il Tema piaceva: l’amicizia, l’arte la famiglia, l’amore di una donna, naturalmente; c’era quasi del materiale per redigere un programma di governo condiviso.

Sulla scia di “Tema” i Giganti riproposero quello stesso anno alcuni pezzi della stagione precedente: “Una ragazza in due”: “Mai le dirò… Che muoio per lei, la tratterò male e mi amerà”, urlava Sergio, e la “Bomba atomica”: “Noi non abbiamo paura della bomba…”, argomento più speranzoso che pacifista. Ma il tema della pace – la guerra del Vietnam, che coinvolgeva allora i giovanissimi americani, aveva appena visto la sua fase di tragica escalation – era un argomento molto sentito. Sempre nel 1966 Gianni Morandi (detto Giberna) portò al successo una straordinaria canzone di Mauro Lusini: “C’era un ragazzo che amava i Beatles e i Rolling Stones”. Canzone che negli USA fu incisa anche da Joan Baez.

La pace ancora sotto forma di tema e di nuovo per merito dei Giganti tornò dopo alcuni mesi al Festival di Sanremo del ’67 con la canzone “Proposta”. Come era già accaduto per il loro più famoso e tradizionale exploit, i componenti del gruppo si alternavano al microfono: “Me ciami Brambilla e fü l’operari… / Ho quasi vent’anni e vendo giornali… / La mia famiglia è di gente bene…”. Ma tutti infine si trovavano d’accordo in un unico progetto: “Mettete dei fiori nei vostri cannoni perché non vogliamo mai nel cielo / molecole malate, ma note musicali che formano gli accordi / per una ballata di pace, di pace, di pace”.

Il Festival lo vinsero Claudio Villa e Iva Zanicchi (Non pensare a me) e i Giganti arrivarono inaspettatamente terzi. Inaspettatamente e nonostante tutto, perché quello era stato il Festival del suicidio di Tenco, il quale dinanzi alla bocciatura del suo motivo “Ciao amore, ciao” decise di togliersi di mezzo – la vicenda è rimasta sempre misteriosa – lasciando scritto un biglietto: “…Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda in finale “Io tu e le rose” e una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno…”. In effetti, “La rivoluzione “ – cantata da Gianni Pettenati e da Gene Pitney – si classificò ultima, ma “Io, tu e le rose” (Orietta Berti e Les Compagnons della Chanson”) arrivò quinta, e fu un discreto successo.

Sul finire degli anni Sessanta – l’amicizia un po’ fibrillava, enunciazioni ufficiali a parte – cominciarono a manifestarsi le prime crepe nel gruppo dei Giganti che si sciolse e si ricompose, a volte con alcuni dei vecchi componenti, a volte con elementi del tutto nuovi. Ci furono buoni riscontri e riconoscimenti ma non furono più raggiunte le vette (anche commerciali) di “Tema”, di “Una ragazza in due”, di “Proposta”.

Alla fine di febbraio del 1996 Sergio Di Martino – The Voice –, da tempo malato, se ne andò per solcare nel cielo nuove praterie musicali. Aveva quarantanove anni.

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