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Politica

BAMBINATE

ROBERTO CECCHI - 09/09/2022

Matteo Salvini guest of the Tv program 'Porta a porta'D’estate, col caldo, è più facile farsi trastullare dalla televisione e guardare programmi che, magari, non avremmo mai guardato prima. Quest’anno è capitato per la prima volta nella storia della Repubblica di avere una campagna elettorale che si svolge tra luglio e settembre. E quindi succede di ascoltare quelle che una volta si chiamavano “Tribune elettorali”. Allora, c’erano solo i canali Rai a fare trasmissioni del genere e quindi il rito delle Tribune si svolgeva in prima serata, su un solo canale, con molti giornalisti e un politico per volta, accompagnato spesso da un suo uomo di fiducia. In genere, chi veniva chiamato a parlare era il segretario di partito e c’era un moderatore a fare da filtro alle domande dei giornalisti. Le trasmissioni andavano via ordinate e si capivano bene domande e risposte.

Oggi è diverso. Le discussioni politiche ci sono tutti i giorni e a tutte le ore, che ci siano o meno elezioni alle viste, su tutti i canali pubblici e privati e iniziano già di prima mattina, con programmi dai nomi più disparati, ma di taglio molto simile tra loro. Generalmente, come ospite c’è un politico, non necessariamente di alto rango (anzi), insieme a giornalisti, soprattutto, e qualche sedicente esperto. Di solito, sono trasmissioni che finiscono in caciara. Con interventi senza capo né coda, perché la foga della discussione (sommata alla poca conoscenza degli argomenti) porta gli interlocutori a parlare uno sull’altro.

Nel mese scorso ne ho viste parecchie di queste trasmissioni televisive e mi aspettavo che si discutesse dei temi che stavano emergendo, come quel passaggio del Presidente del Consiglio dei Ministri, nella comunicazione al Senato della Repubblica (20 luglio), nel quale si asserisce che “In Italia l’Agenzia delle Entrate-Riscossione conta 1.100 miliardi [diconsi mille cento miliardi] di euro di crediti residui, cioè non riscossi, pari a oltre il 60% del prodotto interno lordo nazionale – una cifra impressionante”. Una cifra davvero impressionante di cui non avevo consapevolezza – e credo che pochi l’avessero. Una cifra che vale cinque (!) volte il tanto declamato PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) di cui si favoleggia da mesi. Questo vorrebbe dire che il recupero, anche solo di una parte della cifra dovuta all’Agenzia delle Entrate, ci consentirebbe di ripianare qualsiasi debito, anche quello del PNRR (perché non è un prestito a costo zero), e di realizzare opere indispensabili per lo sviluppo del Paese.

Ero rimasto impressionato anche da un’altra notizia. Dal fatto che dipendiamo dalle forniture russe di gas per il 40-45%, mentre nel 2013 la nostra dipendenza da quel paese oscillava tra il 25 e il 35%. Questo vuol dire che, nell’arco di una decina d’anni, invece di diversificare i fornitori per garantirci una certa indipendenza economica e politica, ci siamo consegnati, mani e piedi, tra le braccia di un dispotico oligarca, capace di qualsiasi nefandezza, del quale sapevamo già tutto, ben prima dell’invasione dell’Ucraina. Se può essere di consolazione, non siamo stati i soli a farci ingannare. In Europa è successa più o meno la stessa cosa anche a diversi altri paesi, a cominciare dalla Germania.

Come siamo arrivati a scelte tanto dissennate? Dalle “Tribune politiche” di quest’estate mi sarei aspettato un po’ di attenzione per argomenti così. Soprattutto quando le informazioni sono contraddittorie. Da una parte, si viene a sapere che in questi anni abbiamo rinunciato a fare ricerca per l’autonomia energetica e abbiamo scelto consapevolmente di regredire sul piano produttivo “Nel 2000 l’Italia produceva 16,8 miliardi di metri cubi [di gas] e nel 2010 7,9 miliardi”. Dall’altra, qualche giorno fa, ci viene detto che «Siamo ricchi di gas. Ancora di più di petrolio” (la Verità, 29.8.2022, Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia). Un bel guazzabuglio, visto che comunque si parla di razionamento.

Comunque sia, salvo sorprese (piacevoli), quest’inverno avremo problemi seri e ne soffriremo tutti quanti (sperando che sia il primo e l’ultimo anno!). Dovremo subire il freddo a casa e a scuola. Le città saranno più buie e così anche i negozi. E molte aziende chiuderanno. Dovranno arrendersi di fronte all’impossibilità di approvvigionarsi di combustibili per le lavorazioni. A questo punto, non c’è proprio più spazio per le bambinate coi cocktail da spiaggia. Ci vuole chiarezza e la deve fare la politica, perché quando son state fatte certe scelte, più o meno, erano tutti seduti in Parlamento, quelli che oggi concionano dalle tribune politiche. Almeno un atto di contrizione non guasterebbe.

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