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Attualità

BAMBOCCINI

GIOIA GENTILE - 20/11/2020

dadMa sarà poi vero, come sostengono psicologi, sociologi e tuttologi, che la didattica a distanza è così dannosa per la psiche degli adolescenti? E che i bambini, costretti a restare a casa perché hanno un compagno positivo al Covid, soffriranno per tutta la vita del disturbo post-traumatico da stress? Non sarà che tutto questo insistere sulla salute mentale dei ragazzi nasconde invece un problema degli adulti, in particolare degli adulti italiani e soprattutto delle mamme, spesso tanto protettive nei confronti dei figli da farli diventare “mammoni”?

Stavo anche considerando quanto è strana la natura umana: quando erano costretti ad andare a scuola, i ragazzi, per evitarlo, inventavano dolori addominali acuti e nonni morti. Adesso che i nonni muoiono davvero e non andare a scuola può avere un senso, desiderano solo ritornarci.

 Sono due riflessioni provocatorie, non prendetele alla lettera: mi piace andare un po’ controcorrente, uscire dal coro di coloro che si strappano le vesti pensando ai poveri pargoli. Mi sono venute spontanee proprio oggi, mentre chattavo con una collega, una capace di inventarsi modi sempre nuovi per coinvolgere i ragazzi nelle lezioni on-line e per non far loro pesare la distanza.

Ricordavo che, quando avevo nove anni, una malattia mi costrinse a casa per un trimestre intero, il primo mese a letto senza potermi alzare. Passati i dolori dei primi tempi – era un reumatismo articolare acuto – e il terrore delle iniezioni – grazie ad una suorina dolcissima e delicata che veniva tutti i giorni a casa-, superai quel periodo in piena tranquillità: non c’era internet, non esistevano i videogiochi, non c’era neppure la televisione, non avevo fratelli né nonni, eppure non ebbi alcun trauma e credo di aver conservato l’equilibrio psichico almeno fino ad ora. Adoravo leggere ed ero felice di poterlo fare a tutte le ore del giorno.

D’accordo, sono cambiati i tempi e avevo i genitori a casa; se papà e mamma lavorano tutti e due fuori oppure se, lavorando a distanza, non possono occuparsi dei bambini, è ovvio che le cose si complicano, ma è un problema che riguarda ed assilla più loro che i figli, anche perché ci sono i nonni, che, pur essendo “fragili”, non si tirano indietro quando bisogna accudire i nipoti più piccoli, giusto per smentire chi sostiene che “non sono essenziali allo sforzo produttivo del Paese”.

È chiaro che bambini e adolescenti hanno bisogno, per crescere, del gruppo di coetanei e che entrare in classe con compagni e insegnanti è una ricchezza che nessun collegamento internet può dare. È anche evidente che si sarebbe dovuto fare di tutto per consentirlo: ad esempio, intervenire sui mezzi pubblici per evitare assembramenti, scaglionare gli ingressi, pensare a doppi turni; ma se la situazione che ormai si è venuta a creare richiede un’altra temporanea chiusura – attualmente solo per gli studenti dalla seconda media in su -, non credo che i ragazzi finiranno tutti in terapia psichiatrica.

Invece di compiangerli e di trasferire su di loro le nostre ansie, dovremmo stimolarli a vivere nel modo più positivo possibile questo periodo, coinvolgerli in attività creative a cui dedicarsi con i familiari o, tramite internet, con amici e compagni. Dovremmo far capire loro che anche le esperienze negative possono trasformarsi in opportunità inaspettate: penso ai cori di adolescenti, registrati e trasmessi on-line, alla collega con cui chattavo oggi, che si sta inventando attività che forse prima non avrebbe proposto alle sue classi; penso a tutti quegli insegnanti che si sono “riprogrammati” e che, anche quando il virus sarà sotto controllo, sapranno sfruttare al meglio la lezione di questi giorni.

Credetemi, i ragazzi, se motivati, hanno risorse stupefacenti. Smettiamola di piangergli addosso e cerchiamo di sostenerli.

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