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Lettera da Roma

IL MESE DI MARIA

PAOLO CREMONESI - 23/05/2014

“Nel mese di maggio più volte ho incontrato all’ora dell’Ave Maria una processione spontanea davanti ad una delle innumerevoli Madonne che la devozione dei romani ha incastrato in tutte le muraglie”. Così Ernest Renan nei suoi “Diari di viaggio” ci fornisce una fotografia della capitale nell’Ottocento. Lo scrittore francese resta stupito dalla quantità di effigi dedicate a Maria che costellano vie e piazze della capitale. Secondo stime recenti queste immagini sono attualmente circa 500. Ma se ne contavano 3000 a metà dell’Ottocento: nelle strette vie del centro, negli antichi borghi di Trastevere, Trevi, Campo Marzio, Testaccio.

Sono quelle che la tradizione del popolo chiama “madonnelle” e che hanno seguito, e seguono, la storia di questa città. Hanno dispensato grazie e miracoli, tanto che alcune chiese sono sorte intorno al loro culto, come Santa Maria Vallicella, voluta da San Filippo Neri o Santa Maria del Bonaiuto, costruita nel ‘400 da Sisto IV. Per una di esse è stato fondato il Santuario mariano cui i romani sono più devoti:la Madonna del Divino Amore lungo l’Ardeatina.

È bello in questi giorni camminare perla Roma barocca o medioevale e sorprendere le edicole ancora circondate da fiori o piccoli lumi. Nei secoli scorsi rappresentavano anche uno strumento di orientamento. Nella ragnatela di vie, incroci, piazzette e vicoli quando ancora mancava la numerazione civica, che arrivò solo dopo il 1870, le madonnelle rappresentavano un punto di riferimento concreto per la vita del quartiere. Scrive Alessandro Rufini, studioso: “La lampada perpetua messa dai fedeli davanti alle immagini mariane è allo stesso tempo segno di devozione e luce che orienta il viandante”.

Con il passare degli anni alcune di esse furono trasferite all’interno di edifici sacri per essere salvate dalle invasioni straniere o dalla furia giacobina. È il caso di Santa Maria del pianto al Ghetto, Santa Maria dell’ Orazione in via Giulia,La Madonnadella Scala. La più celebre immagine resta la “Salus populi romani” conservata a Santa Maria Maggiore e davanti cui Papa Francesco ama sostarsi a pregare. Lo ha già fatto due volte dall’inizio del suo pontificato.

Il filosofo francese Hyppolite Taine fu scandalizzato da “…gente che non esita ad appendere la figura della Vergine anche nei luoghi più volgari, accanto ai caffè e nelle bettole, tra le salsicce e il prosciutto”.

Romani blasfemi? Ci soccorre il grande Caravaggio. La sua Madonna del Pellegrino, nella chiesa di Sant’Agostino a due passi da Piazza Navona, esprime bene lo spirito del tempo: al candore della Vergine e del Bambino si contrappongono, ma anche si relazionano idealmente, i piedi sporchi del pellegrino. Qui è la genialità del Merisi: il mondo divino si offre ad un’umanità che ha i piedi sporchi, entra in rapporto con il popolo e non ad una umanità idealizzata. Di questo rapporto d’amore tra Mamma e figlio le madonnelle romane sono ‘tracce’ disseminate lungo la città.

 

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