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Cara Varese

CAPORETTO SANITARIA

PIERFAUSTO VEDANI - 15/12/2017

ospedalePer i geniali burocrati della sanità lombarda e per i loro padrini e mandanti politici due devastanti bastonature nel giro pochi giorni. La prima è arrivata da Renzo Dionigi, uno dei padri nobili dell’Università dell’Insubria, 30 anni da maestro di chirurgia e rettore e costruttore dal nulla di un riferimento accademico approdato all’élite nazionale grazie anche a primari di spessore internazionale. Il prof, intervistato da Alessandra Toni di Varesenews, ha fatto il punto sui disastri gestionali dell’ospedale di Circolo con la chiarezza eccezionale che la gravità della situazione richiedeva.

La seconda scarica di legnate, a loro volta ben meritate, è arrivata pochi giorni dopo con lo sciopero dei medici degli ospedali, vittime del governo che nel bilancio allegramente ha dirottato altrove risorse finanziarie già saccheggiate negli scorsi anni quasi la sanità fosse una spesa improduttiva e non un servizio pubblico fondamentale per la qualità della vita della collettività nazionale.

Anche i medici di Varese con una larga adesione all’iniziativa sindacale, tesa a salvaguardare tutti i cittadini, nella sostanza hanno ribadito il fallimento della politica sanitaria e hanno anche fatto pensare al decadimento della funzione sociale del nostro ospedale.

È improbabile che i responsabili romani e milanesi delle disgustose scelte a danno della popolazione aprano bocca in questa occasione, soprattutto i milanesi che, operando in silenzio, già da una decina di anni “segavano” Università e Circolo per raggiungere i loro obiettivi: sottrarre potere all’ateneo e dimensionare in misura diversa l’ospedale, eccellente risorsa anche per sistemare i fratelli di fede politica.

Due volte in pochi giorni per la sanità statale sono state suonate le campane a martello: questi episodi saranno sufficienti per richiamare finalmente l’attenzione dell’opinione pubblica sulla gravità della situazione dell’unico polo assistenziale cittadino?

Il razionamento di disponibilità sanitarie che in passato non sono mai state un lusso, ma un traguardo sociale ampiamente meritato, non può non far riflettere le altre istituzioni di Varese e del territorio.

Se migliaia di ex ammalati e di assistiti si radunano in comitati per difendere il loro diritto alla salute, di certo non si può pretendere che industria, commercio, artigianato, libere professioni vadano a comandare a casa d’altri, ma una presenza vigile, interessata a una questione di alta democrazia può essere utile all’intero corpo sociale.

Si può e si deve invece pretendere di più e ben meglio dalla politica semplicemente perché tutti i mali provengono da quelle parti. Dove oggi i resti di un gruppo specializzatosi nel salto sul carro dei vittoriosi ancora oggi fa e disfa in materia di sanità.

Il conto di una situazione messa bene in chiaro dal professor Dionigi e dallo sciopero dei medici a casa nostra riguarda in modo particolare il Centrodestra che nulla mai ha fatto per evitare il naufragio. Anzi.

Dopo avere capito che pugnalare in silenzio come era stato fatto a Varese, il nuovo Palazzo Lombardia per i nuovi ospedali di Busto e Gallarate ha scelto la strada del dialogo con il territorio, dove esistono però diversi centri di cura e non sono stati mai vissuti i drammi di Varese, città che oggi fa la coda anche per interventi delicati o per i ricoveri. E dove medici e infermieri vivono ancora e sempre situazioni stressanti. Tutto ciò avviene per un motivo molto semplice: non si può gestire la salute come se fosse un’azienda. E non si può fare politica pretendendo da tutti obbedienza pronta, cieca e assoluta.

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