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Lettera da Roma

COLLETTA PER CHI SOFFRE ED È SENZA CIBO

PAOLO CREMONESI - 21/11/2014

collettaTra una settimana, alla stessa ora più o meno di quando leggerete questo articolo, cento trentacinquemila volontari in undicimila supermercati staranno dando vita a uno dei più grandi gesti nazionali di carità che da diciotto anni attraversa il nostro Paese: la Colletta del Banco Alimentare. Anche a Varese sabato 29 novembre non sarà difficile individuare, grazie a una caratteristica pettorina, giovani e meno giovani al lavoro.

Lo scorso anno sono state raccolte oltre novemila tonnellate di cibo non deperibile. A giugno, a causa dell’emergenza povertà che attanaglia l’Italia e un blocco temporaneo degli aiuti europei, è stata realizzata una edizione straordinaria dell’iniziativa. Il meccanismo è semplice: si chiede a chi entra in un grande magazzino di fare, oltre ai propri acquisti, una piccola spesa da consegnare all’uscita. Le lattine d’olio, le scatole di tonno, pelati, legumi, le buste di pasta e di riso, le confezioni di biscotti, i vasetti di omogeneizzati, i sacchetti di farina e di zucchero vanno a riempire gli scaffali dei magazzini dei vari Banchi regionali per essere in un secondo tempo distribuiti ai poveri.

In questo modo quest’anno ottomilaottocento strutture caritative convenzionate con la Rete del banco alimentare hanno assistito oltre un milione e ottocentomila bisognosi. Un servizio di “Striscia la notizia”, girato qualche giorno fa nelle nostre strutture romane, ha reso efficacemente l’idea del metodo e fatto vedere quanto cibo ogni giorno, che potrebbe sfamare tanta gente, venga invece buttato via.

Fare del bene… fa bene. Prima di tutto a sé stessi (è esperienza comune e che risponde anche alle stesse esigenze naturali il sentirsi meglio dopo aver compiuto una buona azione) ma anche al Paese. Nella storia del nostro popolo la crisi economica, vissuta nel proprio quotidiano, è stata spesso vinta da una più grande generosità e da una condivisione gratuita dei bisogni degli altri. Cinque milioni e mezzo di donatori segnati talvolta da condizioni di vita più faticose, ma non per questo senza speranza, lo scorso anno hanno fatto così un’esperienza di umanità nella possibilità di un semplice dono per chi ha più bisogno.

Mi sento di invitare a questo gesto di carità. Come donatore sicuramente ma anche, perché no?, come volontario. Il sabato della Colletta (entrata in versi anche in una canzone di Van de Sfross) è una giornata di piccoli miracoli: dentro ognuno di quei cartoni c’è un pezzo di umanità che almeno nel momento in cui ha acquistato quel prodotto ha pensato al destino di un altro. A Milano, nei pressi di un semaforo stazionava sempre un padre di famiglia povero, al quale ogni volta don Luigi Giussani donava non meno di cinquantamila lire. “Per il mantenimento agli studi dei figli”, diceva. Un giorno, trovandosi a passare da quel semaforo e non vedendo il solito mendicante, il fondatore di CL (e da una sua idea, insieme all’imprenditore Danilo Fossati, anche del Banco) cominciò a preoccuparsi e a chiedere che fine avesse fatto. Per lui non si trattava di un “barbone” o di uno sconosciuto. Era uomo a tutti gli effetti, perciò un amico.

Sarebbe bello che il nostro rapporto con quel milione e ottocentomila persone che oggi ricevono aiuto dal Banco fosse sempre così.

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