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Apologie Paradossali

REALTÀ E SOGNI

COSTANTE PORTATADINO - 29/09/2017

emea(O) Ma se non si vincono le elezioni nemmeno avendo portato la Germania in una posizione di egemonia europea, se non mondiale, cosa si deve fare per vincere?

(S) Ricordo che Churchill perse le elezioni subito dopo aver vinto una guerra mondiale, sconfiggendo Hitler, mica la Pergolettese. È la democrazia, bellezza.

(C) Le spiegazioni facili le conoscete già: una diffusa sensazione d’insicurezza, un complesso d’inferiorità delle regioni meno sviluppate, quelle dell’Est, dove gli ‘scienziati’ della psicologia sociale notano una forte differenza tra realtà e percezione a riguardo dell’immigrazione, l’immaginazione che si stia pagando per debiti, pigrizia e vizi altrui. Ne aggiungo un’altra, meno tollerabile: una profonda ignoranza della realtà globale. Per esempio. Sapete che cosa significa la sigla EMEA? No? Europa, Medio Oriente, Africa, è l’indicazione sotto cui le imprese multinazionali raggruppano gli Stati di un’area commerciale omogenea. Come dire: L’Europa non è un’area a sé, con caratteristiche proprie, ma una parte di un orizzonte più vasto.

(O) Non dovremmo stupirci, se appena ci ricordassimo che fin verso l’ottavo o non secolo, quando l’Impero Bizantino ancora sosteneva l’urto guerresco degli Arabi, l’Europa continentale e il Mediterraneo erano ancora profondamente legati, tanto che un famoso storico del secolo scorso suggeriva di datare l’inizio del Medioevo dalla conquista araba della Sicilia.

(S) Non facciamo troppi ricami culturali. Capisco bene il senso dell’accorpamento: Americhe e Asia sono mondi differenti per cultura, lingua e popolazione, sono strutturalmente distanti dall’Europa, mentre l’Africa ne dipende ancora, per ragioni storiche e linguistiche/culturali: i veicoli culturali verso l’estero delle nazioni africane sono di derivazione francese e inglese, come eredità dell’epoca coloniale. Però io mi sento un po’ tedesco: sarei più interessato ai rapporti con il resto dell’Europa, in particolare quella centro-orientale ed eventualmente con la Russia.

(C) Questo è un altro problema, come anche il Medio Oriente, intendendo con ciò il grande cuneo di stati di religione musulmana, sunniti o sciiti, non importa. Date invece un occhio ad alcuni dati dei Paesi EMEA africani: La sola Nigeria ha 173 milioni di abitanti, più del doppio della Germania e ha, ovviamente, un tasso di accrescimento demografico molto alto; anche Etiopia ed Egitto superano gli 80milioni e precedono la Germania; Iran, Turchia e Congo/Kinshasa stanno a 70milioni e oltre, superando Francia, Regno Unito e Italia. se invece consideriamo il PIL, ci tocca confrontare i 3.593.000 milioni della Germania con i 2372 della Somalia (molto meno di un millesimo per una popolazione di 10 milioni) o con i 311 di Sao Tomè e Principe (un decimillesimo per soli, per fortuna, 180.000 abitanti).

(O) I numeri sono… incredibili. Ne afferro altri due per un confronto agghiacciante: Principato di Monaco: PIL 5700 milioni per 36000 abitanti contro 3600 milioni del Malawi per 18 milioni di abitanti. Faccio della voluta ironia: ma che cosa producono i monegaschi? Direi piuttosto che consumano o aiutano altri a consumare. Insomma, da una parte girano in media 150.000 dollari a persona, dall’altra appena 200. D’accordo, l’economia informale che sostiene i paesi meno sviluppati non è misurabile con gli strumenti monetari, ma siamo ad un rapporto di quasi 1000 a 1!

(S) E il Vaticano? Il PlL non è calcolato, altrimenti con soli 839 cittadini, la media andrebbe fuori scala. Bene, abbiamo imparato che l’economia mondiale è zeppa di paradossi e che questa EMEA li contiene tutti. Ma dicci in modo più chiaro dove vuole arrivare la tua apologia.

(C) La prima e più convinta considerazione è che ogni chiusura a questo mondo, a noi vicino è autolesionista. Ci sono occasioni importanti per collaborare, a partire proprio dalle risorse interne dell’Africa. Ho già detto più volte che i cinesi non si fanno scrupoli. Non è però il retorico e forzato ‘aiutiamoli a casa loro’; non si tratta di elemosine, ma di investimenti. Poi, vorrei che valutassimo un piccolo ma significativo segnale: cresce il numero di corporate che modificano la loro struttura internazionale da EMEA a IMEA, cioè India, Medio Oriente, Africa, riconoscimento alla crescita e alla intraprendenza del colosso demografico ed economico indiano. Ciò significherebbe una ulteriore emarginazione dell’Europa.

La seconda idea forte è che l’Europa tutta deve investire in cultura. È l’unica cosa che non solo controbilancia la globalizzazione ed esalta anche sul piano utilitaristico ciò che è unico e inimitabile, ma soprattutto proprio e inalienabile del vecchio continente. Quando parliamo di integrare gli emigranti dovremmo riferirci essenzialmente a questo. Ma non è dall’emigrazione che viene la minaccia più subdola al nostro orizzonte culturale. Pochissimi avranno dato peso alla notizia della classifica annuale del valore dei BRAND, I GRANDI MARCHI, i produttori di cose che influenzano i nostri comportamenti. Possiamo prendere come una buona notizia che la Cocacola non sia più nella testa della classifica, prendiamo atto che il grande mutamento tendenziale è l’accrescersi dell’importanza delle aziende software e social; senza contare che la stessa vertiginosa ascesa di Amazon o di Alibaba, merceologicamente riferibili al tradizionale settore del commercio, è sostenuta dall’appartenenza sostanziale al mondo dell’informatica social. Condivido l’osservazione di un sociologo le grandi multinazionali dell’informatica applicata non solo fanno enormi profitti e li reinvestono sapientemente in innovazione, ma stanno creando un ecosistema, cioè qualcosa di più di un ambiente favorevole a loro stesse, ma una campo di forze che può modificare la natura intrinseca dei soggetti che vivono al suo interno. Guardando l’Europa da questo punto di vista, la volontà di conservarne l’identità, che si esprime in messaggi politici spesso confusi, velleitari e talvolta retrogradi, non deve essere assolutamente condannata. Non va confusa, a cominciare soprattutto dai suoi fautori, con fascismo o razzismo. La concentrazione di ricchezza materiale e morale che ancora giace nella vecchia Europa, eredità dei Padri, deve essere riguadagnata nel presente, rimessa a servizio del mondo, a partire dai nostri più vicini e più bisognosi, per esserne degni e moralmente e, contemporaneamente, per farla fruttare insieme a beneficio comune.

(S) Questa volta ci hai lasciato pochissimo spazio, quindi col permesso di Onirio, mi arrogo il compito di una conclusione scettica e anche un po’ conformista: oggi il sognatore sei tu; avrai anche ragione, ma le tue idee attecchiranno difficilmente in gran parte dell’Europa, nonostante lo scatto d’orgoglio di Macron e il generoso lavoro di cucitura del nostro presidente Mattarella. I tedeschi Merkel e Schulz in testa, passeranno mesi a leccarsi le ferite elettorali, potrebbe esplodere la bomba catalana, Trump continuerà a destabilizzare il mondo o a dare pretesti agli altri per destabilizzarlo, di Kim Jong-un meglio non parlare, l’Iran troverà il modo di giustificare la costruzione dell’atomica e sarà seguito dall’Arabia e… ee… non voglio andare avanti, ma sarà molto difficile, molto molto difficile ritrovare quello spirito europeo che invochi e renderlo origine di una politica efficace.

(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante

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