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Apologie Paradossali

C’È DI MEZZO IL MARE

COSTANTE PORTATADINO - 21/07/2017

africa(O) Non puoi evitare di commentare l’editoriale del ‘Corriere’ di martedì, a firma di Paolo Mieli, che titola ‘Le ragioni della Chiesa sull’Africa’.

(C) Non intendo commentarlo, ma ne prenderò spunto, ricordandone i passaggi fondamentali, per associarli ad altre notizie attinenti. Il sottotitolo è già molto indicativo: “Prima di proporre un ‘piano Marshall’ per il Continente bisogna conoscere le dinamiche migratorie interne e individuare leadership stabili”. Significa prendere atto che come per la Chiesa anche par gli Stati, per l’Europa in particolare, non è il tempo né del ‘buonismo’, né degli ‘insopportabili cori da stadio’, ma delle proposte costruttive. Ci si stupisce che nessun migrante proveniente dalla Libia sia Libico, che anzi dopo la Nigeria il massimo fornitore di disperati sia il lontanissimo Bangladesh, cosa che permette di sospettare che le organizzazioni (criminali? o a loro modo umanitarie?) siano più di una e non sufficientemente contrastate da tutti gli Stati che devono necessariamente attraversare.

(S) Io aggiungo che il ‘Corriere’ di mercoledì afferma che i ricavi del traffico di migranti verso l’Italia arrivano ad almeno 400 milioni di dollari, buona parte ottenuti con i sequestri e i relativi riscatti. E non voglio ricordare i pericoli corsi e le persone scomparse durante il viaggio. L’intero viaggio può costare dunque tra 2000 e 4000 dollari, una cifra enorme per un africano di condizione popolare, ma un investimento che può valere un cambiamento totale delle condizioni di vita.

(O) Nello stesso articolo del ‘Corriere’, Federico Fubini afferma che ”I migranti economici non affronterebbero mai la rotta libica se esistessero canali d’accesso regolamentati. Magari con visti a tempo (e pagati) per cercare lavoro, vincolati ad accordi di rimpatrio con il Paese d’origine e possibilità di riconoscimento biometrico della persona. L’Italia allora vedrebbe crollare gli sbarchi”. Non sarebbe meglio?

(C) Sarebbe meglio leggere tutto l’articolo, che parte dall’ardito paragone con il proibizionismo degli anni ’20 che arricchì Al Capone e tutta l’industria del crimine. La colpa degli sbarchi clandestini sarebbe del ‘proibizionismo’ della migrazione legale: “deve esistere da qualche parte un proibizionismo che alimenta le mafie attraverso il deserto e il mare… L’assenza di canali d’accesso legali e sorvegliati per chi vuole cercare lavoro in Europa ha prodotto un’industria criminale… Anziché proteggere l’Italia, quel divieto alimenta gli sbarchi e accresce la pressione sulle coste”. Dunque Fubini, in netto contrasto con Mieli, non solo non ritiene che l’immigrazione dall’Africa debba essere frenata, ma ne attribuisce la drammaticità al nostro rifiuto di immigrazione legale a scopo di lavoro. Ma la metafora fubiniana non regge; vista dal lato del proibizionismo sarebbe come se i liquori / migranti avessero pagato loro il viaggio per essere bevuti dai consumatori /Europa; visto dal lato Europa, come se gli stati europei fossero disposti a pagare cifre esorbitanti per avere a disposizione i lavoratori extracomunitari. È evidentemente vero il contrario!

(S) Questo giornalista è ancora più buonista, non dico della Chiesa, che fa il suo mestiere di predicare la carità del buon Samaritano, ma dei professionisti del buonismo che vanno a raccogliere i naufraghi a poche miglia dalla costa libica, riducendo il ruolo dei trafficanti a quello modesto di traghettatori. Per fortuna Tripoli non è Rimini, altrimenti li manderebbero al largo, appena qualche miglio, sui pedalò. Mi pare non si capiscano due cose elementari: che l’Africa è il motore della domanda d’emigrazione per le condizioni reali di vita e che l’Europa non ha nessuna necessità e nemmeno disponibilità ad un’accoglienza numericamente consistente. Quindi hanno ragione Salvini, Renzi, il Papa e Paolo Mieli, tutti insieme: l’Africa DEVE essere aiutata a sviluppare economia e condizioni di vita tali da poter dare lavoro, cibo e dignità a tutti i suoi figli. Certo, occorre denaro e non poco, ma quanto ne stiamo spendendo, a fini umanitari, ma solo come palliativo, senza nemmeno affrontare il problema? Dimmelo tu.

(C) Faccio delle ipotesi con largo margine d’errore. Prendo come ipotesi che ci siano o che arriviamo presto a questa cifra, un milione di profughi in Europa. Badate bene: nel mondo i rifugiati veri, fuggiti per guerre o dittature, sono più di sessanta milioni e non sono in Europa. Questo milione non costa di solo mantenimento minimo meno di 1000 euro al mese, cifra versata alle cooperative e organizzazioni varie che li ospitano, cui si aggiunge un minimo di welfare, il costo delle strutture, quello del salvataggio in mare, un minimo di sicurezza, penso che si possa facilmente raddoppiare. All’ingrosso arriviamo a 20 miliardi di euro all’anno.

Siamo sicuri di non voler impiegare questa somma, invece, in modo da essere utile a produrre lavoro e benessere sul posto? Siamo sicuri di non potere o volere raddoppiarla, quadruplicarla o decuplicarla? E siamo sicuri che questo ‘Piano Marshall’ per l’Africa non crei posti di lavoro anche per giovani europei, sia in Africa, sia qui? Posti di lavoro veri, non guadagni per cooperative, non tutte vere, temo, e per proprietari di immobili dismessi da riciclare a dormitori precari.

(S) Hai detto che un immigrato costa all’anno più di una pensione sociale e più di una pensione d’invalidità, integrata dall’indennità di accompagnamento. Dici niente!

(C) Dico che, se ieri avevo iniziato a scrivere l’articolo nella convinzione che fosse importante segnalare la paradossale convergenza tra Mieli e il Papa, oggi, mercoledì, vedere il giorno dopo, sullo stesso giornale, una tesi così palesemente sballata e contraddittoria con l’articolo, autorevole per la firma di Mieli, del giorno precedente, mi ha indotto a cambiare registro al mio articolo. Senza timore dico: Basta! Basta alle soluzioni facili di ‘opposti populismi’, quello dei muri e quello del buonismo. Si deve capire che l’Africa per l’Europa può essere una grande risorsa invece che una grandissima minaccia; che questo è un problema ben diverso da quello dell’estremismo islamico, ma che se i due si saldassero il composto che ne risulterebbe sarebbe un micidiale esplosivo. La soluzione che propongo, la cooperazione internazionale, è vecchia, lo so; è datata anni ’70 e ’80 e mi fa soffrire di nostalgia piuttosto che inebriarmi di futuro, ma non ne conosco altre, che non siano ideologia, chiacchiere e strumentalizzazione pre-elettorale.

(O) Onirio Desti (C) Costante (S) Sebastiano Conformi

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