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Società

AUDACIA

EDOARDO ZIN - 07/01/2022

Con ottimismo verso il futuro (Laura Lodi)

Con ottimismo verso il futuro (Laura Lodi, olio su tela)

Complice un documentario televisivo assai reale nella sua asprezza, ho fatto un sogno.

Ero ricoverato in terapia intensiva. Intubato, non riuscivo a respirare e l’infermiere mi aveva sdraiato a pancia in giù. L’idea di morire mi faceva orrore. Cercavo di non pensarci, ma l’idea mi tornava ossessiva. Provavo a pregare, ma Dio lo sentivo lontano, indifferente. Volevo gridare, ma mi mancava il fiato. Mentre ero in preda alla più terribile disperazione, arrivò un medico tutto bardato con tuta, scafandro, guanti e mi sussurrò: «La fase acuta è passata. Si può girare!». Mi sono svegliato di colpo, mi sono sentito leggero e ho incominciato a vivere la mia giornata serena.

A colazione ho esposto il sogno a mia moglie, intransigente sulle misure di precauzione. Mi ha risposto: «Vedi, per avere speranza, bisogna provare, seppur in sogno, la disperazione!».

Ho pensato, allora, di scrivere la nota settimanale sul tema della speranza che dobbiamo vivere, nonostante l’incertezza che alligna in questi giorni, mentre il virus contagia anche i vaccinati e miete vittime soprattutto tra coloro che, per testardaggine o per un falso fideismo, non sono vaccinati.

Buon anno, dunque, amici lettori, all’insegna della speranza! Spero non vi dispiaccia se accompagno il mio augurio con tre considerazioni su altrettanti valori che sono premessa per impossessarsi di questa virtù: l’unità, l’audacia, la fiducia.

Le costituzioni moderne esprimono un patto tra i cittadini e le istituzioni. Questo patto stabilisce i diritti fondamentali e inalienabili uguali per i cittadini. Tra questi c’è il diritto alla salute e chi governa deve tutelare questo diritto e tutti sono tenuti a rispettarlo: in tal modo diventa obbligo, cioè dovere. In questo difficile periodo di pandemia dovremmo ritrovare una forte unità, come la rivelarono i nostri padri all’indomani della guerra. Al contrario, c’è una minoranza che è chiusa nel suo bozzolo, prigioniera di una sorta di arroganza. A udire certe notizie sembra che il combattimento non sia tra virus e uomo, ma tra gruppi di individui che, spesso non troppo celatamente, sono spalleggiati da fazioni politiche. Costoro non amano avere conoscenze, ma ascoltano solo opinioni e rifiutano di riflettere. La loro risposta è solo “no” o una sguaiata parolaccia. L’individualismo dei pensieri e degli interessi privati può essere vinto da chi opera in unità di intenti e si affida alle sfide che il vaccino e le norme sanitarie offrono. La speranza diventa allora la speranza corale di un popolo.

Ma la speranza non è una vaga possibilità, un timido barlume, un incerto e timoroso aspettare, è piuttosto un aprirsi all’orizzonte del futuro con audacia. Non si affronta il domani con l’odio politico che insulta, con le ideologie degli intellettuali prigionieri dei loro dogmi, con chi diffama anche lo scienziato che ha impiegato una vita per scoprire e dimostrare con i dati ciò che aveva intuito. La speranza si può attuare con l’audacia delle decisioni, con la lucidità dell’intelletto, con il coraggio donato da chi ti attornia. Tutti dovremmo essere determinati nella capacità di rinunciare a qualche comodità: i politici – che non possono da soli controllare la complessità del reale – si lascino guidare dagli scienziati e mostrino in queste circostanze avverse maggiore risolutezza nell’emanare norme che non possono essere solo frutto di furbate utili a complicare le cose proprio nel momento in cui c’è bisogno di chiarezza; i medici vincano lo sconforto che li spinge a ritirarsi davanti alla sfrontatezza di certi malati con momenti di sosta e di riflessione; dobbiamo non lasciarci andare all’impulso, ma guardare il mondo con gli occhi di chi piange i suoi morti, di chi ha malati gravi in terapia intensiva, di chi è in quarantena.

Dobbiamo essere molto grati agli uomini di scienza che, davanti al ripetuto mutamento del virus, continuano incessantemente ad osservare, a studiare, ad analizzare dati dimostrando che la scienza è al servizio del bene comune del pianeta. Non basterà scoprire nuove strade scientifiche, noi tutti dovremo imparare a convivere necessariamente col virus e porci nuove regole morali per costruire una società più giusta, un progetto di convivenza che, persino quando ci mostra l’aspetto peggiore, guarda ad una vita migliore, affidandoci alle forze sane di un popolo.

Buon anno, dunque, con la speranza nel cuore, frutto di audacia e di gratitudine per coloro che operano per l’interesse generale.

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