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Attualità

LUCI

GIOIA GENTILE - 13/12/2019

luciSi sono accese le luci natalizie a Varese: in piazza Monte Grappa, in Piazza della Repubblica, nei Giardini Estensi, al Sacro Monte è tutto un trionfo di luminarie. Tappeti di luci sui prati, stelle cadenti sui muri degli edifici, renne, comete, mongolfiere.

Com’era prevedibile, e come è ormai abitudine da quando è possibile esprimersi con un click, si sono scatenati i commenti: sono troppe, sono troppo poche; sono magnifiche, sembra una fiera; ci vorrebbe maggiore sobrietà, dovrebbero essere messe anche davanti alla Basilica; non c’entrano niente col Natale, manca il presepe.

Io non mi sono fatta tanti problemi. Con grande superficialità devo dichiarare che mi piacciono. Sarà perché comincio a vederci poco, sarà perché invecchiando si ritorna bambini, a me le luci piacciono sempre, purché non siano quelle dei fari che sparano nello specchietto retrovisore. Mi affascina l’atmosfera magica e fiabesca che riescono a creare, la naturalezza con cui abitano il buio e, senza annullarlo, lo animano. Mi stupisce ancora la loro capacità di evocare emozioni.

Sono, probabilmente, emozioni ancestrali, le stesse che hanno indotto gli uomini di tutti i tempi a creare riti che consentissero di affrontare l’oscurità.

In tutte le culture c’è un momento in cui la notte – quella astronomica come quella della mente – viene illuminata da un gesto portatore di luce: penso alle processioni di Santa Lucia dei Paesi nordici o ai falò, di tradizione millenaria, con cui si voleva esorcizzare l’ignoto delle tenebre. E i fantocci che spesso vengono arsi durante questi riti ci fanno capire che le tenebre non sono solo quelle delle lunghe notti invernali, ma sono soprattutto quelle dell’animo umano, i dèmoni che non vogliamo riconoscere e che tuttavia avvertiamo, che simbolicamente rappresentiamo in un fantoccio per poterli distruggere con il fuoco, luce della ragione.

E penso al mito di Prometeo, ladro di luce per gli uomini, al fuoco che arde nel Limbo dantesco, per rischiarare la notte infernale degli “Spiriti magni”. Penso alle “stelle”, su cui si chiude ognuna delle tre cantiche della Commedia.

Credo si potrebbe continuare all’infinito, perché in ogni cultura la luce è simbolo di felicità e di vita e la notte evoca dolore e morte. Non è un caso che il Natale sia stato collocato proprio il 25 dicembre, data in cui, nell’antica Roma, si riteneva cadesse il solstizio d’inverno e si celebrava la festa del Sol Invictus, in onore della divinità Mitra, vincitrice delle tenebre. La Chiesa ha voluto coglierne il significato simbolico e trasferirlo in Cristo, come a dire: è Lui il vero Sole.

Nelle luci che in questi giorni si sono accese nelle città di mezzo mondo convivono, indubbiamente, le due anime, la pagana e la cristiana. Anzi, la spiritualità pagana è stata addirittura sostituita dagli interessi commerciali.

Comunque sia, le luminarie aiutano ad esorcizzare l’inverno, che lo si intenda in senso reale o metaforico. Ma se ci sembra esagerato attribuire tali significati a qualche lampadina, almeno prendiamole con leggerezza ed apprezziamo l’allegria che regalano alle nostre passeggiate serali.

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