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Cultura

SERODINE, IL CARAVAGGESCO

ROSALBA FERRERO - 24/07/2015

 

La monumentale Incoronazione della Vergine dipinta da Serodine nel 1628 domina la mostra in essere alla Pinacoteca Züst di Rancate. La grande tela, di proprietà della chiesa dei santi Pietro e Paolo ad Ascona, attualmente oggetto di lavori di restauro, temporaneamente in deposito alla Züst è collocata al centro della sala del pianterreno ma, data l’altezza, offre una visione frontale al visitatore che si affaccia dalla balconata del primo piano senza essere costretto a contemplarla con il naso all’insù, come ad Ascona.

La Pala, secondo la concezione drammatica secentesca, propone una scena di gruppo ad alta intensità emotiva; Serodine dipinge i personaggi naturalisticamente, li colloca in una dimensione spaziale suggerita da piani di luce, avvolti in drappi svolazzanti, in veri fasti sartoriali, fa uso ricco del colore che spande con colpi pronunciati di pennello.

L’allestimento della mostra è decisamente innovativo e facilita raffronti fra le figure che dialogano tra loro da una tela all’altra, come il Cristo redentore, presente nella Pala citata, e i volti di santi raffigurati nelle opere esposte nel mezzanino.

Dieci le opere autografe, metà dell’intera produzione del pittore che scomparve nel 1630 a poco più di trent’anni di età, ma che nel breve arco della vita, diede prova di sicura maestria. La Vergine dei Mercedari, il Ritratto di un giovane disegnatore e il San Pietro in meditazione, tele già da tempo visibili a Rancate perché di proprietà della Pinacoteca, poste accanto al Cristo, recentemente donato alla pinacoteca, al Ritratto di Cristoforo Serodine al Il rimprovero ai figli di Zebedeo…

La Züst si propone con questa mostra come un ‘centro serodiniano’ volto ad approfondire la conoscenza del pittore asconese attraverso ricerche ed esposizioni sempre di elevato livello, accompagnate da studi volti a colmare la lacuna determinata dagli oltre trecento anno di silenzio che seguirono la morte del pittore, dall’oblio: nel 1891 una sua tela fu indicata come opera di “un pittore di scuola veneziana… Un nome nuovo ignoto pressoché a tutti”.

Se la riscoperta artistica avvenne nella metà del XX secolo, a opera di Roberto Longhi che lo definì “il più forte pittore del Canton Ticino e uno dei maggiori… rappresentanti del movimento caravaggesco, al livello di Rembrandt e Soutine”, ci sono ancora molti punti da indagare.

Sulla vita del pittore ci sono molti vuoti, a partire dalla data di nascita, collocata ora nel 1594 ora nel 1600; o dal luogo di nascita, Ascona, “terra d’origine della famiglia” o Roma, ove il padre visse tra il Cinque e il Seicento; certa è solo la data della morte, avvenuta nel 1630, e certa la presenza a Roma dove lavorò col fratello Giovanni Battista, scultore e stuccatore e ove ricevette varie committenze, tutte documentate: i fregi, in gran parte perduti, a Palazzo Borghese o un ciclo di affreschi per l’abside di Santa Maria della Concezione in Spoleto, per i quali è presente nei libri dei pagamenti del 1626.

Certo è che la formazione di Giovanni Serodine risente del soggiorno romano: che conobbe Caravaggio e Borgianni, Guercino e Saraceni, Ter Brugghen e van Honthorst, della scuola olandese, fondamentali per la scelta del suo linguaggio espressivo: il luminismo che elabora in modo personale; orientandosi verso un realismo contraddistinto da una attenzione quasi maniacale per i dettagli – mobili, tappeti, strumenti musicali, piante e fiumi – e giocando con luce e colore, genera l’illusione della plasticità e ottiene la profondità spaziale.

In ogni dipinto si nota la forte tendenza naturalistica; nel Cristo deriso, la luce violenta colpisce le figure che emergono dal buio in una forma tridimensionale e paiono sporgere oltre il piano visivo del quadro.

Lo sfondo scuro, monocromo, è un elemento marginale rispetto ai personaggi, veri e soli protagonisti della composizione: l’oscurità lascia appena intravedere gli ambienti mentre la luce radente definisce l’esatta fisionomia dei personaggi e la precisa posizione degli oggetti.

La pittura permeata dalla luce crea atmosfere di forte intensità emozionale: nel Cristo tra i dottori o nel ‘San Pietro in carcere’ i corpi si stagliano nel buio della scena e paiono proiettati verso lo spettatore in un drammatico e intenso immobilismo che ne sottolinea la plasticità; in Cristo rimprovera i figli di Zebedeo e in Arrivo nella locanda di Emmaus i volti interlocutori e drammatici sono disegnati dalla luce; il tratto è sicuro, il colore spesso e pastoso, le pennellate dense e rapide.

Accompagna la mostra un ampio catalogo, frutto di ricerche su documenti storici e artistici, su materiale pubblicistico, su studi precedenti, condotte da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa che hanno indagato tutte le opere di Serodine in un lavoro esaustivo di schedatura con l’obiettivo di permettere una comprensione più profonda del maestro. L’opera che ne risulta è una vera e propria monografia, con schede filologiche precise ed esaurienti, corredata dalle accurate fotografie di Roberto Pellegrini e da una ricchissima bibliografia.

Una particolarità: il catalogo è disponibile con la copertina in due versioni che riproducono due diversi particolari della pala di Ascona: su una copertina domina San Paolo, che punta il dito sul nome Serodine, sull’altra è raffigurato un dettaglio paesaggistico, il delta della Maggia, il corso d’acqua che sfocia nel lago Maggiore ai Saleggi.

Serodine nel Ticino – Pinacoteca Züst – Rancate – 31 maggio – 4 ottobre 2015

Chiuso il lunedì. Festivi aperto – Luglio e agosto: 14-18 – Settembre e ottobre: 10-12 e 14-18

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