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Pensare il Futuro

MINIERA O FORESTA?

MARIO AGOSTINELLI - 20/03/2015

La miniera di ferro di Carajás

La miniera di ferro di Carajás

L’ossessione del mondo per i minerali è in crescita. Ciò è dovuto principalmente all’avanzare di una nuova classe media globale, principalmente in Asia, che si ispira ai modelli di consumo dei paesi industrializzati. Le popolazioni amazzoniche indigene proteggono e conservano le foreste. Il forte legame tra un popolo indigeno e il suo territorio e il rispetto fondamentale che le comunità indigene hanno verso gli ecosistemi da cui dipendono sono fattori chiave per mantenere la ricchezza ecologica. L’America Latina è la più grande riserva nel mondo di minerali metallici, la cui estrazione mette a repentaglio enormi aree, che garantiscono la sopravvivenza stessa del Pianeta. La resistenza delle popolazioni locali e indigene alle violazioni ambientali è causa della delocalizzazione forzosa di intere comunità, di violenze di ogni genere nei confronti dei giovani e delle donne, di crimini e persecuzioni ai danni degli attori sociali. Nonostante tutto, c’è una resistenza determinata e vitale, nonviolenta, creativa e propositiva, che si alimenta di sempre nuove energie.

Gli impatti ambientali più evidenti delle attività estrattive sono la deforestazione, come accade a Carajás nel Brasile, le enormi quantità di rifiuti residui, l’inquinamento prodotto dalle industrie che compongono la catena estrattiva e l’enorme consumo di acqua. L’arrivo della multinazionale Vale a Carajas con la più grande miniera di ferro del pianeta aveva promesso sviluppo, ma ha portato a distruzione della foresta ed una crescita incontrollata che provoca caos e violenza. Marabà e Parauapebas – le città dello Stato del Pará più vicine a Carajás, sono tra le città più violente del Brasile: in queste città la probabilità di un giovane uomo di essere ucciso da un’arma da fuoco o da taglio, è del 25% superiore a quella dell’Iraq, un paese con uno dei più alti tassi di mortalità da conflitti armati.

La questione sociale si lega a quella ambientale, come affermano i Comboniani che sostengono la lotta degli indigeni amazzonici.

“Negli spazi di resistenza – sostengono Padre Dario Bossi e Danilo Chammas di Justica Nos Trilhos – la questione non è se siamo a favore o contrari all’industria estrattiva. Il fatto è che in un tempo molto prossimo dovremo saper vivere senza miniere, perché le risorse saranno esaurite. Cosa fare nel frattempo? Aspettare quel giorno per risolvere il problema, o trasformare rapidamente e radicalmente il modello estrattivo del nostro continente?” (si veda il bellissimo sito http://www.justicanostrilhos.org/).

 

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