Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Apologie Paradossali

SINDROME DEL CRICETO

COSTANTE PORTATADINO - 29/01/2021

criceto(S) Non vuoi rompere il SILENZIO sulle nuove vicende della ricorrente crisi di governo? Trovo che si possa fare un paragone divertente tra la ricerca di ‘responsabili’ e il CALCIOMERCATO, argomento che forse appassiona gli italiani anche di più. Per esempio, sono convinto che quel 30% che si astiene o si dichiara incompetente, esprimendo un silenzioso NON SO/NON RISPONDE, diminuirebbe sostanzialmente, almeno tra gli intervistati maschi, se parlassimo di calciomercato. Tutti o quasi sapremmo. meglio di allenatori e presidenti, come gestire le cessioni di Dzeko o Gomez o Eriksen e chi acquistare al loro posto. Un’altra somiglianza interessante è questa: nonostante questi trasferimenti siano lucrosamente compensati (non sia mai che il medesimo sospetto ricada sul caso di politici) in sostanza il trasferimento di calciatori avviene, in questo cosiddetto ‘mercato di riparazione,’ solo nel caso di soggetti scontenti del trattamento riservato dall’allenatore o, come si dice in linguaggio aulico, “messi al margine del progetto”. Caso strano: avviene per i politici qualcosa di simile, che, cioè, si scoprano responsabili e disposti ad un impegno in una prospettiva politica totalmente diversa, solo coloro che ‘si sentono messi al margine del progetto’, cioè praticamente sicuri di non essere rieletti dal precedente partito di appartenenza.

(C) Mi dispiace deluderti, ma non voglio sprecare parole su quell’argomento. Lo fanno già in troppi, contribuendo in questo modo a quella sovrabbondanza d’interpretazione che finisce per annebbiare i fatti. Vi propongo, piuttosto, di riprendere proprio il tema del rapporto tra fatti e informazione, così ben tracciato da Alberto Contri nell’incontro promosso proprio da RMF per la festa dei giornalisti. La domanda che vi pongo è semplice: come ci si difende dalle false informazioni, fake news nell’anglicismo di moda?

Badate bene che non si tratta solo di smascherare le notizie chiaramente false, tipo ‘asino che vola’ o di censurare le comunicazioni chiaramente destinate a provocare odio o a insultare determinate persone o gruppi sociali, si tratta anche e forse soprattutto di evitare che si crei un dominio ideologico, oggi più facilmente realizzabile con mezzi diversi dalla censura delle opinioni divergenti.

(O) Trovo che anche Costante sia oggi incline al pessimismo, come del resto Conformi, che lo è sempre. L’unica vera difesa siamo noi, ciascuno di noi, con la sua cultura, il suo senso critico. Trovo di gran lunga preferibile la possibilità di aver una sovrabbondanza d’informazione, piuttosto che una censura sistematica di ciò che non è gradito al potere costituito, sia quello politico, sia quello di monopoli privati o comunque in posizione dominante. Semmai occorre investire di più in cultura e in educazione, in piena libertà, senza la pretesa di formare il tipo d’uomo che va bene al potere, anzi ai vari poteri; quando uno di questi diventa insopportabile la reazione giusta è cercare un bilanciamento. Vi faccio qualche esempio: nel campo dei giornali quotidiani in Italia non c’è bisogno di una particolare regolazione, tanto meno di censure, editore e direttore responsabile hanno la possibilità di dare un preciso indirizzo culturale e politico ai loro giornali nel rispetto della legge, che normalmente è sufficiente a tutelare gli interessi sia generali, sia particolari e a sanzionare le trasgressioni. A un livello più generale l’interesse del pubblico è tutelato dal pluralismo, affidato alla libera iniziativa degli editori, peraltro sostenuti da contributi determinati dalla legge a tutela del pluralismo delle testate, specialmente le minori. Anzi, a mio avviso, questo modesto intervento di sostegno statale è stato colpevolmente avversato e quindi molto ridimensionato proprio dai seguaci del moralismo anti-casta.

(S) Il caro sognatore Onirio, per fare l’ottimista ad oltranza, stavolta è in ritardo anche sul tempo presente. Che ci sia un serio problema non lo dice solo il prof. Contri. Guardo un po’ che cosa ho visto oggi per la prima volta sull’edizione digitale del Corriere, in calce alla schermata: “Il Corriere della Sera, che sin dalla fondazione nel 1876 crede nel valore primario dell’informazione, ha aderito al Trust Project. Si tratta di un’iniziativa internazionale che coinvolge centinaia di testate in tutto il mondo e punta a chiarire da subito ai lettori la credibilità e l’autorevolezza di un contenuto giornalistico. Per farlo, assegna una etichetta riconoscibile sulla base di standard uniformi e condivisi”. Non ho ancora capito di che si tratta veramente, come funziona, (magari lo chiediamo al nostro direttore o all’amico Fabi) ma denota senza dubbio la consapevolezza dell’esistenza di un problema universale se ha mobilitato finora centinaia di testate, le più importanti, di tutto il mondo. Forse è proprio l’editoria digitale a correre i maggiori rischi: volendo stare al passo con la velocità dei social media si affida a questi stessi come fonti e, scambiando la quantità dell’offerta con l’approfondimento, affida ad un algoritmo il compito di scovare e proporre al lettore contenuti collegati al primo digitato, scegliendoli attraverso il confronto con il suo profilo. Pazienza se questo avviene per la proposizione ci contenuti pubblicitari tutto sommato innocui. Sapete bene tutti che se cercate un albergo per una vacanza sarete inseguiti da inserzioni pubblicitarie del settore per settimane, se non per mesi. Pazienza, basta trascurarle. Ma guardate un po’ il caso che mi è capitato proprio questa mattina. Leggo sulla newsletter del mattino di uno dei due principali quotidiani italiani il caso del medico incriminato per aver somministrato sedativi potenzialmente mortali a pazienti covid, clicco su un approfondimento e poi proseguo scorrendo la nuova pagina aperta e cosa mi trovo? Un articolo del 2016 che dava la notizia dell’arresto di una persona accusata dell’omicidio di una giovane, avvenuta nel varesotto trent’anni prima.

(O) Mantieni pure l’anonimato, ma tutti capiscono di che si tratta. Ma io non capisco che cosa centra l’articolo in questione con la tua ricerca e con la tua osservazione.

(S) Infatti con la mia ricerca non c’entrava nulla, l’unica coincidenza tra i due fatti poteva essere la parola ‘arrestato’. Escludo che si sia trattato di un collegamento voluto dal giornalista del quotidiano in questione, penso sia stato colpa di un perverso automatismo, il famoso algoritmo, ma ritengo che sia rilevante il danno recato ad un lettore ignaro dei fatti e magari tanto distratto da non accorgersi della data dell’articolo e non consapevole che l’arrestato, presunto autore del delitto, descritto in modo assolutamente truce nelle motivazioni e nell’ esecuzione, sia stato poi scagionato nel processo d’appello. Non parlo del danno morale subito dalla persona in questione, solo perché questo piccolo incidente è imparagonabile ad aver subito anni di ingiusta detenzione. Il senso della mia osservazione è che affidarci a sistemi automatici per la definizione della correttezza e alla fine, anche della veridicità delle informazioni, può essere un tentato rimedio ben peggiore del male. Se da questo episodio passiamo al problema dei cosiddetti BIG DATA, che ovviamente non possono essere elaborati se non da sistemi automatici, vedi come rischiamo di essere incanalati verso un “giudizio universale” già su questa terra e potenzialmente privo sia di giustizia, sia di misericordia.

(C) Concordo con Sebastiano nella criticità della situazione. La postverità non è un argomento da salotti filosofici. Ci tocca tutti, anzi forse soprattutto la gente più umile. Vorrei suggerire a voi amici e ai lettori il percorso indicato da Contri nei suoi due ultimi libri e non ditemi che sto facendo pubblicità indebita e che quindi ricado nel meccanismo perverso che stiamo denunciando. Nel penultimo, “McLuhan non abita più qui?”, le sue esperienze di pubblicitario, manager e docente si concentrano sui new media per aggiornare la celeberrima massima di Marshall McLuhan «il medium è il messaggio», quando l’informazione andava «da uno a tutti». Adesso, invece, quando crediamo di possedere interattività e viralità, il messaggio va «da tutti a tutti», ma «la gente è il messaggio». Questa mutazione (notate come ci è diventato spontaneo usare termini ‘virali’) potrebbe contenere anche aspetti positivi, ma che richiedono grande consapevolezza e forza morale per essere attuati. Infatti il secondo libro che cito, il suo più recente, “La sindrome del criceto” affronta il problema da un punto di vista morale e politico insieme. Che cosa sia la sindrome del criceto ce lo spiega lui stesso in un ‘intervista comparsa su ‘Tempi’: “la natura ha dotato il criceto di una grande capacità di correre per poter sfuggire ai predatori. Oggi, da quando è diventato un animale da compagnia, se non corre nella sua ruota, perde la forma perché non può più beneficiare del rilascio delle endorfine: alla fine cade in depressione e muore. È quindi evidente che la sua corsa serve solo a lui e a nessun altro. Se ci guardiamo intorno, ci accorgiamo che il Paese è in questo penoso stato a causa di tutti quelli che hanno corso solo per se stessi”.

Temo che non sia solo l’Italia a trovarsi in questa situazione, temo proprio che sia un problema universale e che riguarda, singolarmente ciascuno. Ma voglio anche estrarre un testo che so bene essere capace di suscitare polemiche e dissensi scandalizzati. Le tendenze dominanti di oggi, secondo Contri sono due. «Da un lato singolarità e transumanesimo, che vorrebbero ibridarci con i computer, così da farci diventare più efficienti e più rapidi, ma anche assai facili da manovrare e controllare. Dall’altro, la pur meritevole battaglia per l’inclusione e l’uguaglianza di genere, che, per un’evidente eterogenesi dei fini, tende a costruire (meglio, decostruire) personalità indifferenziate, invertebrate, senza radici né tradizione, senza storia, memoria e punti di riferimento».

(O) E dunque cosa proponete?

(C) Io, come sempre, propongo educazione, naturalmente pluralistica e formativa di valori, non solo professionalizzante, proprio per non contribuire a rinchiudere il criceto umano nella gabbia della corsa all’affermazione sociale, ma questo è da sempre il mio leitmotiv. Contri aggiunge una proposta condivisa con il filosofo Salvatore Veca, tra l’altro di ben diverso orientamento culturale: Gru, “Gruppi di resistenza umana”. Si tratta di un movimento d’opinione che intende promuovere la forza delle idee basate sull’educazione, lo studio, la formazione, l’approfondimento, la condivisione del sapere, il rispetto della dignità di ogni persona, la promozione dell’uomo e il rifiuto del relativismo etico. Alla ricerca di un vero umanesimo integrale che sappia combinare tradizione e innovazione”.

(O) Non mi pare molto diverso da quello che nel nostro piccolo facciamo con i nostri articoli e con Lettera alla città. Un Movimento che non fosse solo d’opinione e che avesse ambizioni culturali, religiose o politiche richiederebbe forse una proposta di consistenza maggiore. Ma sono felice di aver trovato uno stimolante compagno di viaggio.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login