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Cultura

“DE DIVINA PROPORTIONE”

DINO AZZALIN - 05/07/2019

uomoConfesso che in matematica non sono mai stato un fuoriclasse, ma scoprire in età adulta che l’algebra è il mezzo fondamentale per attuare il processo conoscitivo della natura non me lo sarei mai aspettato. E che l’inventore non è soltanto un frate, Frà Luca Pacioli (1445-1517), ma il maestro con cui Leonardo da Vinci procede all’anatomia di tutta la realtà, per approfondire l’esperienza sensibile e la scomposizione del fenomeno nella sua struttura matematica sottostante.

In poche parole il frate economista di Borgo San Sepolcro attraverso i numerosi disegni e progetti, e la stessa attività di ingegnere civile o militare di Leonardo da Vinci, dimostra che la matematica della bellezza non sta solo nella sua contemplazione, ma nella sua più intima struttura.

Non è la margherita infatti o un altro fiore che è bello, ma questa accezione deriva dalla perfetta successione algebrica dei petali, in armonia con la forma e i colori. Prendete per esempio un mazzo di gladioli, guardateli bene e vi accorgerete che la precisa successione dei petali, dei sepali, dei pistilli, e degli stami compongono la segreta geografia del colore, che si chiama stupore, bellezza naturale! Inafferrabile come il polline che riprodurrà attraverso le radici la stessa cosmogonia del fiore fino a ricomporsi poi nel volo di un ape, di un calabrone, o sulle invisibili ali del vento. Conoscerne l’intima formazione significa cogliere l’espressione matematica della realtà, progettare, imitare, amare, costruire congegni che cerchino di assecondare la natura nel suo continuo processo.

Questi, secondo le teorie di Luca Pacioli, servono a capire ciò che apparentemente sembra banale, il bello non è bello perché piace ma perché soggiace a una precisa organizzazione di calcoli matematici e algebrici che formano la parola “bellezza” ! Prendiamo l’uomo “Vitruviano” di Leonardo da Vinci che ne è la (in)naturale applicazione, dove l’autonomia della verità scientifica sta nelle sue perfette espressione anatomiche.

L’uomo descritto e disegnato da Leonardo Da Vinci ci mostra infatti quanto la perfezione anatomica di arti, busto, testa collo, faccia, genitali, mani e piedi rappresentino la quintessenza della perfezione del corpo umano. Essa è limitata certo alla parte esterna, pensiamo a Roberto Bolle, (o anche a mio figlio 22enne) magari confutabile perché lascia fuori la totalità teologica del pensiero e dell’anima, ma è verità nella sua proporzione, e ha nella sua finitezza le stesse caratteristiche della verità infinita. Con accenti analoghi Galileo, più di un secolo dopo, si è espresso sull’argomento, unendo quello che diverrà poi la rivoluzione tecnico scientifica su cui si fonda il pensiero moderno, cioè il telescopio di che diventa non più oggetto per la contemplazione della volta stellare, ma soprattutto l’inizio dello studio e della scoperta del cosmo e dell’universo.  Arte e scienza erano infatti già inscindibili per Leonardo, lo studio della geometria, intesa anche come prospettiva trovava concreta applicazione nell’organizzazione visiva delle opere pittoriche mentre l’anatomia serviva a rappresentare in maniera verosimile le figure umane cercando di comunicare anche i moti dell’animo.

Lo studio dell’armonia celeste descritto da Pacioli nel trattato ‘De Divina Proportione’ rivela le teorie ideali dell’Universo che ritroviamo anche in altri studi del matematico ‘per il quale Leonardo realizzò le illustrazioni di solidi geometrici’. In tutta Italia, ma a Milano in particolare, dove entrambi vissero insieme alla Corte degli Sforza si ricorda il 500° Anniversario del Maestro, in realtà l’opera incredibile, rivoluzionaria per la scienza di allora (ma non solo), creata dagli studi, rivela anche la sua grande capacità di attingere a grandi menti elette come quelle di Luca Pacioli e non solo. La sezione aurea indica infine, nell’ambito di arti figurative il numero irrazionale o proporzione divina, che ovviamente non è ripetibile perché troppo vicino al mistero della vita umana o alla poesia, che finora nessun genio, nessuna mente umana, ha saputo dimostrare. Il bello non è che l’inizio del tremendo, scriveva Rainer Maria Rilke all’inizio delle “Elegie duinesi”. Infatti come il tutto anche la bellezza finisce al suo massimo fiorire, e proprio qui sta il suo inafferrabile segreto. E per fortuna.

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