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Cara Varese

FARE SQUADRA

PIERFAUSTO VEDANI - 27/01/2017

garibaldinoTutti vogliamo una Varese più vivibile, tutti ci lamentiamo per situazioni facilmente superabili poi ci accorgiamo che il tempo passa e la città non offre quell’immagine di sé stessa, cioè di noi, invocata, auspicata da tanto tempo. Accade forse perché aspettiamo che siano istituzioni e servizi civici a farsi carico di compiti molto semplici che invece ci spettano come membri della comunità.

È legittima la protesta per la somma di imperfezioni e trascuratezze che oggi turbano occhi e sentimenti di varesini che non hanno dimenticato i giorni in cui eravamo una città piccola ma dai grandi primati, a cominciare da quelli della buona educazione e del rispetto, fondamento di qualsiasi rapporto umano, anche il più semplice.

Si protesta, ma poco o nulla si fa per evitare piccoli segnali di imbarbarimento che si radicano in comportamenti accettati come manifestazioni di libertà e di democrazia quando in realtà ne sono l’esatto contrario.

Sembrava negli Anni 90 che la Varese del boom fosse stata una colpa, addirittura la radice dei mali e quindi che il recupero di valori che furono della civiltà bosina dal remoto passato avrebbe garantito un grande balzo in avanti.

Senza storia e senza cultura non si va lontano, i nostri lunghi anni del belato leghista lo hanno ampiamente dimostrato. E rendono difficoltosa ancora oggi la ripartenza del Nord Ovest di Lombardia declassato a paggetto del potere centrale che ha sede a Milano.

Oggi ci ritroviamo con le mani pulite -in questo la Lega è stata esemplare- ma con la bussola guasta, i motori al minimo e tanti problemi, la cui mancata realizzazione va ben oltre i danni di un teatro non costruito, di punti del centro storico della città dominio di truppe occupanti, di strade e piazze contaminate da stili di vita che richiamano a volte quelli drammatici di grandi periferie nazionali.

Non solo nulla si è fatto per rimettere Varese sulla rotta di una tradizione positiva, ma addirittura sono stati indeboliti solidi riferimenti, le travi portanti di servizi alla collettività di fondamentale importanza come quelli della salute pubblica e dell’istruzione a livello accademico proprio nell’area più delicata, quella della formazione dei medici.

Davanti all’occupazione della sanità lombarda da parte del clan formigoniano per anni si è rimasti genuflessi e si è accettato che il nostro ben collaudato sistema assistenziale venisse depotenziato complice il silenzio claustrale anche e soprattutto di chi avrebbe dovuto difendere una bella storia sanitaria locale. Storia secolare e che già nel 1911 si affacciava a livello nazionale con un nuovo avveniristico ospedale generale e che pochi decenni dopo avrebbe consentito assoluta avanguardia europea nel settore psichiatrico grazie a un secondo modernissimo ospedale realizzato in viale Borri.

Oggi non si sa ancora se sarà salvato un centro pediatrico come il Del Ponte, si buttano soldi per cementificare ulteriormente l’area del Circolo mentre il degrado si sta impadronendo di strutture che mai lo avrebbero conosciuto se Milano avesse rispettato la nostra cultura sanitaria e i maestri di scienza medica costretti ad accettare di preparare nuove generazioni di sanitari avendo a disposizioni pochi letti per il ricovero degli ammalati.

Che cosa debbono fare oggi i cittadini e gli operatori dell’informazione davanti ai due aspetti dello stallo del nostro territorio e della città in campo urbanistico e sanitario?

Mai stancarsi di denunziare con correttezza formale e sostanziale i vuoti di partecipazione alla gestione del potere da parte dei cittadini elettori, vuoti che emergono per l’ignavia della politica e anche per l’assenza di iniziative che richiamino altre istituzioni ai loro precisi doveri.

Sono tempi in cui occorre fare squadra anche con chi non ci rappresenta come ideologia e sensibilità: può essere decisivo per la rinascita di Varese. È il momento dell’unione e della buona battaglia da combattere per la comunità, cioè per tutti.

A questa battaglia di civiltà e di democrazia non manchi l’attenzione di istituzioni tradizionalmente autonome. Non possono disinteressarsi di situazioni e problemi per i quali i singoli cittadini soffrono perché viene loro a mancare la tutela per il tramite dei partiti. In un sistema pubblico e democratico il diritto di un singolo può e deve essere il diritto di un’intera comunità.

E la comunità formi cittadini migliori attraverso la famiglia e la scuola. Sarà un bel giorno per Varese quando vedremo figli e nipoti lasciare le aule non per insipide proteste ma, armati di scope, puntare su precisi obiettivi da ripulire, anzi da riconquistare.

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