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Attualità

LA PARROCCHIA DA SERVIRE

EDOARDO ZIN - 17/04/2015

prete_1Sono salito quassù per trovare il “mio” don. È amico di vecchia data. Ha settantotto anni, ma il vescovo gli ha permesso di restare ancora in mezzo alla sua gente. Non dimostra i suoi anni, se non fosse perché porta ancora la lunga talare nera. Da più di vent’anni ha scelto di vivere in questa piccola parrocchia, dopo aver servito le anime di una grossa comunità cittadina.

Vecchie case ammucchiate attorno alla chiesa e al sagrato, vecchio cimitero.

“Qui la gente non è calda come in città, piuttosto chiede conferme e riprove. Ha una stabilità, una tradizione, un buon senso e un ordine notevole nella mente. – Mi dice don C.

Anche quei pochi giovani che scendono in città e rientrano alla sera vogliono farsi una fisionomia secondo il modello alla moda, ma contemporaneamente desiderano conservare la propria e renderla migliore. La maggior parte ha un ritegno tipico della gente abituata al risparmio. Mi intratterrei volentieri con loro sul sagrato per un dialogo spesso più proficuo dell’omelia, ma non sono espansivi: le donne chiacchiere volentieri dietro la grata del confessionale e per scambiare quattro chiacchiere con gli uomini devo cercarli al circolo.

Io sono rimasto essenzialmente uguale: presiedo l’Eucarestia domenicale, preparo i bambini si sacramenti, spiego la Parola di Dio. Ci sono ancora amici che vengono a trovarmi soprattutto per confessarmi le loro colpe e mi affanno perché l’incontro nella riconciliarzione sia un incontro con Dio.

Sai, non mi è piaciuto quel tuo pezzo contro la chiesa matrigna: la chiesa è sempre madre e santa, non perché i suoi membri siano santi, ma perché Cristo, di cui essa è il sacramento, è il Santo. I mezzi che la chiesa dispone, la liturgia e i sacramenti, sono stati affidati a lei perché dal suo interno fiorisca la grande santità, quella da altare e quella sconosciuta.

Te la sei presa con i teologi. Sì, è vero abbiamo oggi troppi studiosi della Parola e pochi suoi servi. Hai scritto che la fede dalle nostre parti è ancora troppo legata al sacro e le sue istituzioni sono burocratizzate. Sono d’accordo con te.

Ciò che mi preoccupa maggiormente però è che la lezione di Papa Francesco non sia ancora stata appresa dalla chiesa italiana. Dopo la “nuova primavera” di Papa Giovanni, Francesco stupisce per i suoi gesti, sorprende per le sue parole.

Voi laici gioite per il suo nuovo stile: per la sua veste sobria, la croce pettorale di ferro, l’abbandono del palazzo, del trono, della corte, ma non vivete la sua umanità e non vi esprimete con la sua franchezza. Continuate ad abbarbicarvi come l’edera ai campanili, restate chiusi nelle sacrestie, ma non uscite verso “le periferie”.

Ti ricordi, al tempo del Concilio, quando, pieni d’entusiasmo, avete scoperto il vostro ruolo nella chiesa? Volevate costruire con giustizia e denuncia un mondo di pace, di accoglienza. Volevate una chiesa per i poveri, per gli ultimi, ma col tempo avete delegato tutto a noi preti.

Il vostro campo doveva essere la famiglia, la cultura, l’arte, il lavoro, la professione, il sindacato, la politica. Consideravate tutto ciò non una sorta di parentesi della vita cristiana, ma un vostro dovere che usciva dal cuore stesso del messaggio cristiano.

Noi contavamo su di voi, sulla vostra competenza, sul vostro aiuto per scoprire le “cose di quaggiù”. Noi ci saremmo dedicati all’Eucarestia e alla Parola necessarie per costruire e vivificare il popolo di Dio. Ed invece vi siete lasciati intrappolare da noi preti. Dopo la primavera conciliare, ci avete ridato il potere e così le comunità si sono clericalizzate. Anche voi vi siete uniformati e siete diventati bravi solo a pulire le chiese, a tenere aperto il bar dell’oratorio, a organizzare le feste patronali, a reggere il baldacchino durante le processioni, al massimo a essere catechisti o lettori.

Tanti amici si sono rassegnati a sottomettersi, confondendo l’ubbidienza con l’appiattimento; altri hanno dialogato con chi era giudicato “vicino alla chiesa” per le sue posizioni e avete finito di realizzare una politica non al servizio dell’uomo, ma dei potenti di turno che si sono serviti di voi per raccattare voti e fare i propri interessi. Per un ventennio abbiamo assistito alle imprese di un movimento laicale che, con la nostra complicità e dei vescovi, si è alleato con un individuo pronto a difendere i valori cosiddetti cattolici pur di riempire le piazze, cercare il successo e conservare il potere.

Altri amici hanno tentato di “sacralizzare” tutto, anziché vivificare – come il lievito della pasta – ciò che di buono e di umano c’è in ogni realtà. Si sono alleati con gli “atei devoti” per deplorare la frammentazione dei valori, il nichilismo, la cultura di morte contribuendo non al confronto, ma allo scontro e acuendo lacerazioni interne alla comunità cristiana.

Volevate un’opinione pubblica della chiesa e vi siete limitati ad organizzare convegni e settimane sociali dove avete ascoltato cardinali, vescovi, professori universitari, ma dove è mancato il confronto, il dibattito, la riflessione, il discernimento dei problemi per verificarli alla luce del Vangelo. Papa Francesco vi supera nel parlare chiaro, con franchezza!

Nei consigli pastorali, convocati e presieduti dal parroco, studiate strategie, programmate piani pastorali come se la parrocchia fosse un comune da governare e non una “diaconia” da servire per costruire con tutti un mondo più abitabile.

Solo una minoranza di voi si è confrontata con chi non crede e ha creato, con faticosa e fedele perseveranza, di tradurre il Vangelo in mezzo ai feriti nel cuore.

Papa Francesco, smantellando l’ultima monarchia assoluta e la chiesa di ogni trionfalismo e forma di potere, dimostra con i gesti che lui non è sopra la chiesa, ma dentro la chiesa che serve nella collegialità e nella carità. Ci sono anche nella nostra chiesa tanti preti che hanno “l’odore delle pecore e il sorriso del papà”: sono costoro che seminano speranza anche a chi non ha fede.

Vorrei dirti tante altre cose, ma l’autobus ti aspetta… vivi la tua quarta età nel silenzio, accanto a tua moglie, ai tuoi figli e nipoti, ma non perdere la grinta: sii vigilante, fuggi i discorsi contorti, il tuo parlare sia diritto e franco, anche se può apparire sgradevole. Io pregherò per te perché stanchezza e rassegnazione non ti attanaglino. Tu stammi vicino: anche noi preti abbiamo bisogno del conforto dell’amicizia”.

I pensieri di questo prete sbocciano nel mio cuore come i fiori del pesco che mi attorniano e lo rendono fresco: è la primavera che echeggia in me e, nel ricordo del passato, il presente si fa più vicino.

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