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Cultura

GRANDE EDUCATORE

RENATA BALLERIO - 01/07/2020

don-milaniIl 26 giugno del 1967 moriva a Firenze Don Milani. Prete ed educatore  che ha scavato un solco nella storia della scuola italiana e in molte coscienze. Contestò la pedagogia dell’epoca, proponendo e testimoniando una pedagogia  alternativa e innovativa. Messaggio  provocatoriamente attuale se pensiamo che la riflessione sull’educazione, connubio di arte e di scienza, è -oggi più che mai- una esigenza. E non è un caso che qualcuno si sta accorgendo  che in questi mesi drammatici per tutti e di grande confusione e contraddizioni per il mondo scolastico è stata assente la parola pedagogia.

Lo ha detto con coraggiosa chiarezza Don Ciotti, presentando all’edizione estiva e on line del  salone del Libro di Torino L’amore non basta, racconto della sua storia  di prete scomodo ma sempre attento al Vangelo e alla Costituzione. Lo ha scritto con lucidità Daniele Novara, firmandosi pedagogista, in un articolo  di commento alle linee  guida del ministero circa la riapertura  delle scuole a settembre, pubblicato su Avvenire.

Il titolo Scuola, non ospedale  sintetizza quello che dovrebbe essere  una verità lapalissiana  e nel testo si ricorda come nel Comitato tecnico scientifico non sia presente nessun pedagogista. Si potrebbe dire che non è di per sé un male, perchè – come talvolta la storia insegna- la politica non deve  interessarsi di pedagogia ma  permettere la realizzazione del  fondamentale ed essenziale  principio costituzionale, che la scuola è aperta a tutti. Ben sappiamo che, quanto sembra scontato, necessita, invece,  di continua e non scontata riflessione.  La scuola è anche  spazio organizzato per l’apprendimento.

È stato, quindi, inevitabile   che il Ministero nelle sue linee guida, pubblicate dopo una lunga attesa e dopo difficili confronti con le Regioni,  abbia  indicato come organizzare le aule, gli spazi a scuola per quello che tutti si auspicano un post pandemia. Ci si chiede allora perchè  ancora tante contestazioni nei confronti della giovane ministra? I latini avrebbero detto  saggiamente absit iniuria verbis e proprio  con questo spirito, cioè tenendo ben lontana  ogni ostile offesa, qualche considerazione è d’obbligo. Come ideali allievi di Don Milani  che  proponeva  per le sue  lezioni a Barbiana  non solo la lettura  dei quotidiani ma anche, insieme con la Costituzione, di  passaggi degli atti parlamentari, dovremmo da  cittadini leggere le indicazioni del ministero, superando la facile ironia provocata  da espressioni  burocraticamente creative, come definire la giusta distanza  tra gli alunni, rime buccali. E porci tante domande.

Pensare che, parafrasando Manzoni,  la scuola  va dalle Alpi alle nostrane Piramidi, o meglio dal super moderno e attrezzato liceo a scuolette sperdute.  Ricordarci che la scuola è stare seduti in classe  ma entrare a scuola: qualcuno ha visto l’assembramento degli studenti in attesa di varcare i cancelli scolastici o i mezzi di trasporto stracolmi di studenti, al limite della sicurezza, negli orari di entrata e uscita  da scuola?  Basterà differenziare gli orari? Forse sì forse no. Enormi problemi  organizzativi  attendono le scuole.

E come ben si sa l’organizzazione non è mai neutra, anzi  ha dentro di sé una visione, una idea.  Ci sarà davvero una idea nuova di scuola? Questo è un auspicio, anche se sorprendono  affermazioni che hanno il sapore della scoperta dell’acqua calda. Non vogliamo classi pollaio, ha detto Giuseppe Conte. A settembre le scuole saranno innanzitutto pulite, ha ribadito la giovane ministra. Non sono affermazioni propositive ma ammissione di tanti mali che da anni affliggono la scuola. E in tutto questo che centra la pedagogia?

Giannelli su Il Corriere della Sera  con una vignetta ha sarcasticamente illustrato  uno dei tanti problemi  della scuola post piano per  la ripresa: didattica a distanza o distanza dalla didattica, ha scritto. Senza  perderci in  necessari distinguo tra didattica e pedagogia, il vignettista  ha colto un problema. Se  non sono da sottovalutare i nuovi investimenti  per la scuola, è, comunque, innegabile che manchi una visione  che vada oltre l’emergenza. Insomma una  certa lontananza dalla realtà.  Al fine di prevenire la giustissima obiezione  che non si possono risolvere problemi antichi della scuola in due mesi, e per lo più  in  una situazione grave, imprevista e ancora incerta, da far tremare a chiunque le vene e i polsi, comunque non    farebbe  male  ricordare una regola d’oro della pedagogia.

L’educazione  va pensata – come dicono i veri pedagogisti – prima ancora di  essere attuata,  prendendosi cura  di chi apprende  affinchè sia attrezzato a vivere criticamente e a non subire la realtà.  Affermazione  che pecca di idealismo o  rappresenta un concreto bisogno civile? Chissà se la ministra, auspicando una scuola nuova  fatta non solo in aula, inclusiva, si è ricordata  che  queste idee erano tutte presenti nelle parole e nelle azioni di Don Milani?  Peccato che negli anni la scuola ha subito  riforme e riordini che hanno, nonostante alcune  buone dichiarazioni di principio ma condizionate  troppo spesso non da sana pedagogia ma  da esigenze di risparmi economici, tradito quei valori. Valori  drammaticamente attuali. Constatazione amara e polemica o presa d’atto? Ma si sa che  la scuola, nonostante tutto (o meglio nonostante i vari ministri)  continua a credere nel futuro. O meglio, pedagicamente l’educazione è proiezione nel futuro.

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