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Cultura

STORICO D’ECCELLENZA

RENATA BALLERIO - 17/05/2019

Antonio Ricci, Ritratto di Leopoldo Giampaolo 1987

Antonio Ricci, Ritratto di Leopoldo Giampaolo 1987

Nella sede dell’Associazione Vele d’Epoca Verbano, a Cellina, frazione di Leggiuno, si è svolta l’annuale assemblea della Società Storica Varesina nel corso della quale è stato presentato il XXXVI fascicolo della Rivista ed è stato assegnato il premio Leopoldo Giampaolo per giovani studiosi di scienze storiche a un ricercatore dell’Università Cattolica. Il vincitore è Francesco Parnisari, laureato in Scienze Storiche in Cattolica a Milano, che ha già pubblicato numerosi articoli analizzando aspetti sociali e religiosi del territorio. Pare, dunque, utile ricordare chi fu Leopoldo Giampaolo.

Maestro elementare e successivamente direttore didattico e poi direttore generale della biblioteca civica di Varese fondò la Rivista della Società Storica Varesina e si dedicò alla diffusione e alla divulgazione degli studi storici. Affermò e testimoniò che la storia locale deve intrecciarsi con la storia generale. Tra le sue ricerche, la trascrizione del diario del garibaldino Giuseppe Bolchini e il ritrovamento di lettere inedite di illustri personaggi come Manzoni, Verdi e Mazzini. Ma il senso civile dei suoi studi può ben essere testimoniato dalla monumentale pubblicazione della tavole della cartografia varesina, che servirono alla sviluppo urbanistico della città di Varese e non solo.

Tutto questo porta a riflettere sulla validità della storia come disciplina umana per eccellenza. O se preferiamo sull’importanza delle scienze storiche. La coscienza civica e la conoscenza storica sono inseparabili. Conoscere la storia del proprio Paese significa costruire le fondamenta della propria identità civica. Sapere ciò che è avvenuto nel passato aiuta a capire il presente. Significa far parlare luoghi e cose. Significa scoprire che la storia che si studia sui libri non è qualcosa di inutile o una fredda sequela di date, di nomi e di fatti. Al contrario alimenta la curiosità e il pensiero critico.

L’ultimo numero della Rivista è un viaggio nel tempo attraverso nove articoli, a cominciare dalle riflessioni del presidente Giuseppe Armocida sulla necessità di istituire un registro regionale delle società storiche. Gian Paolo Scharf tratteggia la curiosa figura di Egidio Bossi di Buguggiate che ai tempi di Dante Alighieri prestava soldi a interesse. Un mestiere in un certo senso antico come il mondo.

Facino Cane fu un capitano di ventura e come tale giudicato negativamente dalla storiografia ottocentesca. In realtà, spiega Pierluigi Piano, fu un “uomo abituato a rapide azioni e a gestire – tra il 1409 e il 1412 – il suo capitale in modo estremamente attento e accorto”.

A seguire scopriamo le streghe di Arcisate alla fine del XVI secolo. Il cardinale Carlo Borromeo le definiva “serve del diavolo” ed è interessante leggere nell’articolo di Alessandro Deiana come l’arcivescovo di Milano legiferò in materia di magia, scoprire l’identità di quelle donne per lo più provenienti da bassi strati sociali e i comportamenti dei sacerdoti che le condannavano.

Mario Speroni ricostruisce l’attività di Panfilo Nuvolone alla quinta cappella del Sacro Monte nell’estate del 1650. Seguono l’analisi del rapporto tra teatro e società tra Sette e Ottocento a Varese e Como (Alessandra Mita Ferraro) e il passaggio dalla villeggiatura al turismo a Varese all’inizio del secolo scorso nel fitto intrecciarsi di vicende economiche, sociali e politiche (Ivana Pederzani).

Gli ultimi tre articoli sono dedicati rispettivamente al ruolo sociale delle cooperative di Lisanza (Mario Varalli), alle immagini con cui la pittrice Adriana Bisi Fabbri descrisse la prima guerra mondiale (Marco Tamborini) e alla descrizione dell’alpeggio del Monte Bredoni con pagine che ricostruiscono le vicende legate alla capacità organizzativa del proletariato negli anni che vanno dall’età giolittiana al 1926 (Enrico Fuselli). Per farci innamorare della storia occorre non rinunciare alla forza della continua divulgazione, come per le vele storiche di Cellina serve una continua opera di restauro. Imparare ad esercitare una critica alle fonti non è altro che l’atteggiamento che dovrebbe guidare ogni cittadino consapevole nei confronti delle strutture del potere e dei meccanismi dell’informazione.

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