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Politica

PUTINFERIO

MANIGLIO BOTTI - 15/03/2019

espressoPer un paio di settimane consecutive il magazine L’Espresso ha tenuto nel servizio di copertina un’inchiesta su presunti fondi occulti russi – stando agli articoli del giornale – trattati dalla Lega e di riflesso anche dal suo segretario e attuale vicepremier Matteo Salvini: “3 milioni per Salvini”, “I buchi neri di Salvini”.

L’inchiesta è quasi passata sotto silenzio da parte della “grande stampa” italiana, a parte qualche sporadica e occasionale citazione, mentre ha avuto maggior seguito sui media stranieri. Salvini, interpellato sulla vicenda, ha glissato, esprimendo battute ironiche e pronunciando come sempre il suo mantra: io lavoro per il mio Paese, prima gli italiani, faccio quello che al popolo italiano interessa ecc.ecc., non so nulla di soldi russi, soldi che ovviamente la Lega non ha mai visto.

 Secondo il giornale, invece, la Lega avrebbe avviato trattative – ma, pare, senza arrivare al negozio perfetto – con i russi per fare confluire nelle proprie casse la cifra di circa tre milioni di euro, a seguito di una megafornitura Russia-Italia di gasolio. La “mancia” alla Lega, stando a un ipotetico progetto russo di destabilizzare l’Europa e di sostenere i cosiddetti partiti o movimenti sovranisti, sarebbe stata rappresentata da una sorta di sconto sulla fornitura, stabilito nel corso di incontri a scopo commerciale intercorsi con alti personaggi dell’apparato russo e gestiti da parte di funzionari o uomini vicini al vicepremier, e forse come pourparler anche dal vicepremier stesso.

L’Espresso è andato avanti sulla sua strada dando l’idea di poter dimostrare inoppugnabilmente le proprie asserzioni, citando orari, luoghi di incontro, nomi e cognomi dei personaggi coinvolti. Difficile dire quanto un’inchiesta giornalistica del genere possa influire sulla credibilità di Salvini e sulla fiducia riposta in lui, dato che egli continua a fare accrescere il consenso nei propri riguardi sia attraverso i sondaggi, sia attraverso consultazioni elettorali parziali ma significative (Abruzzo e Sardegna). Ma paradossalmente – almeno questo si evinceva – tali eventi starebbero a significare una (presunta) fragilità del vicepremier, costretto a volare come Icaro con le sue grosse ali politiche di cera, ma con il rischio di vedersele sciogliere all’improvviso dal Sole.

 La storia dei finanziamenti occulti si aggancia a quella, ancora più complicata, dei quasi cinquanta milioni di euro finiti nelle casseforti leghiste come rimborsi indebitamente richiesti, ancora all’epoca di Bossi, soldi truffati allo Stato italiano – secondo sentenze della magistratura – e poi spariti all’evidenza, inopinatamente irrintracciabili, tanto da indurre la magistratura a infliggere al partito del Carroccio un sequestro cautelativo.

Niente da dire. Anche questa storia non ha inciso in maniera concreta sulla credibilità del leghismo. Risposta di molti elettori e simpatizzanti: i partiti succedutisi al governo prima della Lega (che è tuttavia il partito con maggiore anzianità presente in Parlamento, e già con mansioni dirigenziali di tutto rispetto nei governi di Berlusconi) hanno prelevato a proprio favore più soldi dalle casse dello Stato di quanti può averne presi la Lega. Quasi una giustificazione o un titolo di merito, dimenticando però almeno a rigor di logica che un disonesto eventuale non giustifica mai un altro disonesto…

Ai (presunti) soldi di Putin – rimasto sempre sullo sfondo come dominus imperscrutabile – s’è aggiunta un’altra considerazione riguardo l’inchiesta dell’Espresso, molto documentata, inchiesta (in piccolo) paragonata addirittura al famoso caso del Watergate, condotta più di quarantacinque anni fa dai giornalisti del Washingotn Post Bob Woodward e Carl Bernstein, che portò alle dimissioni del presidente degli Usa Richard Nixon, date per evitare l’impeachment. E si è aggiunta pure una dichiarazione, espressa in un paio di righe ma molto significative, da parte del presidente francese Emmanuel Macron in un’intervista al Corriere della Sera, là dove si dice che occorre vigilare per evitare l’intrusione di “potenze straniere” volte a destabilizzare l’Europa favorendo e sostenendo partiti sovranisti e, di fatto, antieuropei.

È ormai cosa abbastanza nota che a rifornire di notizie i due giornalisti del Washington Post che redassero l’inchiesta entrata negli annali del giornalismo investigativo sullo scandalo del Watergate fu un personaggio denominato (anche nel famoso film Tutti gli uomini del presidente) “Gola Profonda”, parafrasando il termine da un film porno dell’epoca, cioè un alto personaggio dell’FBI: oggi si direbbe un uomo di “servizi deviati”, deviati o quanto meno non allineati. A questo, dunque, un po’ malignamente, si potrebbe pensare anche nei casi in questione: a un intervento di servizi segreti – non italiani ovviamente – pronti a “foraggiare” di notizie l’ampia e documentata inchiesta dell’Espresso, dato che è difficile immaginare giornalisti, per quanto bravi e attenti, al lavoro con telecamere, cimici e altri aggeggi alla James Bond nel “controllo” di personaggi dell’establishment. La dinamica certezza dell’inchiesta, così, potrebbe anche paradossalmente essere avvalorata dalla mancanza (finora) di una risposta puntuale (con querele e quant’altro) da parte degli interessati e dei personaggi coinvolti.

 Insomma, sembra che la partita che si concluderà con le elezioni europee, tra circa due mesi, si sia già cominciata a giocare oggi e a tutto campo, e con gironi a più squadre, dove tra le meline (poche) si vedono più spesso fallacci e entrate a gamba tesa. Una partita il cui esito, ancora, non appare scontato.

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