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Politica

BENEFICIO SÌ, ERRORI NO

GIUSEPPE ADAMOLI - 27/10/2017

?????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????Il referendum è stato un buon esercizio di democrazia malgrado gli errori di impostazione, la scelta sbagliata del tempo pre-elettorale, le strumentalizzazioni leghiste, la scarsa attenzione ai contenuti. Però i cittadini volenterosi hanno potuto ascoltare diverse opinioni sul regionalismo in crisi e su come uscirne. Da molto tempo non si discuteva più dei tanti e irrisolti problemi del sistema autonomistico.

La partecipazione del 38% (secondario il 95% dei Si) ha messo in mostra lo spirito autonomistico dei lombardi lontano dalle tentazioni del separatismo istituzionale. Intanto il quesito lombardo era più puntuale e preciso di quello veneto. Il nostro si ancorava parola per parola al dettato costituzionale citando i punti esatti delle ulteriori forme di autonomia che si possono ottenere dallo Stato a norma dell’art. 116. Quello veneto chiedeva genericamente più autonomia e questa vaghezza sarà un terreno molto scivoloso nel rapporto con il governo e poi con il Parlamento che dovrà decidere con la maggioranza assoluta dei voti.

Il quadro politico in Lombardia è confortante. La Lega ha svoltato nettamente rispetto alla secessione e alle “baionette bergamasche” per l’indipendenza. Salvo una piccola minoranza ha finalmente abbracciato i contenuti federalisti della costituzione. Forza Italia era già nel suo complesso su questa strada. Il M5S non aveva mai mostrato molta sensibilità su questi temi ma è stato decisivo nell’indizione del referendum e nella scrittura del quesito. Il Pd si è in larga parte astenuto criticando il “referendum inutile e costosissimo” ma ha sempre camminato verso l’approdo della maggiore autonomia delle Regioni più forti e veloci con i bilanci in regola.

Solo la sinistra-sinistra si distacca nettamente da questo panorama con coerenza e ostinazione. Nel referendum del 2001 aveva fatto campagna contro il Titolo Quinto che comprendeva l’articolo 116. Nel 2007, in Consiglio regionale, non aveva votato a favore della risoluzione per aprire la trattativa con il governo. Nel 2008 non aveva approvato lo Statuto di Autonomia della Lombardia. Una posizione che esiste nel Paese reale ed è giusto che si esprima in modo organizzato e ad alta voce.

Queste sono condizioni favorevoli per aprire e condurre in porto il negoziato con il governo centrale separando le nostre sorti da quelle del Veneto. Lo abbiamo fatto nel 2007 con la giunta Formigoni e l’Ulivo all’opposizione. Quel tentativo di negoziato col governo su una proposta approvata da quasi tutto il Consiglio è purtroppo finito nel baratro della grande crisi. Bisogna riattivarlo con decisione su basi aggiornate e realistiche.

Le materie su cui richiedere più competenze e relative risorse sono chiare per la “specialità” lombarda sottolineata nel quesito referendario: formazione professionale e lavoro, politiche industriali e innovazione tecnologica, ambiente e territorio. beni culturali. La Lombardia ha evidenziato in passato la capacità di innovazioni importanti che hanno giovato all’intero Paese come ha dichiarato un testimone autorevole e non sospetto di un’opinione pregiudiziale come Valerio Onida.

Qualcuno contrario al referendum parla addirittura di “china verso il separatismo”. Non scherziamo col fuoco e applichiamo la Costituzione in fatto di federalismo differenziato. Facciamo correre le Regioni che sono in grado farlo per il vantaggio di tutta l’Italia. La classe dirigente della Lombardia si potrà cambiare fra qualche mese con il voto dei cittadini che è sempre sovrano, non con un referendum di questo tipo. Errore esiziale che l’Italia ha già pagato il 4 dicembre dell’anno scorso.

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