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Politica

BASSO PROFILO

ROBERTO CECCHI - 28/10/2022

meloniDevo dire, francamente, che l’arrivo della presidente del Consiglio in pectore con una Fiat Cinquecento, anche all’appuntamento al Quirinale, mi è parsa una scelta azzeccata. Un piccolo capolavoro di comunicazione e di diplomazia perché, senza dire una parola e usando un’immagine fortemente simbolica, ha trasmesso con chiarezza le intenzioni di questa nuova maggioranza, che si appresta a governare il Paese. La scelta di arrivare con quella piccola macchina, chiara e di proprietà, è un gesto per comunicare un basso profilo. Un modo per dire che si baderà al sodo, piuttosto che alla forma. È una comunicazione di umiltà, in contrapposizione col fatto che si sta per assumere la più importante (se non la più alta) carica dello Stato. Usando quel tipo di autovettura, che è stata a lungo, indiscutibilmente, un topos dell’identità nazionale, si voleva sottolineare l’attenzione per le produzioni interne, al contrario dell’uso smodato che molti fanno di ostentare potenti auto straniere. È anche una dichiarazione di modestia e di discontinuità col passato. In una parola, con tutto questo, si è voluto comunicare serietà. Un po’ come fu col loden verde di Mario Monti, che fu usato (più dall’informazione che dall’interessato, per la verità) per dare il senso del cambiamento che sarebbe stato impresso al Paese.

Ovviamente, ci sono precedenti (pochi) sull’uso della propria auto come simbolo low profile, come nel caso dell’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino e della sua Panda rossa. Non finì bene. Ci fu una storia di multe per divieto di sosta, che non si è capito bene se siano state pagate o meno. Qui sembra una storia diversa, intanto perché la nuova presidente del Consiglio, fin da subito, dovrà girare su una macchina blindata, come prevedono le normative di sicurezza, per le cariche più importanti. E poi perché la storia di questa Cinquecento arriva a conclusione di un percorso accidentato, all’interno della propria coalizione di maggioranza, gestito con un certo piglio e una notevole incisività. Come ben si capisce da un altro atto simbolico, come costringere, qualche giorno fa, il presidente di FI ad andare in via della Scrofa a Roma, nella sede di FdI, per una riunione politica. Una cosa del genere non s’era mai vista, in trent’anni di storia politica del centro destra. Ci s’incontrava ad Arcore o nella villa di Roma sempre del Cavaliere (o in Sardegna), indipendentemente dal peso politico di ciascuno.

Quindi bisogna ritenere che sia stata usata la stessa determinazione per la scelta dei ministri del nuovo Gabinetto, per costruire una squadra di “di alto profilo”, com’è stato ribadito più volte. I nomi scelti per alcuni dicasteri (che modificano quelli esistenti e ne introducono di nuovi) fanno intendere le volontà di cambiamento che si vogliono portare avanti. Nasce il ministero dello “Sport e giovani” che prima non c’era; il “Ministero delle pari opportunità” diventa il “Ministero della Famiglia, Natalità e Pari opportunità”; quel che era il “Ministero per lo sviluppo economico” diventa il “Ministero imprese e made in Italy”; il “Ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali” diventa il “Ministero Agricoltura e sovranità alimentare”; il “Ministero dell’Istruzione” diventa il “Ministero per Istruzione e merito”.

Un insieme di nuove intitolazioni che dà l’idea di una svolta identitaria, per valorizzare le potenzialità del Paese, senza aggiungere connotazioni smaccatamente sovraniste. La scelta dei nomi dei ministri, probabilmente, è il meglio che si poteva trovare tra quel che c’è (e non c’è davvero gran che). Se la squadra avrà un profilo più o meno alto, per ora non è dato sapere, si vedrà sul campo. Quando si dovranno fare le scelte difficili, per non inciampare sul terreno accidentato, qual è quello su ci troviamo, sul piano nazionale e internazionale. Certe scelte alla guida dell’economia, comunque, non paiono andare verso l’avventurismo e la spesa facile. E per la verità, sembra di scorgere una certa continuità col governo precedente. D’altra parte, quel che è successo in Gran Bretagna, insegna. Lì, è bastato fare proposte sbagliate – neanche dei veri e propri provvedimenti! – per far saltare il banco del governo, nell’arco di poco più di un mese. Il mercato è stato spietato, non ha fatto sconti. E non li farà neanche a noi. Dunque, auguri di buon Governo e a tutti noi.

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