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Attualità

LETTERA A GESÙ BAMBINO

EDOARDO ZIN - 23/12/2015

letterinaCaro Gesù Bambino, è da più di sei decenni che non ti scrivo. Una vita! Tu sai che gli anziani diventano come i bambini e non mi vergogno di dirti che provo nostalgia per i Natali della mia infanzia.

Ricordo benissimo che, piccolo, ai primi di dicembre andavo dal cartolaio a comperare una di quelle letterine tutte contornate da angeli e decorate di lustrini argentati: su quel foglio dovevo scrivere ringraziamenti e scuse. Doni non li chiedevo perché quelli me li avrebbe portati la Befana! Lo schema era sempre uguale: “Grazie per… Scusami se… Ti prometto che…”. Mia mamma mi stava accanto, attenta che la “C” di “caro” toccasse bene il rigo superiore o che la “P” di “prometto” non superasse il rigo inferiore. Il pennino cricchiava sul foglio, mentre fuori correva il crudo tempo dell’inverno e la galaverna ingentiliva gli alberi, le siepi, la gramaglia rattrappita. Nella grande cucina ci riscaldava il vecchio, nero e fuligginoso camino totalmente diverso dal “caminetto” che oggi ingentilisce il salotto di tante case.

Da quei giorni ho fatto tante volte il presepio, ho comperato statuine di gesso che oggi non si trovano più, sono andato in cerca di muschio con i miei figli, ho comperato da un artigiano della Val Gardena una nuova capanna e nuove statuine da un arabo di Betlemme, ho avuto regali su regali, ci siamo scambiati auguri vuoti intrecciati con auguri sinceri, ho sentito suonare campane a festa…

Oggi non si vive più quell’attesa, non si sente più aria di novità, non c’è più il desiderio di bontà. Già agli inizi degli anni sessanta, un bravo scrittore che a me piace scriveva: “Ce n’é troppo di Natale!” e descriveva la baraonda che si respirava nelle strade e nei grandi magazzini così tanto impertinente da fare rientrare in cielo il bue e l’asinello, scesi in terra per esplorare il Natale degli esseri umani.

Ogni anno di più, in barba alla crisi, quel pandemonio è aumentato: schiamazzi si alternano alle stantie nenie del falso pastore, la folla si arresta davanti a ambientazioni cartellonistiche: la neve, il freddo (ma sarà poi vero che tu sei nato in inverno?), gli abeti scintillanti di luci. E poi ci sono gli eventi (li chiamano proprio così, mascherando l’unico evento autentico che ha cambiato il mondo: la tua nascita!): concerti, presepi viventi, mercatini, l’arrivo di Babbo Natale venuto da lontananze nordiche… Sono indignato per questo natale corrotto e corruttore (sì, indignato, perché il tuo Spirito per molti è una brezza leggera, ma in me soffia come un vento gagliardo e rabbioso!). Sono indignato perché da consumistico il Natale si trasformando in ipocrisia.

È l’ipocrisia che regna nel cuore di tanti cristiani che protestano contro gli stranieri accusati di rubarci la nostra identità e che pateticamente cantano “Tu scendi dalle stelle…” davanti a una scuola il cui dirigente scolastico non ha permesso il concertino natalizio. È l’ipocrisia che rode il loro animo colmo di diffidenza e di odio, atteggiamenti non certo cristiani, che possono trasformarsi in risentimento, terreno su cui cresce l’ingiustificata violenza. È l’ipocrisia che li porta a difendere i nostri segni religiosi che vengono strumentalizzati per raccattare qualche voto.

Queste donne impellicciate e questi uomini che, una volta all’anno, la notte di Natale, riempiono le nostre chiese e ostentano il loro obolo generoso, versandolo nel cestino delle offerte, avviliscono il Mistero. Tu li salverai lo stesso perché sei misericordioso e magari condannerai me perché sono troppo severo con loro; ma tu mi conosci bene, caro Gesù Bambino, non mi sono mai rassegnato davanti a questa fiera della mondanità e a questa truffa che scambia la tua venuta in terra in occasione di consumo e di spreco.

Non è questo il Natale che ci fa nuovi, quello che ci rivoluziona dentro, quello che ci fa essere uomini che non si annoiano perché hanno a disposizione la novità dell’Eterno. Di te abbiamo fatto un Cristo innocuo, che non disturbi, un Cristo ornamentale, che assecondi i canoni di un’umanità spendacciona.

Sono l’eccessivo consumo e lo spreco infatti che offuscano la bellezza del Natale. È questo smodato sperpero che ha tolto ai bambini lo stupore e l’emozione. Non sgranano gli occhi e non schiacciano più il naso contro le vetrine dei giocattoli: ne hanno così tanti a casa…!

La bellezza, poi, si fa col buon gusto più che col danaro. Come vorrei entrare in una chiesa, in questa notte di vigilia, e trovarla sfavillante non di rose di Natale rosse, rose, bianche, dorate, ma decorata con i rami degli abeti, le bacche e le pigne dei nostri boschi, le cortecce dei nostri alberi! La povertà non è squallore! E per quanto riguarda i regali, tu sai, Bambino caro, che mi piace riceverli e farli. Non li rifiuto quando sono espressione di generosità e di umiltà, di attenzione e di accoglienza, di senso di amicizia e di debito.

La nostalgia, l’indignazione non servirebbero se io (e tu lo sai!) non avessi dentro di me il rimpianto per aver compreso solo in età matura la grandezza del Mistero della tua incarnazione. Sei stato mandato dal Padre per salvarci facendoti uomo come noi: tua madre ha portato in grembo e sentito crescere per nove mesi te che appartenevi al disegno di Dio. Giuseppe, suo sposo, sapeva che tu non eri stato concepito dal suo seme e ha capito, accettato e ubbidito. Ha detto”sì”, come Maria, al piano di Dio. Tua madre e Giuseppe non sono come certe coppie d’oggi che desiderano a tutti i costi un figlio, non lo possono avere e pretendono di possederlo, come se fosse un diritto e non un dono del Padre che crea ciò che un uomo e una donna generano.

Tua madre ti ha partorito in una notte in una greppia perché “per loro non c’era posto”, proprio come oggi decine di donne partoriscono figli sui barconi che attraversano i mari e che trasportano uomini e donne che fuggono dalla guerra e dalla miseria. La tua nascita ha comportato per lei e per Giuseppe sacrifici, notti in bianco, ansie, pesi.

Questa notte non è un evento scontato, ma ci riporta al cuore della nostra fede. Non è una storia privata, ma la storia del mondo. Tu sei qui con noi, ogni giorno come il giorno della tua nascita a Betlemme.

Vieni, caro Gesù, nella nudità per dirci che la sola ricchezza è l’uomo. Nasci, piccolo bambino, fra gli oppressi per dirci che qualsiasi persona è preziosa perché carne come la tua. Vieni a reprimere le umiliazioni di tanti poveri che perdono la loro dignità, la miseria di tanti ricchi, la rassegnazione di

tanti annoiati, la mediocre superbia dei potenti di turno. Vieni a trasformare questa società che per arrivare a te deve ritrovare l’uomo, che non è atea perché non crede più in te, che sei l’invisibile, ma perché non ama più l’uomo che gli è accanto. Vieni a soccorrere la tua chiesa che amo come madre e maestra purché sia povera come tu la vuoi, vicina ai poveri, innamorata dei poveri.

Tu non puoi non venire. È così la legge dell’amore.

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