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Attualità

DISUMANIZZATI

MARIO DIURNI - 20/03/2020

sepolcri“A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta”
(Ugo Foscolo, I Sepolcri).

“La guerra continua”. Così disse il generale Badoglio l’8 settembre 1943 nel proclama alla nazione. Un paragone azzardato o forse improprio con la situazione attuale del Covid-19 in Italia e presto nel mondo intero? Stiamo come al solito ai fatti; il personale sanitario al fronte è decimato e a breve saranno chiamati “i ragazzi del 99” ed i riservisti per far fronte all’emergenza sanitaria. Tanti colleghi e amici hanno già pagato un prezzo elevatissimo perché contagiati, o giacenti in condizioni critiche nei centri di terapia intensiva, o morti per infezione da Covid-19. Tante altre persone, troppe, giovani e vecchie sono ancora in lotta per sopravvivere o sono morte.

Questa è soltanto una piccola parte della realtà quotidiana, e i freddi dati snocciolati in ripetizione quasi ossessiva dai mezzi di informazione, non rendono visibile il dramma e l’angoscia che tanti di noi stanno vivendo, e nessuno è escluso. I tanto vituperati social hanno aperto squarci sulla realtà, togliendo la maschera ideologica che tanti ancora indossano, per poter valutare nella giusta maniera la situazione attuale. La Storia, quella vera senza maschere, “…avrà molto da dire sulle responsabilità del Governo Conte e su ciò che è accaduto in questo cruciale mese di febbraio” e su “tutta la classe dirigente che ha gestito questa crisi” (il sociologo Luca Ricolfi sul ‘Messaggero’). In questi ultimi giorni le maggiori rappresentanti delle Istituzioni europee hanno mostrato il vero volto della incompetenza e del cinismo. Quante riflessioni sulla globalizzazione, come la si sia mitizzata come soluzione a tutti i problemi, insieme alla società aperta, senza confini; e come si sia vituperato il concetto di frontiera, di confine, di divisione, quando al contrario già in Aristotele il concetto di di-visione sta a significare una visione doppia, la propria certamente, ma con sguardo rivolto anche all’altro. La Storia quella vera senza maschere, non ha mai un percorso lineare, procede per “corsi e ricorsi”, ai quali con intelligenza e pragmatismo, senza rinunciare ai propri ideali, bisogna adattarsi perché li si possa governare e non subire, come sta accadendo in questo momento.

Le riflessioni più amare però le hanno indotte le poche immagini e le scarne notizie sulle bare ammucchiate nelle camere mortuarie degli ospedali e nelle chiese deserte. Bare speriamo non scritte su un elenco anonimo, senza volti, e che qualche prete abbia benedetto. Bare con persone morte in completa solitudine o confortate soltanto da qualche medico o qualche infermiere con gesti pietosi e coraggiosi. Questo è l’aspetto più disumanizzante di questa guerra, essere soli, non poterla affrontare nel momento cruciale con le persone care, che si amano, come si è fatto sempre in tutte le guerre; giovani e vecchi uniti a tramandarsi e raccontarsi storie, a pregare insieme, a stringersi accanto per farsi coraggio. Sono in gioco e forse non ne abbiamo piena coscienza, la vita, la vecchiaia, la solitudine, la morte, la nostra fragilità, le nostre false certezze ed il nostro falso senso di onnipotenza. Oh quanto vi è bisogno di statisti, di filosofi, di poeti, di preti, che dicano del senso della vita, che lo facciano riscoprire, se lo abbiamo smarrito nel vivere affaccendato; insieme a quello del passato, di cui non abbiamo più memoria e del possibile futuro. Che dicano anche del senso della morte, che non osiamo neanche più chiamare con il suo nome, che non osiamo guardare in faccia, come limite della nostra finitezza, e come possibilità di mutare la disperazione in abbandono fiducioso alla Provvidenza, al fato. “Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri”, ma “sol chi non lascia eredità d’affetti, poca gioia ha nell’urna…”. Ah, se si potesse ancora vedere il “mendico cieco errar sotto le vostre antichissime ombre, e brancolando penetrar negli avelli e abbracciar l’urne e interrogarle… finché il Sole risplenderà su le sciagure umane”. (Ugo Foscolo, I Sepolcri)

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