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Noterelle

L’ARTISTA CHE SA VEDERE

EMILIO CORBETTA - 22/04/2016

Piero Cicoli

Piero Cicoli

L’uomo artista sa vedere il bello che lo circonda, lo vive e lo sa creare.

Vocazione dell’uomo è la ricerca della felicità nella vita e questa ricerca è intimamente legata alla bellezza che l’uomo riesce, pur nei limiti dei suoi sensi, a vedere nell’universo, (nel globo terrestre, quindi) nella natura. Ma la sa cercare e vedere anche dentro se stesso, nel suo intimo.

Tutti naturalmente abbiamo questa vocazione, ma l’artista con la sua sensibilità sa viverla più intensamente e sa, diciamo con frase un poco infelice, “buttarla fuori”, evidenziarla, mostrarla agli altri. In lui c’è una capacità, una percezione, una sensibilità particolare, che talvolta sfiora la sofferenza, tanto la sua personalità viene coinvolta.

Con quali mezzi si esprime l’artista? Tantissimi! Generalmente mediante le varie metodiche che implicano i nostri sensi: dalla musica per i suoni, dalla grafica, alla pittura, alla fotografia e altro per il vedere. Con la scultura si arriva a coinvolgere, oltre alla visione, anche il tatto. Con la letteratura, con la poesia viene coinvolta la nostra mente, il nostro cuore. Ma tutta l’arte, in un modo o nell’altro, arriva a questo livello. Prende tutto il nostro essere.

Abbiamo detto che l’artista cerca il bello, vive il bello, lo realizza nell’opera d’arte, che prima non c’era e poi compare, viene creata. Il frutto del suo lavoro deve essere visto, gustato, apprezzato, criticato dagli altri. Forse è riduttivo quanto sto dicendo, perché la bellezza può essere trovata in moltissime attività umane, perfino nella fredda matematica, nelle scienze ed altro. Un mio amico ingegnere apprezzava le linee di forza di un traliccio, “si scioglieva” addirittura ammirandole, … ne vedeva la precisione, lo slanciare i calcoli nel cielo! Vien da sorridere, non è vero?

È facile vivere l’arte, la sua leggiadria? Non sempre. Ai nostri giorni l’espressione artistica, molto più libera rispetto ai tempi passati, ha molto complicato le cose invece di semplificarle, per cui soggetti sempliciotti e ottusotti come lo scrivente faticano molto a leggere certe opere. I linguaggi dell’arte si sono moltiplicati nel tempo, favoriti dalle tecnologie moderne come la già citata fotografia, la cinematografia, la televisione, l’elettronica ed altro.

Ma perché questi miei pensieri, che ovviamente non pretendono d’essere perfetti, anzi, sono molto opinabili e relativi?

La scomparsa di nostri artisti varesini, a mio giudizio molto bravi, onesti e sinceri, tra cui proprio recentemente Piero Cicoli, mi ha fatto soffrire, coinvolto intimamente, spinto a meditare l’importanza dell’arte appunto nella vita quotidiana. Come non amare una persona come quella di Piero? Come non ricordare Enrica Bonacina, Sergio Colombo, Arioli, Ettore Liuzzi e molti altri?

In effetti questa spinta alla ricerca del bello, con tutto il suo raccontarlo, dipingerlo, suonarlo, scolpirlo, imprimerlo negli oggetti che ci circondano, nelle case che abitiamo, negli eventi (dai più banali ai più sofisticati) della quotidianità, fa sì che si tenda a migliorare questa vita unica, irripetibile, intimamente legata ai nostri sensi, al nostro corpo, a questo relativo esistere, che chiamo relativo perché sembra andare verso il nulla o invece sta andando verso una felicità indescrivibile, incomprensibile, infinita?

E sempre si resta affascinati nel constatare che l’opera dall’artista supera la brevità del tempo che è stato donato all’artista stesso, continua a coinvolgere i rimasti nell’essere, prosegue a dialogare con loro. Purtroppo l’opera d’arte rimane fragilissima. Sufficiente un pugnetto di dinamite come successo di recente, o anche più semplicemente un martello, o una collocazione sbagliata per farla scomparire, ma in qualche modo il bello evidenziato ha valorizzato, guidato, consolato, stimolato l’esistere umano, e non è poco.

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