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Cara Varese

ALBERI DEL CUORE

PIERFAUSTO VEDANI - 19/09/2014

La magnolia fiorita di via Sanvito

La magnolia fiorita di via Sanvito

Ci sono realtà nei luoghi amati in cui viviamo che sono nel nostro cuore sin da quando eravamo ragazzini. Esse sono ben radicate perché il rapporto si è consolidato nel tempo con l’evoluzione delle sue motivazioni, della sua natura. Oggi siamo in ansia per la sorte del piantone che, all’incrocio Staurenghi – Del Cairo, monta la guardia a un accesso al centro storico. Lo guardavamo con simpatia, ammirati, quando genitori e nonni, che ci accompagnavano nelle prime passeggiate nel salotto cittadino, ne lodavano l’imponenza e la sua capacità di richiamare la gente che aveva bisogno di incontrarsi. Un riferimento facile, che si poteva vedere a lontano. E che negli anni abbiamo utilizzato come rendez vous tra amici, per i primi appuntamenti teneri, per sostare tranquilli in attesa che le mogli terminassero gli acquisti, per tante altre semplici ragioni o conversando sul mondo di oggi che cambia in peggio.
Abituati a volergli bene come a un amico fedele, il piantone “ammalato” ci preoccupa e ne seguiamo la cura che vede impegnati gli esperti della scienza verde, eredi di un sapere antico che ha giustamente visto attribuire a Varese, anche per la presenza di una quarantina di parchi, il titolo di Città Giardino.
Tanti parchi, tante piante che si fanno amare in modo particolare, come il cedro del Libano del Parco Mirabello, coccolato da tutti i visitatori o come la fantastica nuvola di bianchi fiori della magnolia che, quasi all’improvviso, ogni anno, nella proprietà Poretti all’angolo Sanvito-Verdi, saluta l’arrivo della primavera. Peppino Meazza, capocronista della Prealpina, rendeva i varesini puntualmente partecipi dell’evento pubblicando la foto della magnolia: unica variazione concessa al fotografo, il caro Oprandi, il punto di osservazione della pianta.
Un quarto albero vede aumentare il numero degli ammiratori: è un corbezzolo a dimora nel parco del castello di Masnago, altra area ben curata, meta dei visitatori delle mostre e ogni giorno frequentata da familiari che sorvegliano bimbi scatenati in giochi e corse.
Oggi c’è anche amore per i cipressi dei Giardini Estensi, non si vorrebbe abbatterli, ma dopo anni ci si è accorti che rovinano l’insieme del parco, sono una stonatura estetica. Per impedire che le motoseghe entrino in azione ci sono giovani Tarzan che si arrampicano sui cipressi e li “occupano”. Se, correttamente, dovessero prevalere le rigorosa ragioni dell’estetica dei giardini alla francese, il taglio dei cipressi si farà.
Domanda dell’ultimo della pista nelle scienze naturali: finirebbe sempre male un eventuale tentativo di trapianto dei cipressi in altro luogo, magari sopra il parcheggio-caverna progettato alla Prima Cappella?
Domanda di uno degli ultimi cronisti già attivi oltre sessant’anni fa: può la Giunta “risarcire” la città del taglio dei cipressi piantandone altrettanti (o altri alberi) in un posto strategico? Verrebbe accettata l’offerta della paternità di una iniziativa analoga presa da privati? Potrebbe essere un primo passo per una “pace verde” scrollata da progetti non convincenti e anche da fattori naturali che preoccupano tutti, come la malattia del vecchio e caro piantun.

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