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Storia

GASPARO POETA CI PARLA DI VARESE

FERNANDO COVA - 30/05/2014

Lo stemma visconteo sul Castello di Vigevano

Gasparo Visconti apparteneva al ramo visconteo dei signori di Cassano Magnago e visse tra il 1461 e il 1499. Sposò Cecilia Simonetta, figlia di Cicco. La tragica fine del suocero non impedì al Visconti, discendente della più nobile famiglia milanese, l’accesso a corte, dove godette di una posizione di prestigio quale consigliere ducale: fu tra gli ambasciatori che accompagnarono Isabella d’Aragona da Napoli a Milano, per unirsi a Gian Galeazzo, interverrà anche nel matrimonio di Bianca Maria.

Varie testimonianze di illustri contemporanei riconoscono in lui (piangendone la prematura scomparsa) il maggior poeta della grande stagione milanese di fine Quattrocento, essendosi ispirato nelle liriche al Petrarca cantando l’amore ma senza carattere e personalità.

 Nel decennio 1490-1499 pubblica a stampa le opere volgari, i Rithimi (1493), De Paulo e Daria amanti (1495) e la favola mitologica Pasitea; cura inoltre l’allestimento dei canzonieri, per Beatrice d’Este, moglie del Moro, e per Bianca Moria Sforza, sposa di Massimiliano d’Asburgo.

Il 1° aprile 1495, Visconti offriva al Moro, legittimo signore di Milano, un poemetto in otto libri (ciascuno di 80 ottave): “De Paulo e Daria amanti”.

Quest’opera narra una vicenda nello stesso tempo semplice e complessa: il Bramante ritrova durante il restauro del chiostro di Sant’Ambrogio una tomba, contenente i corpi di un giovane e di una giovinetta unitamente a delle carte che narrano la loro vicenda, carte che il poeta trascrive.

All’interno di questa opera troviamo due accenni a Varese; nel primo vi é una descrizione della città:

“Varese é il borgo apresso al qual la Olona

In fonte nasce e poi discorre in fiume:

Ch’a dincerco de colli una corona

E da l’un lato l’uno e l’altro Biume:

Qui i cibi e l’aer bon: la gente bona

Piena di bon volere e bon costume:

Cum certi lachi e giardinl che ridono

Per quai dordi infiniti al tempo stridono”.

Nel secondo si narra della nascita di Paulo, e l’autore ritiene ci sia da fare “un poco di preludio”.

 Nel primo libro del poema si narra che Giovanni e Luchino Visconti ebbero un fratello naturale “ver bastardo” di nome Antonio che prese in moglie una Bianca Pusterla. La loro unione felice era turbata dal fatto che non avevano figli; Antonio era oltre i 50 anni e Bianca ne aveva 38, pensarono quindi di raccomandarsi a Sant’Ambrogio. Nella notte successiva apparve in sogno ad Antonio un vecchio abitante in una caverna, non sapendo interpretare questo sogno, chiese consiglio al suo confessore Franchino da Como. Quest’ultimo si ricordò che in gioventù aveva avuto un compagno molto virtuoso che si era ritirato “In un monte non longe al Verban stagno / Per acquistar perpetua salute”.

Da moltissimo tempo non aveva sue notizie, ma sapeva che viveva in aspra penitenza e che l’arcangelo Michele gli forniva il nutrimento. Antonio si mette in viaggio per cercare l’eremita; giunto a Varese, città devota ai Visconti, è ospitato in casa Valacchi, casato sconosciuto in Varese. Accompagnato da diversi Varesini trova la grotta e il suo eremita che riconosce nel vecchio apparso nel sogno. Il sant’uomo gli preannuncia la nascita di un figlio che dovrà chiamarsi Paulo.

Antonio torna subito a casa senza sosta “E del figlio al principio satifece / Prima che si slacciasse e sproni e spada”. Al tempo debito nacque Paulo.

Quanto sopra potrebbe costituire la trama di un’altra leggenda da approfondire.

 

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