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Opinioni

IMPOSIZIONI

FELICE MAGNANI - 26/06/2020

assolutismoAssolutismo, potere, arroganza, dispotismo, totalitarismo, sono sistemi che per anni hanno consumato la parte migliore della natura umana, quella che si alimenta di emozioni, di valori, di principi e di regole, quella che guarda oltre e che vorrebbe, scegliere, modificare, cambiare, produrre, assemblare, ideare, coniugare, costruire. Per molti anni anche i massimi sistemi educativi, come la scuola ad esempio, hanno imposto la loro visione del mondo, hanno gestito il potere pensando di essere parte fondamentale di quell’assolutismo monocratico destinato alla formazione e all’educazione, una scuola con una visione dell’intelligenza umana fondata sulla perfetta sintonia tra domanda e risposta, fondata sulla inamovibilità del docente nella sua veste carismatica. Per molti anni la scuola ha peccato di classismo, ha mandato avanti chi aveva un nome, chi si poteva permettere tutto quello che agli altri non era concesso.

Una scuola selettiva, esclusivista, con una visione molto personale della natura umana, spesso relegata al ruolo di pura e semplice valutazione matematica. Quante imposizioni! Quante presunzioni! Quanti giudizi enunciati come fossero passi del Vangelo! Quanti insegnanti umanamente impreparati hanno deciso le sorti dell’umanità, senza neppure porsi il problema di chi fosse quella persona la cui sopravvivenza dipendeva dalle loro inveterate forme di assolutismo. La scuola è stato un potere al servizio di un altro potere, ma forse non si è mai accorta che il potere, quello vero, scorre in chi abbiamo di fronte, nella sua capacità di essere e di divenire, di aspirare a diventare parte viva e integrante di un sistema costruito insieme al altre persone, senza la presunzione di selezionare o escludere esseri umani come se fossero carne da macello, mondo da inquisire e da selezionare. L’assolutismo ha dominato l’umanità, le ha tolto la parola, l’ha incasellata, le ha impedito di vivere il tempo di una libertà costituzionale vera, fondata sui valori della coscienza, sulla consapevolezza di essere parte di una realtà da conoscere e da vivere in tutta la sua operosa bellezza. Col passare del tempo si è passati dalla cultura dell’assoluto a quella del relativo quasi senza accorgersene, come se l’educazione fosse diventata improvvisamente qualcosa di malleabile, di confutabile, qualcosa che poteva essere trasformato a seconda dei bisogni e delle necessità del momento. Si è passati dalla verità dogmatica a quella della possibilità, dall’obbedienza cieca a quella riservata, si è passati dalle verità inconfutabili a quelle soggette alla variabilità umana, perdendo spesso per strada la capacità di capire che, forse, tra due verità ne esiste sempre una in più che le mette d’accordo entrambe. Certo il tema della mediazione non è umanamente facile da cogliere e da realizzare, bisogna esserci preparati, bisogna avere una intelligenza pronta, viva, alla base di tutto ci deve sempre essere qualcuno che insegni e qualcuno che apprenda, la conoscenza non è mai fine a se stessa, può intraprendere strade diverse, modalità diverse, significati diversi, a seconda di chi la guida, bisogna imparare a rendersi conto che le soluzioni vanno inventate, scoperte, testate e che l’intelligenza consiste nel saperle catalogare, analizzare, per saper poi scegliere quale sia la soluzione più giusta per risolvere il tipo di problema che ci assilla. Nel campo educativo si è agito spesso sull’onda di un assolutismo comprovato da una élite di attori che ha sanzionato le proprie verità, convinta che avessero una funzione formalmente perfetta e che quei valori e quelle idee fossero le uniche a essere in grado di sanzionare il risveglio di una coscienza democratica e cristiana necessaria per vivere meglio l’esistenza individuale e quella collettiva. In realtà non è mai stato così. L’educazione è sempre stato un sistema e come tale ha risentito del passaggio del tempo, dei cambiamenti delle società con cui doveva fare i conti, perché non c’è mai stato nulla di così statico da non poter essere rimosso o adeguato. L’educazione, quella vera, ha sempre saputo associare la forza e la bellezza del mondo all’interno di una riconosciuta armonia, nella capacità di cambiare, di sapersi adattare, di costruire, nell’educazione c’è sempre stato tutto il mondo interiore della natura umana, un mondo che ha sempre avuto bisogno di essere conosciuto, amato, analizzato, valorizzato, fatto uscire da una oscurità che impedisce al bello di vedere e godere di quella bellezza che accompagna il viaggio esistenziale delle persone. Senza una guida sul modello socratico, che induca le persone a guardare dentro se stesse per capire chi sono, dove vanno e cosa vogliono, diventa difficile mediare tra l’assoluto e il relativo, diventa quasi impossibile la creazione di una filosofia più pragmatica e meno istituzionale, più umana e meno scientifica, più capace di conoscere gli esseri umani e di guidarli verso una vita migliore. Viviamo un periodo in cui l’assolutismo diventa isterico e presuntuoso, crede di poter avere dentro di sé il seme della verità e di condannare l’umanità a una eterna sottomissione, non si rende conto che la dialettica del movimento e quella della conoscenza sono l’anima della vita, anche di quella educativa, soggetta alla capacità di sapersi adattare, di sapersi posizionare in una nuova visione della civiltà. Così nell’assolutismo, come nel relativismo, è pericoloso rinunciare al ruolo demistificatorio della ragione e a quello di una fede capace di rifondare tutto ciò che di buono e di bello ci è stato donato, è pericoloso rinunciare a quell’armonia che nasce da una temperanza associativa che va insegnata, come momento unificante di una intelligenza che non è solo per sé, ma servizio reso a chi ha ricevuto in dono il bellissimo dono della vita.

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