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Urbi et Orbi

UN AIUTO PER OSTIA

PAOLO CREMONESI - 16/02/2018

??????????????????????C’era una volta l’Ostia del Villaggio dei Pescatori, dei Cento Villini di Libera e Piacentini. Il suo lungomare era secondo per lunghezza in Italia solo a quello di Viareggio: si susseguivano gli stabilimenti balneari Adua, «Il capanno» fino al Kursaal che, nei Sessanta, rappresentò ‘la dolce vita’ al mare. Anita Ekberg e Walter Chiari, Kirk Douglas erano di casa.

Gli antichi romani, che sulle location raramente sbagliavano, l’avevano scelta come porto principale. Molto della decisione di Mussolini di fare dell’Eur un quartiere all’avanguardia era legato al collegamento con la cittadina.

Gran parte di quanto descritto è ancora godibile ma di Ostia ora si parla solo per la capocciata a un giornalista davanti alle telecamere, per le retate ai danni del clan Spada, per il degrado che circonda il luogo e per le inchieste su Mafia Capitale.

Ma è davvero solo questo ? Lo domandiamo ad Angelo Picariello, quirinalista di ‘Avvenire’, che da oltre dieci anni si è trasferito con moglie e figli sul Litorale della Capitale.

Pentito? “Tutt’altro. Perché, come sa chi ci vive, a Ostia si sta bene. La natura ci è di grande aiuto, con la splendida ed enorme pineta alle spalle e il mare di fronte. Un po’ caotica, ma come quasi tutti i quartieri della Capitale. Gli stabilimenti si sono presi gran parte della vista del mare: ma da casa riesco a vederlo lo stesso”.

“ La città alla quale mi sono affezionato – prosegue – è quella delle villette Liberty del centro che raccontano di un’epoca, ancor prima del Ventennio, in cui fu coltivato un sogno, con alcune importanti realizzazioni. Primo fra tutti il comodo trenino che collega con frequenza il Litorale al centro ma che avrebbe bisogno di un urgente restyling. La Ostia finita sui giornali è invece quella di un quartiere di case popolari costruito negli anni ’70, come nelle altre metropoli di Napoli e Milano (penso Secondigliano o Quarto Oggiaro) depositaria di tante realtà sociali a rischio”.

L’area di cui parla Picariello si trova nella zona dell’Idroscalo: case e strade sottratte alla legge e a ogni idea di risanamento in cui gli unici terminali di welfare sono costituiti o dai clan familiari o da Casapound, oltre a una coraggiosa presenza della Chiesa, fra mille difficoltà.

La criminalità comanda lo spaccio, gestisce le case popolari, e ha da tempo messo gli occhi su chioschi e stabilimenti, in un intreccio sul quale non è ancora stata fatta del tutto chiarezza.

“Le inchieste – spiega ancora il collega – hanno portato alla luce il totale asservimento di alcuni funzionari del Municipio (le circoscrizioni a Roma si chiamano così) a metà fra connivenze e minacce. Il fenomeno Ostia di cui si parla mi sembra perciò una dimostrazione dell’ assenza della politica. Non politica intesa solo come decisionismo delle istituzioni, ma soprattutto, come partecipazione dei cittadini”.

A Ostia esiste, nel bene o nel male, un ricco tessuto sociale fatto da famiglie provenienti da diverse regioni d’Italia. Da dove partire per un riscatto della città?

“Bisogna costruire presidi del bene comune” risponde Picariello. “Che possono fare da sentinella, da denuncia, da elaborazione di proposte, veri antidoti al malaffare. Non tutti hanno tempo e energie per farlo ma, a guardare bene, si scopre sempre che non manca mai chi vuole cambiare le cose. L’importante è non lasciare sole queste persone: sostenerle, incoraggiarle, aiutarle. E questo davvero può essere il compito di ciascuno di noi”.

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