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Opinioni

VITA DI PALAZZO

FRANCESCO SPATOLA - 03/04/2015

pgtE a Varese che ne è del rapporto tra tecnici, “specialisti della realizzazione”, e politici, “specialisti della volontà” (si veda il precedente articolo su RMFonline): è patologico o fisiologico?

 Le polemiche più recenti – dal PGT alla Caserma Garibaldi, ai parcheggi di villa Augusta e alla Prima Cappella, al taglio dei calocedri ai Giardini Estensi, sino ai giardinetti con box in vetro in piazza Monte Grappa, senza contare le quotidiane lamentele su sporcizia e degrado cittadino – hanno puntato sulla parte politica, ma non hanno mancato di sfiorare la parte tecnico-amministrativa del Comune di Varese, colpita dall’apertura dell’indagine giudiziaria, insieme al proprietario dell’area, anche per il dirigente responsabile unico di procedimento nella contestata gara per il parcheggio sotterraneo a servizio del percorso delle Cappelle del Sacro Monte.

Del resto, i ritardi enormi sul PGT vedono esente una struttura tecnica forte di decine di architetti e geometri? E a chi è venuta l’idea di scavare sotto Villa Augusta per farci un parcheggio? Quanto poi al ripristino della visione settecentesca della collinetta dei Giardini Estensi tagliando i calocedri posteriori, c’entra solo il facondo ex-assessore Clerici? È solo l’assessore al turismo che ha progettato il frutteto in vasche per piazza Monte Grappa? Dipende solo dal sindaco-borgomastro leghista se Varese ha le tasse locali più alte d’Italia, senza ombra apparente di spending review? Chi ha davvero abolito le politiche giovanili dai servizi comunali?

E se giornalmente i cittadini pubblicano su Facebook fotografie di protesta per rifiuti abbandonati, aiuole malcurate, buche nelle strade, cordoli e marciapiedi rovinati, piazze e piazzette variamente imbrattate, muri sporchi e sudici, lampadine bruciate, tombini intasati, segnaletica in via di scomparsa, ecc.ecc., che fine hanno fatto i servizi locali di smaltimento rifiuti, nettezza urbana e manutenzione delle infrastrutture comunali?

E come spiegare che, anche nei tempi più recenti e a decenni dalle norme di legge contro le barriere architettoniche, i raccordi tra strade, marciapiedi ed edifici si sfasano talora di quei pochi centimetri che definiscono la continuità o no del percorso, e la possibilità o no per le carrozzine degli invalidi di superare i dislivelli e scorrere in autonomia? Tutta e sempre colpa dei politici di turno, in un contesto di demotivazione e sfiducia diffusa che voci interne definiscono “clima da basso impero”?

Occorre entrare nel merito, dai casi si può risalire razionalmente al modello di ruoli e relazioni che interessano tecnici e politici locali. Il PGT è stato elaborato in sette anni – neanche fosse un processo da tirare in lungo – con elaborazione e redazione di consulenti esterni, anche prestigiosi perché in seno al Politecnico di Milano, ma certo eludendo il coinvolgimento della tecnostruttura comunale se non nelle fasi amministrative iniziale d’incarico e finale d’approvazione.

Dominus assoluto l’assessore, spesosi personalmente fin nelle illustrazioni pubbliche, anche nei rioni cittadini, e nelle interlocuzioni con le categorie professionali; aiutato dai consulenti esterni solo nei momenti istituzionali canonici, con Commissione consiliare e Consiglio comunale, confinando a supporto generale le funzioni della tecnostruttura interna. Assessore come super-dirigente del settore organizzativo di riferimento, che determina tempi e contenuti del provvedimento comunale.

Anche per i parcheggi interrati, a villa Augusta e alla Prima Cappella, scelta localizzativa e tempi d’intervento sono stati imposti dall’assessore competente, e dal contorno politico di appartenenza, al dirigente tecnico formalmente incaricato: in particolare, decisiva per tutti i guai del bunker-park alla Prima Cappella è stata, oltre alla nefasta opzione prioritaria rispetto ad alternative logistiche più in alto (piazzale Montanari), la fretta imposta come tempi d’appalto, che ha costretto a privilegiare la gara al minor prezzo rispetto a più complesse procedure che valorizzassero la competenza tecnica della ditta appaltatrice, con contorno di inchiesta giudiziaria. Che colpa si può addebitare al tecnico comunale se non quella – per carità di patria – di non aver voluto buttare tutto all’aria con gesti clamorosi di ribellione all’imprudenza-prepotenza politica?

Che i calocedri non c’entrassero col disegno originario della collinetta dei Giardini Estensi era mera constatazione tecnica, è spettato all’assessore preposto elaborare le discrezionali valutazioni d’opportunità, con gli esiti scioccanti che si confacevano al suo eloquio scomposto. Mentre le piante da frutto, artificialmente da collocare in piazza Monte Grappa, sono il prodotto discutibile dell’ossessione politica permanente di concentrare nel cosiddetto “salotto buono” qualunque iniziativa di marketing comunale, prescindendo dall’armonia e dalla pertinenza del contesto e dal rispetto per il volto storico-artistico del centro-città varesino; come anche della presunzione politica contingente di attirare a Varese masse di turisti Expò con qualche orpello vegetale bene in vista. Casomai, a cose fatte, si devono apprezzare i tecnici comunali per avere limitato i danni, traducendo l’inesorabile volontà politica in un arredo sobrio e relativamente leggero (salvo dimensioni eccedenti del box in vetro), abbastanza gradevole da evitare il kitch.

Fare poi spending review in un’organizzazione che ha non uno, ma decine di core business come un comune di media entità quale Varese (dalle strade alle fogne a rifiuti-acqua-gas, dai campi sportivi all’illuminazione, dagli asili nido alle scuole materne-elementari-medie e alle case popolari, dalle refezioni all’anagrafe ai cimiteri, dai musei ai concerti ai vigili urbani all’informazione turistica, ecc.), richiede un’unitarietà di visione e capacità implacabile di selezione delle priorità, impossibile se – a causa di governi di coalizione – la struttura comunale è organizzata per assessorati, alle dipendenze di singoli assessori espressione di parti politiche in più o meno benigna concorrenza tra partiti, correnti partitiche, personalismi assessorili.

Assessorati che diventano o rimangono “repubbliche indipendenti”, ciascuna armata sino ai denti per difendere il proprio territorio e sorda alle flebili, subito esauste sirene d’una generica “economicità di gestione”. Cara grazia se i tecnici di ragioneria riescono a forzare “dolcemente” la mano, tenendo in serbo finché in Giunta si litiga e, alla fine, tirando fuori dai cassetti le tabelle pronte coi tagli più o meno lineari, per ridurre al minimo i conflitti e salvare ancora la navicella dalle onde in tempesta finanziaria. E ringraziando l’efficienza estrema dei servizi tributari, che con trasparenza e rigore fanno di Varese uno dei comuni, pur con alti livelli di tassazione, anche con uno dei più bassi tassi d’evasione d’Italia.

Quanto a sporcizia e degrado urbano, e al netto di singoli casi specifici, nell’insieme siamo alle solite: fare le nozze coi fichi secchi è quanto passa il convento, con la capacità strategica che hanno mostrato le Giunte varesine degli ultimi decenni è stato costante il privilegio per il finanziamento di nuove opere rispetto a quello della manutenzione dell’esistente. E i servizi che c’erano già son sempre stati snobbati e sottofinanziati.

Tutto bene i tecnici, tutto male i politici? Certamente la “varesinità” storica, l’idea d’un operare diligente (da “buon padre di famiglia”), sobrio, laborioso e ragionevole, sembra aver influenzato più la tecnostruttura comunale che la sua controparte politica, ad onta della propaganda localista e dell’enfasi identitario-territoriale dei seguaci del Dio Po, che si sono avvicendati al governo del Comune nell’ultimo ventennio.

Ma non ci si può consolare, né accontentare, che i soldati “tengono”, se poi “sballano” i capi di stato maggiore, il “vertice politico-strategico” dell’esercito in campo. E generali e colonnelli, quelli che stanno in mezzo, il “vertice tecnico” della truppa, che ruolo hanno? È un intero meccanismo, di sistema istituzionale e organizzativo, che non va: l’ho sperimentato sulla mia pelle in trentasei anni di servizio comunale, “a m’arcord”; ma non è questione personale, è una questione cruciale per efficacia, efficienza e democrazia locale. L’anno prossimo, col rinnovo elettorale, cambia tutto o cambia niente? Bisogna tornarci su, rivedere il percorso.

(1- continua)

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