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Opinioni

CARO MAESTRO

ANTONIO MARTINA - 26/01/2018

Spes contra spem

Spes contra spem

Se ne è andato da trentuno anni Renato Guttuso (18/1/1987) e su di lui sembra essere scesa una sorta di vischiosa dimenticanza. Anche a Varese dove, per più di vent’anni, nei mesi estivi ha soggiornato e lavorato nella sua villa di Velate. Per decenni il suo nome ha riempito le cronache artistiche, culturali e politiche dell’Italia postbellica. Pur appartato nel suo buen retiro in città aveva intrecciato solide quanto riservate amicizie. Di una di queste sono stato diretto testimone. Lavoravo allora – primi anni ottanta – al Credito Varesino, banca di bandiera della città giardino poi ceduta alla Popolare di Bergamo. Ero “aiutante di campo” del Vice Direttore Generale Ermanno Sacchi, una persona a modo, colta, gentile, tecnicamente molto preparata. Tutti gli anni quando il Maestro raggiungeva Velate era solito annunciare: “lavoro moltissimo, ma quando arriva Renato ho impegni altrettanto importanti. Alle 17,30 devo raggiungere gli altri”.

Si riferiva alla consueta partita di scopone, prima di cena, durante la quale il Maestro era solito fumare e a dar fondo a un bottiglia di whisky. Ermanno è uno dei personaggi del quadro di Guttuso “Spes contra Spem”, l’ultimo di profilo, sul lato destro. Tradotto vuol dire “speranza contro speranza” e rappresenta, in un certo senso, l’eredità spirituale di Guttuso, che “in questo dipinto mette in scena la cerimonia degli addii, fornendo forse la chiave per sciogliere gli enigmi di una vita: una stanza chiusa; gruppi di persone differentemente affaccendate; una bambina che corre; una donna nuda che si affaccia al balcone; sopra, all’esterno, le teste mostruose di villa Palagonia a dominare la scena”.

Realizzato nel 1982 a Velate, è il dipinto più importante e ambizioso dell’ultimo Guttuso e, insieme, la sua maggiore visione pittorica di quegli anni. Ermanno Sacchi fu uno degli ideatori della Fondazione Guttuso, un’iniziativa voluta fortemente da Renato e sua moglie Mimise e poi vanificata dalla vicenda dell’adozione di Carapezza. Ma come non ricordare che alla terza Cappella del Sacro Monte abbiamo una delle maggiori testimonianze del legame di Guttuso con Varese: il murale “La fuga in Egitto”, commissionata da monsignor Pasquale Macchi, ex segretario di papa Paolo VI e all’epoca arciprete di Santa Maria del Monte.

Il tema sacro che l’artista ha rappresentato in rispetto del Vangelo profonde tutta l’allegoria della fuga che richiama fatti drammatici umani del passato e del presente. Vi si legge il dramma dell’uomo che, in ogni tempo e sotto ogni cielo, è costretto ad abbandonare il suo Paese. Il 26 novembre 1983, sabato, ecco l’inaugurazione del discusso murale, suo dono alla città dove viveva e lavorava d’estate. Nello stesso giorno gli veniva conferita la cittadinanza onoraria di Varese. Se i miei ricordi funzionano, l’ultimo omaggio locale al Maestro è stata la mostra “Il Capolavoro ritrovato – Renato Guttuso e la fuga in Egitto” nel centenario della nascita dell’artista siciliano e in vista del trentesimo anniversario della cittadinanza onoraria concessagli. La rassegna, curata da Rolando Bellini e Paolo Zanzi, è rimasta aperta dal novembre 2012 al 3 febbraio 2013.

Alla luce di queste considerazioni parrebbe opportuno che, nell’attuale fase di “rinascita” positiva di Varese, la giunta Galimberti promuovesse un’iniziativa, anche piccola ma ricorrente, per ricordare il maestro siciliano innamorato delle Prealpi. Per sconfiggere l’oblio.

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