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Cultura

WEBER, LA SOCIOLOGIA

LIVIO GHIRINGHELLI - 24/03/2017

weberMax Weber(1864-1920) è stato un punto di riferimento obbligato nella sociologia del Novecento. Nato da famiglia borghese di tradizione liberale, il padre era deputato alla Dieta di Prussia, quindi al Reichstag, compie le sue prime ricerche nel campo storico-economico relativo all’antica Roma e al Medio Evo, poi approfondimenti del metodo della ricerca sociale, inserendosi nel dibattito sul rapporto tra scienze della natura e scienze dello spirito.

L’intento quello di evitare l’assimilazione positivistica delle scienze sociali alle scienze naturali, serbando specificità alla conoscenza dei fenomeni culturali e al contempo l’oggettività dei risultati delle investigazioni. Condizione l’a-valutatività nella demarcazione tra l’accertamento dei fatti empirici nel dominio della scienza e la formulazione dei giudizi di valore (questione di fede).

Docente di economia politica a Berlino, Friburgo, dal 1897 a Heidelberg, fonda nel 1904 con Werner Sombart l’Archivio di scienze sociali e politica sociale a superamento del positivismo. Dal 1894 si è fatto sostenitore del nazionalismo. Vede che la leadership degli Junkers è in fatale declino, mentre la borghesia non è ancora pronta ad assumersi un ruolo primario. Si distingue nelle file del movimento cristiano-sociale, poi in quelle del nazionalismo liberale.

 Nel 1910 è promotore del 1° Congresso della Società tedesca di sociologia a Francoforte, nel 1918 è docente presso l’Università di Vienna; dopo la guerra si impegna a favore della creazione di un ceto politico di tecnici (La politica come professione, 1919) e partecipa all’elaborazione della Costituzione della Repubblica di Weimar(suo il principio d’affidare al Presidente del Reich il controllo del potere esecutivo). Avverso alla socialdemocrazia, contrasta parimenti il pangermanesimo e l’antisemitismo.

Da Heinrich Rickert (1863-1930) Weber deriva il principio che le scienze storico-sociali sono caratterizzate, a differenza di quelle naturali, da un orientamento verso i valori che conferisca significato ai fatti; da Wilhelm Dilthey (1833-1911), il più importante esponente dello storicismo tedesco contemporaneo, l’elaborazione di concetti generali per spiegare scientificamente la realtà storico-sociale, senza tuttavia sopprimerne la specificità.

Nella ricerca bisogna individuare i motivi che spieghino razionalmente il divenire storico, ma non presupponendo l’esistenza di una necessità deterministica. Weber elabora il principio di imputazione causale, che non tende tanto a spiegare l’origine dell’evento (cioè le cause che lo determinano), quanto il fondamento della comprensione dello stesso, cioè le circostanze che lo spiegano. Il ricercatore sceglie i fatti che gli sembrano significativi, separandoli dagli altri; la scelta dipende in qualche misura dal proprio sistema di valori, secondo una connessione significativa e coerente nella prospettiva di tipi ideali (presupposti per cui sia possibile formulare ipotesi di lavoro e interrogare tutti i dati disponibili), quali economia di mercato, feudalesimo, capitalismo ecc.

Per non venir meno al criterio di oggettività bisogna distinguere tra orientamento ai valori e giudizio di valore. Ogni epoca e ogni società ha una propria Weltanschauung. Quella della ricerca deve essere comunque una concezione aperta e pluralistica.

Degli anni 1904-1905 è lo scritto, che gli ha dato maggior fama: L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, primo di una serie di saggi di sociologia delle religioni. Catalizzatrice della civiltà occidentale e del capitalismo è stata l’etica del calvinismo (razionalismo ascetico). La vita viene intesa come vocazione. La conferma della grazia divina è individuata nel ruolo sociale positivo che si è chiamati a svolgere e nella capcità di organizzare la propria vita in senso unitario. Il lavoro è orientato al conseguimento della ricchezza intesa non come strumento per un maggior benessere personale, ma come realizzazione di una propria funzione sociale, testimonianza di una missione, a cui si è destinati. La ricchezza conferma la propria salvezza e quindi riveste un significato spirituale.

Per Weber ogni religione esprime una determinata etica economica. In Occidente ha assunto il carattere di variabile indipendente. Purtroppo nel presente sembra essersi ritratta a vita privata.

Aperta è la polemica con il marxismo. La relazione condizionale, dalla religione all’economia, costituisce una netta alternativa metodologica al materialismo storico, che rileva la dipendenza di ogni processo storico dalla struttura dei rapporti sociali di produzione. Weber non considera la situazione di classe come determinante esclusiva dell’azione sociale; è la situazione di ceto, attraverso la differenza negli stili di vita e nel prestigio dovuto alla professione, che rende più complessa e fluida la struttura delle classi sociali.

I valori non sono comunque entità sovrastoriche, ma solo strumenti metodologici e nell’assolutezza infinita della vita molteplice ogni conoscenza implica una selezione sulla base di valori, interessando lo specifico, l’irripetibile. La specificità dei singoli eventi non può essere dedotta da leggi generali di sviluppo (critica mossa a Rickert per gli imperativi etici universali), è l’individuale l’oggetto della ricerca storica e non ci si deve subordinare a un unico modello. Mentre la causazione adeguata esprime la razionalità interna del fatto studiato, quella accidentale spiega l’imprevedibile, non dipende da una irrazionalità della dinamica storica, bensì dall’intervenire di fatti esterni alla situazione data.

Comprendere significa spiegare gli eventi a partire dalle attese e dalle motivazioni dei soggetti che li producono; le istituzioni si presentano impersonali, perché organizzate in modo stabile, coerente e regolare. L’indagine deve ricostruire il senso dato dagli individui all’agire sociale e l’agire in comunità esige che su tale senso ci sia intesa da parte dei vari membri. La razionalità capitalista, puramente strumentale, è basata sull’efficienza, sulla distruzione delle certezze frenanti tradizionali, sul controllo e raffreddamento dell’emotività, sulla messa tra parentesi del significato generale degli altri valori.

Gli idealtipi, che operano una riduzione della complessità empirica al fine di rendere intelligibile il fenomeno storico indagato, sono frutto di scelte drastiche, ma non sono arbitrari. Tra caso e necessità comunque esiste un largo spazio di gradazione del possibile. Weber poi rifiuta l’indeterminismo assoluto dello storico Eduard Meyer (1855-1930), che assegna un ruolo preponderante al caso.

Sono quattro i tipi dell’agire sociale: razionale rispetto allo scopo, valutando i mezzi più efficaci per raggiungere una finalità; razionali rispetto ai valori, affettivo, tradizionale. Il primo ha determinato la formazione e lo sviluppo del capitalismo. Il secondo si riconduce all’operare scelte sulla base delle proprie convinzioni etiche. Il terzo tipo si fonda su sentimenti e impulsi a prescindere dalle finalità. L’ultimo si riferisce alle norme caratteristiche del proprio gruppo e interiorizzate.

Quanto alle forme del potere Weber via via individua il potere patriarcale, caratteristico del feudalesimo, il potere burocratico, tipico delle moderne società statali e quello messianico, che si afferma in modo particolare nei momenti di trasformazione sociale e che con il carisma registra uno dei contributi più innovativi di Weber agli studi sociologici. Il carisma conosce soltanto determinazioni interne e limiti tratti da se stesso. L’era messianica si individua per un grado elevato di mobilità sociale.

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