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Cara Varese

LA DISARMONIA CON BUSTO ARSIZIO

PIERFAUSTO VEDANI - 10/03/2017

varesebustoMilanese, sfollato a Como dopo il primo grande bombardamento angloamericano di Milano nell’ottobre del 1942, ero ancora molto giovane quando anni dopo radio e giornali cominciarono a occuparsi di Busto Arsizio. Lo fecero grazie alla squadra di calcio della Pro Patria approdata alla serie A, traguardo conquistato in quell’epoca anche da altre “piccole” del Nordovest lombardo come Legnano e Como, essi pure centri industriali di importanza nazionale. Varese in seguito avrebbe completato il fantastico poker.

A spiegarmi Busto Arsizio fu mio padre, uno dei dirigenti della più importante industria serica di Como, allora capitale del pregiato tessuto. “A Busto ci sono imprenditori molto preparati, intelligenti e coraggiosi perché il settore del cotone è molto difficile: dipende infatti anche da numerosi grandi interessi internazionali e le crisi sono più frequenti rispetto al mondo della seta”.

Altri aspetti della realtà bustocca li conobbi al mio arrivo a Varese dove scoprii anche l’esistenza di una forte ma silenziosa rivalità tra il capoluogo e Busto Arsizio che si traduceva in una netta separazione, in qualsiasi campo, tra le due comunità.

A evitare complicazioni ci pensava l’area del Gallaratese, per tradizioni e lingua vicina a Varese e comunque assolutamente non ostile ai bustesi che, a parte il loro dialetto dalle origini ben diverse, si sentivano più che altro espressione di un Alto Milanese appioppato ai bosini nel 1927, quando la Città Giardino divenne capitale di provincia.

Dopo quasi 60 anni in quasi tutti i settori delle attività non si registrano avvicinamenti, non dico collaborazioni, tra notevoli due realtà sociali e politiche come Busto e Varese; forse si è attenuata la rivalità, ma con una sola eccezione, peraltro esemplare e importantissima, lo scorrere del tempo non ha portato svolte dal momento che non si ricordano iniziative di rilievo tese a dare maggiore e migliore consistenza a situazioni già di per sé di notevole pregio e profilo ma che sarebbero determinanti per lo sviluppo e la qualità della vita dei territori.

Credo sia sufficiente accennare a Malpensa e ai collegamenti per capire il peso che avrebbero avuto iniziative, progetti e comuni azioni di difesa degli interessi delle città se tutela e sensibilità fossero state emanazione di un raggruppamento politico saldamente alleato.

Continua oggi a funzionare il detto “Ognuno per sé e il Padreterno per tutti”: accade però che le singole coperture politiche siano ben diverse, più incline al sodo e ai veri interessi locali quella dei bustesi, consistente invece e utile come quella dei salotti del ‘700 quella di noi bosini, ancora in parte preda della grande illusione leghista e con alle spalle una storia ricca di pagine nere dovute a negatività di chi fu designato a rappresentare la nostra comunità nelle istituzioni.

Varese si è spenta politicamente con i problemi innescati dalla partitocrazia verso la fine della Prima Repubblica e il tuffo è continuato con lo zerismo leghista: abbiamo avuto anche non poche brave persone a guidarci, ma il Carroccio ci ha appiattiti sui suoi interessi nazionali e regionali bloccando lo sviluppo del nostro territorio, facendoci retrocedere anche nella quantità e nella qualità dei servizi.

A Busto sembra che si sia lavorato meglio, politicamente si è conquistato peso maggiore, l’intero Centrodestra ne ha tratto vantaggi non rinunciando mai a un localismo attento alle problematiche del territorio. Basta pensare alla delicatezza con la quale Milano sta cercando di introdurre la riforma sanitaria a Busto e Gallarate. A Varese, con una politica del silenzio che mi ricorda anche la viltà, hanno invece avviato la riforma azzoppando l’ospedale, cementificando zone urbane già asfittiche. Gli elettori una volta di più traditi.

Molto meglio sarebbero andate le cose se Busto e Varese avessero agito di comune accordo, se gli steccati fossero stati abbattuti da tempo. Non accadrà nemmeno in futuro perché non si riflette su quanto è fiorito nel mondo delle attività imprenditoriali,

dove unendo le forze si è raggiunto un record di efficienza e potenza economica e sociale. Anni or sono gli industriali di Busto e di Varese hanno dato vita a un’unica associazione, oggi la terza in Italia per importanza! Si sono fatti pure una Università di livello europeo, hanno credibilità e autorevolezza, sono un punto di riferimento, non solo nazionale, dei mondi del lavoro e della cultura. Quando venne votata l’unione delle due associazioni su diverse centinaia di iscritti solo due furono contrari.

Alla guida della nuova Unione si alternano presidenti di grande preparazione, tutti provengono da una scuola che accoglie e fa crescere chi ne rispetta i valori e gli scopi. È la scuola del lavoro vero, dove il senso di responsabilità è un cardine fondamentale.

In passato a Varese imprenditoria e professioni hanno dato alla politica vere eccellenze ed è accaduto anche a Busto Arsizio, ma non si è pensato mai di unire le forze delle due città.

Ci si può provare. Non ci sono interessi contrastanti. E l’inizio di quella che potrà diventare una scelta importante abbia pure temi leggeri da affrontare: è fondamentale conoscersi bene e soprattutto darsi la mano.

Mi rendo conto che sono quasi all’utopia se penso che l’Unione Industriali prima di realizzare l’ateneo a Castellanza contattò anche il nostro Comune. Un gesto di pura diplomazia? Forse, ma non fu nemmeno capito come tale. D’altra parte era la Varese che ostacolò l’arrivo della Facoltà di medicina da Pavia, che negò un premio a Ermanno Bazzocchi, genio dell’aeronautica e leader della Macchi, ritenuto un militarista!

Fu poi un uomo del Sud della provincia, ottimo presidente a Villa Recalcati, il leghista Massimo Ferrario, ad aiutare concretamente l’Università dell’Insubria e a premiare l’ingegner Bazzocchi presenti rappresentanti della pattuglia acrobatica che sbalordiva il mondo con gli aerei realizzati a Varese.

L’inadeguatezza di numerosi politici varesini della Seconda Repubblica si manifestò ben presto, certe loro incongruenze furono anche divertenti, ricordo il pomposo annuncio da parte del primo cittadino (leghista) dell’apertura di un ufficio dedicato all’Europa di tutti, senza confini, seguito però poco dopo da una zuffa con il collega di un Comune confinante per la proprietà di poche decine di metri di terreno lungo il raccordo autostradale.

Sarebbe comunque bello che Busto e Varese lavorassero in armonia a un grande progetto di comune interesse, ma ci accontenteremmo, per cominciare, in qualche a vedere assieme i due sindaci in qualche occasione meno impegnativa. Magari in uno scambio culinario. Lo fecero anni or sono in ambito rotariano e fu un successo.

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