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Attualità

FARE PASQUA

EDOARDO ZIN - 07/04/2023

vegliaLa pioggia tanto attesa è giunta. Le gocce cadute sono riuscite a riempire il piccolo stagno che fino a ieri era secco. Accanto allo spruzzo d’acqua, fiorellini gialli aprono i loro occhi d’oro, mentre due pervinche tentano d’insinuarsi tra le felci. Fino a pochi giorni fa la terra martoriata dalla siccità crepitava e i primi germogli riuscivano a malapena a rompere la dura crosta del suolo. Le gemme cominciano a inturgidire, gli alberi da frutto sono un tripudio di colori, sul nocciolo verdeggiano le prime tenere foglioline. Anche gli alberi del bosco vicino mettono su germogli e fronde che tra poco lo infoltiranno. I ronchi verzicano. È una sorpresa nuova: tutta la terra si desta perché la vita vince sempre.

L’aria è mite. Stanotte il favonio ha spazzato le ultime nuvole e la leggera brezza muove i rami. Il cielo, alto e nitido, sovrasta la cerchia dei monti. Dalle finestre spalancate entra, col fumo, l’odore dei legni aromatici provenienti dal fuoco acceso da un contadino intento a bruciare la sterpaglia e i sarmenti avvizziti. Acqua, terra, aria, fuoco: tutto diviene, tutto si rinnova, tutto risorge a nuova vita. È il cosmo intero che è lo stesso per tutti, che è da sempre e per sempre sarà. È Pasqua, il passaggio dalla morte alla vita.

Sabato notte i cristiani si riuniranno nelle chiese per la madre di tutte le veglie a celebrare Cristo risorto, sorgente di vita per tutto il cosmo.

Sul sagrato si accenderà il fuoco che diventerà un rogo, un rogo di liberazione, mentre nella chiesa buia dominerà un silenzio attonito. Ogni fedele terrà in mano una candela spenta e, mentre le fiamme del rogo si alzeranno alte, il celebrante con uno stoppino preleverà dal nuovo fuoco una fiammella con la quale accenderà un grosso, alto cero che simboleggia Cristo, luce del mondo. Dal rogo si accenderanno le fiammelle che ognuno tiene in mano, attento che non si spenga perché deve animare la speranza appena rinata. Si accenderanno altre candele, successivamente s’illuminerà la chiesa, mentre il diacono, alzando il cero acceso, urlerà per tre volte: “La luce di Cristo!”. Incomincia l’era della luce, risorge Cristo e con lui l’uomo e il cosmo. Ora il popolo ascolta la storia della salvezza e prega: ha ritrovato la voce.

Nella vasca battesimale verrà versata l’acqua discesa dal Cielo come la Parola di Dio. L’acqua disseta, rinfresca durante la calura, lava, rinvigorisce il passo durante il cammino e permette di attraversare il deserto della storia di ogni giorno, è vita. Il sacerdote la benedice: con essa saranno battezzati i catecumeni che passeranno dalla morte alla vita.

Anche la terra è presente in chiesa: è rappresentata dal profumo dei fiori e dell’incenso che sale al Cielo come una preghiera. È visibile nella luna vecchia rimpiazzata da quella nuova che ricomincia il suo peregrinare in cielo. La stessa umanità, che celebra la Resurrezione, sa di essere impastata di terra: nasce, vive, muore e durante la sua vita è chiamata a far nuove tutte le cose.

Nell’onda della Resurrezione trionfante, in questa ondata raggiante di vita che vince la morte, vorrei rinnovare le realtà cosmiche e le attività umane, a far “fare Pasqua” alle cose, in modo che tutto si rinnovi. Perché la famiglia non può diventare un focolare di affetti, avere porte spalancate, spargere felicità? Perché la scuola non può cedere all’educazione dei nostri figli e nipoti la cura interiore e evitare l’ossessione per le competenze e l’imparaticcio? Perché il lavoro da alienante, insicuro e precario non diventa motivo di crescita umana, fonte di sostentamento, luogo di incontro? Perché la politica da luogo di scontro non diventa arte del confronto tra interessi e mondi diversi? Perché il tempo libero, l’arte, la musica, le nuove tecnologie non possono dare un senso nell’essere nel mondo dell’umanità?

Questo ci dice la Pasqua di Resurrezione del Signore: nelle cose e nei rapporti, Dio è presente. Spetta all’uomo, attraverso anche le cadute, le crisi, le negazioni, le contraddizioni realizzare la bellezza e la grandezza presenti in queste realtà “finché il lavoro delle nostre mani, dei nostri cuori, delle nostre menti, le nostre opere non saranno rese in qualche modo salvate.” (Teilhard de Chardin)

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